Unico titolo italiano in competizione al Festival di Cannes, Vincere di Marco Bellocchio ha saputo suscitare reazioni contrastanti come ogni grande film che si rispetti: accoglienza tiepida alla proiezione riservata ai giornalisti, ottime recensioni da parte della stampa estera e una standing ovation con dieci minuti di applausi al termine della proiezione ufficiale al Grand Theatre Lumiere. Interpretato in maniera convincente da Filippo Timi nel doppio ruolo di Mussolini padre e figlio e da Giovanna Mezzogiorno, Vincere racconta la storia dell'amore segreto tra un giovane Benito Mussolini, prima della sua ascesa al potere in Italia, e Ida Dalser, la donna che sarà poi rinnegata e fatta rinchiudere in manicomio, per tacere lo scandalo di un figlio, nato dalla loro turbolenta relazione, prima riconosciuto e poi abbandonato. Il regista e i due protagonisti hanno incontrato la stampa a Cannes per parlare di questo "melodramma futurista" che alcuni bookmaker inglesi danno in pole position per la conquista della Palma d'Oro.
Marco Bellocchio, Vincere è forse il secondo film in competizione qui a Cannes nel quale non scorre troppo sangue.
Marco Bellocchio: E' vero non c'è molto sangue nel mio film, ma è una scelta di stile. Anche nelle scene del manicomio abbiamo cercato di evitare gli aspetti più raccapriccianti o di naturalismo basso.Perché ha scelto di raccontare la storia di Ida Dalser e del suo amore per Benito Mussolini?
Marco Bellocchio: E' qualcosa di abbastanza originale. Nella tradizione dell'antifascismo italiano vengono sempre citati i grandi martiri antifascisti, da Gobetti ad Amendola, ma tutti eroi che appartenevano a partiti di opposizione. In fondo, Ida è una donna che si è innamorata pazzamente di quest'uomo, ha condiviso le sue idee e nel momento in cui lui l'ha messa da parte lei si è rifiutata, ha cominciato a fare una sua guerra personale. E' un'eroina tragica che non ha mai voluto rassegnarsi e grazie alle lettere e ai documenti che ha lasciato è stata riscoperta prima da alcuni libri e poi dai documentari e adesso dal mio Vincere. Mi sembrano motivi più che sufficienti per farne un film.
Ha inserito parti romanzate o sono tutti eventi reali quelli che racconta nel suo film?
Marco Bellocchio: La storia è vera. Tutte le scene partono da qualcosa che è vero, reale. Naturalmente non avevamo i documenti dettagliati, quindi abbiamo inventato, ma partendo sempre da dati di realtà, colti anche all'ultimo momento. C'è una breve scena in cui Ida mostra una pistola al figlio e gli dice 'C'è un solo colpo, è per il cuore di tuo padre'. Questa scena non era presente in sceneggiatura, ma c'è stata raccontata l'ultimo giorno da una signora molto anziana di Trento e abbiamo inserito subito questo aneddoto nel film. Sostanzialmente questa storia è una tragedia vera, ma ogni scena ha elementi inventati.Nel film affronta vari elementi che si possono ritrovare in altre sue opere, come per esempio la religione.
Marco Bellocchio: Un autore torna spesso su certi temi e in questo caso la storia e il passato mi permettevano di rivisitare questi elementi in modo originale. Il manicomio che ho raccontato nel film non è la fossa dei serpenti, è qualcosa di tragico, ma è più una prigione. Abbiamo scelto di non accettare tutti quegli aspetti che fossero di una brutalità gratuita. Vincere è un melodramma futurista, ma è piuttosto sobrio. Il discorso sulla religione prevede vari aspetti, come l'atrocità e la criminalità delle suore che propongono a Ida di rassegnarsi e di considerarsi fortunata perché ha avuto il grande privilegio di essere l'amante di Mussolini, il quale a quell'epoca godeva di un successo straordinario con le donne. Inoltre, da un punto di vista politico, bisogna sottolineare il cinismo di quest'uomo che si sposerà in Chiesa con Rachele che aveva già sposato civilmente per presentarsi in Vaticano con una patente perfettamente in ordine proprio per arrivare ai Patti Lateranensi. In questo senso, siamo di fronte a un'ideologia cattolica terribile e criminale e a un calcolo cinico, freddo di Mussolini che prima grida 'Con le budella dell'ultimo Papa strangoleremo l'ultimo Re' e poi fa tranquillamente la pace col Papa e addirittura viene definito da questi l'Uomo della Provvidenza.
Perché ha costruito il suo film come un melodramma futurista?
Marco Bellocchio: Il melodramma futurista è venuto come un gioco. Il melodramma non è solo la romanza, ma una struttura più complessa su cui mi sono formato io stesso. E' stato per decenni trascurato e disprezzato, ma in esso c'è qualcosa che mi riguarda e che è emerso in questo caso, nonostante fossimo di fronte a una storia vera. Il futurismo, il senso della velocità, si esprime nel montaggio stesso del film, grazie al quale è diventato un'opera d'attacco, estremamente veloce. Il futurismo era un movimento rivoluzionario che ha avuto due sfortune: è venuto due anni dopo il cubismo, e quindi non è stato molto considerato in Francia, e ha fatto l'errore di allearsi col fascismo e solo adesso viene recuperato, soprattutto sul versante delle arti figurative. Il futurismo viene da Mussolini prima assunto, ma una volta al potere rigettato.Perché ha scelto Filippo Timi per interpretare Mussolini? E perché ha deciso che dopo l'ascesa al potere del dittatore dovessero essere solo le immagini di repertorio a raccontarlo?
Marco Bellocchio: Filippo è un grande attore, ed è stato facile scegliere lui perché durante il provino ha dimostrato non solo una somiglianza eccezionale con il giovane Mussolini, ma anche una dimensione di naturale autorevolezza e violenza che volevo fossero i tratti distintivi del personaggio. La sua violenza non gronda di sangue, lui si serve spietatamente delle donne, di Rachele, di Ida, della Sarfatti, perché ha uno scopo: diventare il Duce. Mussolini è stato molto vicino al futurismo, è stato interventista e poi è diventato fascista, cambiando completamente i suoi principi. Una volta al potere, da vero calcolatore, ha capito che doveva tornare alla tradizione. La sfida drammaturgica è stata quella di passare dal Mussolini 'finto' a quello 'vero', cioè del documentario, proprio perché avevamo questa possibilità di attingere a un archivio sterminato. E poi abbiamo scelto che lo stesso attore interpretasse il figlio di Mussolini in una disperazione, in una caratterizzazione caricaturale del padre verso il quale provava un odio atroce, ma in fondo anche amore.E perché Giovanna Mezzogiorno?
Marco Bellocchio: Per quanto riguarda il ruolo di Ida, è stata più complessa la scelta. Ho scelto Giovanna con una certa difficoltà, ma sono stato ripagato totalmente da lei e la ringrazio per questo. Giovanna è una donna solare, piena di vitalità, ma è come se avesse già conosciuto nella sua vita quell'ossessione che caratterizza Ida. Ha saputo restituire in modo straodinario la fissazione di questa donna, il suo non saper calcolare le proprie forze in rapporto a un'Italia che le era tutta contro, la sua sfida assurda e suicida.
Quali sono state le difficoltà maggiori che hanno incontrato gli attori nelle loro interpretazioni?
Filippo Timi: Una delle cose più difficili è stata uscire dal ruolo, una cosa che spesso accade agli attori, soprattutto quando interpreti un personaggio simile, che personalmente non amo troppo visto la sofferenza anche solo umana che ha distrutto Ida e suo figlio. Io essenzialmente sono buono e quindi ho un debito d'amore sconfinato verso Marco che mi ha dato la possibilità di interpretare un ruolo del genere, così diverso da come sono fatto io. Il mio ruolo era rendere umano un personaggio storico, anche perché non potevo concentrarmi sugli aspetti storici perché ero chiamato a interpretare Mussolini da giovane. La vera sfida per me era entrare nei panni di un uomo con un obiettivo ben chiaro che era quello di ottenere il potere totale. Mussolini era un uomo pieno di contraddizioni, ma se un essere umano normale si contraddice perde la sua credibilità, mentre se lo fa un dittatore no, l'acquista. E' stato piuttosto schizofrenico girare scene d'amore con Giovanna e subito dopo cambiare completamente atteggiamento, e non è stato facile gestire questa schizofrenia che mi portavo anche fuori dal set. Giovanna Mezzogiorno: Non dovevo trasformare questa donna in una pazza, in un'isterica, in un'invasata che si batte per il proprio amore, ma dovevo fare proprio l'opposto, dovevo enfatizzare gli aspetti particolari di Ida. Prima di tutto, le contraddizioni: è un personaggio che può essere considerato moderno, quasi femminista, ma è anche una donna che ha sacrificato la sua vita per un uomo. E' una madre che ama suo figlio, ma finisce con l'essere allontanata da lui per questo suo desiderio di vedersi riconosciuta dall'uomo che ama. E' molto determinata, molto lucida, con uno scopo chiaro in testa, ma non è una calcolatrice, perché altrimenti non si sarebbe consegnata con le sue stesse mani a un destino così tragico. Questi aspetti contraddittori hanno fatto sì che non costruissi il personaggio come una pazza isterica, ma come una donna con un'ossessione che sviluppa la psicosi dell'abbandono. Grazie anche a Marco, sono riuscita a dare una sobrietà a questa interpretazione. Ero convinta poi che dovesse essere un'interpretazione fortemente fisica, perché per me lei è un animale, non è una donna di pensiero, ma di azione, una sorta di segugio. Non ho avuto un solo giorno facile durante le riprese.