Premiato all'ultimo Festival di Berlino con gli Orsi d'argento per la miglior regia e la migliore attrice protagonista, arriva in italia La rosa bianca - Sophie Scholl, il film di Marc Rothemund su Sophie Scholl, una delle poche eroine della resistenza tedesca durante la seconda guerra mondiale, una gelida ricostruzione degli ultimi sei giorni della sua vita: l'arresto insieme al fratello perché sorpresi a distribuire volantini all'università, gli interrogatori, la condanna a morte. Dopo La caduta di Oliver Hirschbiegel, il film sulle ultime ore di vita di Hitler che ha suscitato tante polemiche, la Germania torna a confrontarsi con il suo drammatico passato. Il regista Rothemund ci racconta com'è nato La rosa bianca, candidato della Germania all'Oscar 2006 come miglior film straniero.
La rosa bianca, insieme a Rosenstrasse di Margarethe Von Trotta e La caduta di Hirschbiegel, è uno dei primi film sul nazismo. Perché ci sono voluti 60 anni prima di fare film del genere? Marc Rothemund: Effettivamente l'interesse dei tedeschi nei confronti dei film che raccontavano il periodo nazista non è stato molto forte dopo la fine della seconda guerra mondiale, perché tutti erano impegnati nella ricostruzione, ma non dobbiamo dimenticare alcuni importanti film tedeschi come Il tamburo di latta del 1979 e Die weisse Rose di Michael Verhoeven, un film del 1981 che descriveva l'evoluzione del gruppo della Rosa bianca, interropendosi con l'arresto dei suoi componenti, proprio il punto da dove invece parte il mio film. All'epoca il governo tedesco tentò di impedire l'uscita del film di Verhoeven perché non voleva rivangare delle ferite che si erano appena rimarginate, ma il regista ebbe molto coraggio proseguendo per la sua strada. Quando uscì il film le sentenze del tribunale che aveva condannato i membri della Rosa bianca avevano ancora valore legale e solo dopo qualche anno il governo ha considerato tali sentenze un crimine. Dopo la riunificazione il governo tedesco ha avuto il suo da fare per ricostruire il paese e solo oggi abbiamo una nuova generazione di registi interessati a quel periodo e ai racconti dei loro nonni, persone con una coscienza così sporca che non ha permesso loro di parlare per anni di quel tragico periodo ai propri figli o nipoti. La nuova generazione pone invece delle domande dirette ai testimoni dell'epoca. Nel 2004 abbiamo ricevuto un grande supporto per la realizzazione di questo film. La nostra generazione di registi non sente nessuna colpa e, al contrario dei nostri colleghi più anziani, scegliamo di fare film emozionali che muovano le coscienze. Spero che le generazioni a venire continuino a raccontare queste storie perché credo che le lezioni del passato possano essere utili per costruire un futuro migliore.
Il suo però sembra proprio un cinema politico, non solo emozionale. Marc Rothemund: Questo era in effetti il nostro intento. Negli anni 70 e 80 era più facile portare alla riflessione attraverso gli slogan politici e le persone erano più legate al ricordo del periodo della guerra. Oggi, invece, possiamo usare altri canali per arrivare alla coscienza delle persone e quindi c'è bisogno di un approccio più emozionale.
Cosa l'ha spinta a voler portare questa storia sul grande schermo? Marc Rothemund: Quello che si collega sempre alla figura di Sophie Scholl è studentessa-volantini-pena di morte. Due anni e mezzo fa, in occasione dei 60 anni dalla morte di Sophie Scholl, i giornali hanno pubblicato tanti articoli e così sono venuto a conoscenza dell'esistenza dei verbali dei suoi interrogatori che non erano mai stati resi pubblici. Gli ultimi giorni della sua vita sono stati documentati parola per parola e se leggiamo questi verbali degli interrogatori, ci accorgiamo che Sophie Scholl ha mentito, come avrebbe fatto chiunque altro, per difendere la propria vita. In Germania Sophie è considerata una martire, ma nessuno sapeva che aveva combattuto, attraverso la menzogna, per salvare la propria vita e quella degli altri componenti del gruppo. Non ho fatto questo film per il popolo tedesco, ma per scoprire la persona che c'era dietro Sophie Scholl. Il mio film, infatti, non si limita a riflettere su un personaggio, ma indaga sulle sue emozioni più profonde.
La "Rosa bianca" è uno dei principali movimenti di resistenza al governo nazista. Perché nel mondo si sa così poco di questo importante gruppo? Marc Rothemund: Per otto mesi ho viaggiato nel mondo per accompagnare il mio film e ho saputo dagli studenti che nei loro curricula scolastici era previsto lo studio del nazismo in Germania. Il problema è che c'è così tanto da dire su Hitler e sulla guerra che sembra non resti spazio per parlare anche della resistenza. Inoltre, penso che gli altri paesi abbiano sofferto così tanto a causa della Germania che forse non c'era spazio nel loro cuore per certe cose, ma ora, 60 anni dopo, è forse arrivato il momento di capire che c'erano tedeschi impegnati nella resistenza e che quella della Rosa bianca era la forma più importante perché partita dai giovani. Ci sono stati anche dei movimenti di resistenza religiosa e militare, che però avevano tratti antisemiti.
Perché solo nel 1985 il governo ha riabilitato il gruppo della "Rosa bianca"? Marc Rothemund: Negli anni 80 erano tutti molto contenti che il mondo avesse ripreso a parlare del nostro paese non come la Germania nazista, ma come Germania tout court, e c'era il timore che si potessero rivangare gli eventi del passato, il che significa riportare alla mente 50 milioni di morti, dei quali 6 milioni ebrei e un milione e mezzo bambini. Il gruppo della "Rosa bianca" è il più importante gruppo della resistenza tedesca e in Germania abbiamo centinaia di scuole che portano il nome di Sophie Scholl e tante altre che portano il nome di altri componenti del gruppo.
Com'è stato accolto dal pubblico il suo film?
Per me è stata una gioia immensa sapere che La rosa bianca è stato il film drammatico più visto della scorsa stagione in Germania: ha avuto un milione di spettatori e molti di questi erano giovani. Il film non invita solo al confronto col passato, ma fa anche domande rivolte all'oggi, alla possibilità di avere un coraggio civile oggi. Abbiamo viaggiato molto nei mesi passati e il film ha ricevuto dovunque un'ottima accoglienza, con notevole eco anche in paesi dove le dittature sono sopravvissute fino agli anni 80 e 90.