Manodrome, la recensione: Jesse Eisenberg alla deriva di una mascolinità fuori controllo

La recensione di Manodrome, il film con Jesse Eisenberg e Adrien Brody diretto da John Trengove, in concorso all'edizione 2023 della Berlinale.

Manodrome, la recensione: Jesse Eisenberg alla deriva di una mascolinità fuori controllo

C'era curiosità per il ritorno a Berlino di John Trengove dopo esserci stato nel 2017 con The Wound, poi candidato per il Sudafrica agli Oscar come miglior film straniero, soprattutto considerando la promozione dalla sezione Panorama di quell'occasione a quella principale di Competition. Una curiosità almeno in parte premiata, come vedremo in questa recensione di Manodrome, perché il nuovo lavoro del regista sudafricano presenta diversi spunti interessanti, pur non del tutto a fuoco nella sua costruzione.

La crisi di Ralphie

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Manodrome: Jesse Eisenberg in una scena

Partiamo dall'inizio, dalla trama di Manodrome, che prende le mosse dal personaggio di Ralphie, un giovane autista di Uber insoddisfatto della propria situazione: il lavoro è incerto, poco remunerativo, e l'imminente arrivo di un figlio rende ancora più precaria e instabile la sua situazione. Né è solida la propria percezione di sé, il rapporto col proprio corpo che si rispecchia in una dedizione all'attività fisica in palestra il cui sfogo sembra non essere più sufficiente. Un'instabilità che lo porta a smarrire il contatto con la realtà quando viene coinvolto in una sorta di setta che ruoto attorno a un'idea libertaria di mascolinità.

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Adrien Brody, sempre un valore aggiunto

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Manodrome: una scena del film

È buona la prova di Jesse Eisenberg nel portare su schermo l'instabilità e fragilità del suo Ralphie, un ruolo complesso che ci mostra l'attore in una chiave diversa dal solito. La sua interpretazione si va a inserire in un contesto di casting azzeccato, che ha la sua vetta in un Adrien Brody a fuoco come sempre, capace di infondere un valore aggiunto alle opere in cui si trova coinvolto con la sua prova. Qui è un padre Dan, così lo chiamano i membri della setta che guida, accogliente e misurato quanto inquietante per le idee che esprime.

Troppa carne al fuoco?

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Manodrome: Jesse Eisenberg in una scena del film

Le perplessità su Manodrome non risiedono quindi nel cast e nelle prove attoriali, quanto nel modo in cui John Trengove aggiunge suggestioni e tematiche a corredo di quella principale, per proporre uno spaccato più completo e profondo della società contemporanea e le sue derive sociali (a cominciare dalla maternità della compagna di Ralphie e le sue conseguenze). Non c'è però modo e spazio per approfondire tutto quello che viene abbozzato e la sensazione finale è meno equilibrata di quanto sarebbe stato auspicabile, con una sensazione di superficialità che è in contrasto con l'intento dell'autore.

Conclusioni

Come detto nella recensione di Manodrome, il nuovo film di John Trengove presentato a Berlino conferma la capacità del regista di colpire, ma non riesce ad approfondire con uguale profondità tutti i temi che introduce. Bravo Jesse Eisenberg a far emergere la crisi interiore del suo Ralphie, ma spiccano come sempre la bravura e il carisma di Adrien Brody nel tratteggiare il suo Dan.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Adrien Brody, sempre una sicurezza in termini di carisma e talento.
  • Jesse Eisenberg riesce a trasmettere la fragilità e crisi del suo personaggio.
  • Lo sguardo di Trengove sul mondo contemporaneo.

Cosa non va

  • Non tutte le tematiche introdotte, alcune delle quali rilevanti, vengono solo accennate e non approfondite come avrebbero meritato.