Quello che Casey Affleck ricopre in Manchester by the Sea è un ruolo che sarebbe spettato a Matt Damon, produttore di questa opera terza di Kenneth Lonergan. Per qualche sorprendente ragione, venire a conoscenza di questo dettaglio subito dopo aver visto il film ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo, perché questo poteva essere un film sostanzialmente diverso, e sarebbe stato un peccato. Non fraintendeteci, Matt Damon è un attore eccellente, con una invidiabile padronanza dei registri leggeri come di quelli drammatici, cosa indispensabile per un ruolo di questa portata; Matt Damon è eccellente, ma Casey Affleck è unico.
In molti sensi, Manchester by the Sea è un film che si inserisce in una tradizione vasta e ben stabilita. Non è esattamente un film convenzionale, ma frequenta temi già visitati in lungo e in largo e lo fa con un'impostazione narrativa che per il cinefilo incallito è un (piacevole) ritorno a casa. L'elemento di rottura, quello che rende Manchester by the Sea un film indimenticabile, lo dobbiamo a Casey Affleck. Al suo sguardo ferito e inebetito, a quella postura bizzarra, a quel suo corpo nervoso, a quel suo grande cuore. Insomma siamo estremamente felici che il buon Matt, costretto a rinunciare alla parte, abbia deciso di affidarla al fratellino del suo migliore amico. E abbiamo il sospetto che, avviatasi l'imminente stagione degli awards, ne sarà estremamente felice anche Casey.
Il tuttofare di Quincy
Lee Chandler lavora come custode tuttofare in quattro condomini di Quincy, Massachusetts. E lavora sodo, dalla mattina alla sera a spalare neve, sturare scarichi, controllare tubature, tinteggiare pareti e gettare i rifiuti senza curarsi granché della raccolta differenziata. I suoi contatti umani non sono quelli rari, timidi, stentati e dolorosi di un uomo molto solo che ha perso l'abitudine a farsi benvolere; sono quelli di un attaccabrighe autolesionista e possibilmente suicida.
Ma quando la famiglia lo chiama al capezzale del fratello, colpito da una grave cardiopatia degenerativa, Lee risponde alla chiamata al dovere, per trovarsi presto costretto a fare da tutore al nipote sedicenne rimasto solo e quindi a stabilirsi di nuovo nella nativa Manchester, dove la gente lo guarda con tanto d'occhi e dove ha bruciato molti ponti in seguito a fatti avvenuti anni prima. Perché, come si intuisce dal suo comportamento e dalle sintomatologie post-traumatiche di cui fa mostra, un tempo Lee era un'altra persona, e il film a questo punto ha già iniziato a muoversi tra presente e passato, raccontando l'uomo che è stato e l'uomo che è, i suoi vizi e le sue gioie, fino ad arrivare, con perfetta progressione, a una temuta, devastante e inevitabile rivelazione.
Il mare d'inverno
Il drammaturgo Kenneth Lonergan è soltanto alla terza regia cinematografica in sedici anni, ma nulla di quello che ha fatto fino ad ora, da Conta su di me, candidato nel 2001 a un Academy Award per la sceneggiatura, fino allo sconvolgente Margaret del 2011, passando per le intelligenti sceneggiature di Terapia e pallottole e Gangs of New York, è passato senza lasciare il segno; la matrice teatrale del suo lavoro è evidente anche in Manchester by the Sea, un film che qualcuno potrebbe definire lento e dilatato ma che funziona così bene proprio per il tempo e il respiro che concede ai personaggi, alle dinamiche tra di loro, e al dispiegarsi di un intreccio gestito con grazia in cui ogni sviluppo è convincente, naturale, perfettamente radicato nella narrazione e nella caratterizzazione.
A dispetto della centralità scenica degli interpreti - abbiamo detto dell'incredibile Affleck, ma anche il giovanissimo Lucas Hedges, già protegé di Wes Anderson, centra una performance strabiliante, e Michelle Williams è in grado di demolirci in una singola scena - anche l'estetica è cruciale, montaggio e fotografia sono impeccabili, e in generale l'aspetto visivo è tutt'altro che trascurato; Manchester by the Sea cattura in un quadro mutevole, affascinante e malinconico le bellezze del New England, tra gli inverni carichi della neve e del dolore di oggi e le primavere fresche e felici di ieri, con la cittadina, i suoi porticcioli e i suoi pescatori che diventa un luogo dell'anima consegnato all'eternità cinematografica. E sì, qualcuno dirà che quelle immagini sono ripetitive e insistite, che il film è lungo e statico, ma voi guardatelo, che spettacolo che è il mare d'inverno. Puoi osservarlo per ore senza stancarti, anche quando sembra freddo e inerte, o quando è agitato e spaventoso. Come Lee Chandler e il ricchissimo, prezioso film che ce lo racconta.
Movieplayer.it
4.5/5