Vorrebbe affrancarsi da quel cinema convenzionale che pretende di raccontare l'amore come un percorso dritto, solcato da coppie fasulle, ma L'amore non basta tira troppo la corda e finisce impantanato in quella stessa impalpabilità che racconta. Alla regia Stefano Chiantini che del film è co-sceneggiatore insieme a Rocco Papaleo, qui nella doppia veste di attore e autore chiamato a mettere la sua vena ironica in un racconto dalle atmosfere fortemente malinconiche. Protagonisti Giovanna Mezzogiorno e Alessandro Tiberi nel ruolo di due giovani che vivono sfiorandosi, ma non sanno come amarsi perché per lei "l'amore non basta", la felicità pretende altro. Girato in Abruzzo, in città come L'Aquila, Avezzano e Pescara, in realtà ben poco riconoscibili vista la scelta del regista di stringere il più possibile il campo sui corpi e sui volti degli attori, il film uscirà il 18 aprile in circa ottanta copie. Alla conferenza stampa di presentazione, c'è spazio anche per una piccola polemica ad opera di Alessandro Haber, tra gli attori del film, che accusa il regista di aver tagliato una scena di cui era protagonista, che avrebbe dato maggior senso al suo personaggio. Inoltre, l'attore bolognese si lamenta a gran voce per il suo mancato coinvolgimento nel cinema che continua a non considerarlo e gli affida soltanto ruoli minori quando lo contatta.
Stefano Chiantini, com'è nata l'idea del film e come ha coinvolto gli attori nel progetto?
Stefano Chiantini: Il film è nato da sensazioni che ho vissuto e che ho messo in un cassetto per poi tirar fuori al momento giusto. Quando ho conosciuto Rocco Papaleo abbiamo deciso di portare avanti il progetto insieme, è diventato co-sceneggiatore ed è stato molto importante per le sfumature comiche della storia. Alessandro Tiberi è un attore che stimo, è il terzo film che giro con lui e lavoriamo molto bene insieme. Rocco ha proposto la sceneggiatura a Giovanna Mezzogiorno, ma non credevo che lei potesse accettare il ruolo perché per me era una sorta di monumento. Invece, ha letto la sceneggiatura e mi ha chiamato per dirmi che voleva farlo, e questo ha fatto sì che il progetto potesse prendere corpo, anche perché dopo aver ricevuto dai produttori una serie di porte in faccia, ho trovato qualcuno interessato al film grazie al suo coinvolgimento.
Come mai nel suo cinema continua a parlare di amori sospesi, di giovani che non riescono a comunicare tra loro?
Stefano Chiantini: Purtroppo, prendo spunto dalla mia vita. Ognuno fa il cinema che vuole, ma non mi piace lo sviluppo drammaturgico causa-effetto, preferisco raccontare una storia aperta, sospesa. Non riesco a prendere strade troppo esplicite nel racconto. La vedo molto come Calvino: "mi sembra che al mondo esistano solo storie che restano in sospeso e si perdono per strada". L'ottimismo sta nell'accettare questa condizione, perché quando una persona nasce ultimo è difficile che ci sia un riscatto: chi nasce ultimo muore ultimo.
Giovanna Mezzogiorno, cosa l'ha convinta ad accettare questo ruolo?
Giovanna Mezzogiorno: E' stato Rocco il tramite tra me e Stefano. Un giorno è venuto a casa mia e mi ha raccontato questa storia che stava scrivendo con un giovane regista, ha parlato per circa venti minuti e non ho capito nulla di quello che ha detto. Poi ho letto la sceneggiatura, mi è piaciuta molto e ho voluto chiamare personalmente Stefano per dirgli che ero interessata al progetto. Mi piace che Stefano non prenda mai una strada precisa, tocca molte cose con estremo rispetto per gli eventi, per il lato comico della vita e per quello drammatico. Non vuole imporre un punto di vista, questo fa sì che le storie vivano di vita propria. Per me sono importanti le storie, ma soprattutto le persone che vogliono raccontarle. Con Stefano si è creato un grande feeling, è uno che ha sensibilità e grazia nell'affrontare le cose. Per me è stato un film importante, il primo che ho girato in Italia dopo L'amore ai tempi del colera e un periodo di inattività. Certo, è un piccolo film con un piccolo budget, ma per me è fondamentale fare cose molto diverse tra loro, e poi è un ritorno a cose che mi sono care e con le quali voglio sempre tornare a confrontarmi. Volevamo raccontare la normalità senza cadere negli stereotipi, nei cliché, anche recitativi, e secondo me è qualcosa di molto difficile.
Nel film il suo personaggio e quello di sua madre sono espressioni di due differenti scuole di pensiero. Per sua madre "l'importante è che vi amate", per lei "_l'amore non basta". A quale delle due sente di appartenere in realtà?_
Giovanna Mezzogiorno: Sono d'accordo con quello che dice il mio personaggio, credo che bisogna difendere l'amore strenuamente, perché se si è stati insieme è perché c'erano motivi di grande valore e perciò ogni relazione va protetta. Però arriva a volte un momento in cui bisogna andare via anche amandosi. Si può essere innamorati, ma poi la felicità si trova se c'è un equilibrio, una realizzazione professionale, se si appagano i propri bisogni.
Lei ha interpretato ultimamente parti molto diverse tra loro. Come sceglie i suoi ruoli?
Giovanna Mezzogiorno: Non scelgo i miei lavori in base all'importanza del film, scelgo i progetti che più mi piacciono. Penso che L'amore non basta sia un film diverso, non romanticamente convenzionale, un film con un altro punto di vista, che si prende la responsabilità di essere differente e rischia perciò di risultare meno fruibile, meno compreso, meno facile. Noi abbiamo seguito la visione di Stefano sul mondo e probabilmente la condividiamo.
Alessandro Tiberi, anche per lei l'amore non basta?
Alessandro Tiberi: L'amore non basta, ma è tutto, parte tutto da lì, è inseguire la felicità personale. In questo film i personaggi sono alla ricerca di qualcosa, di una soddisfazione personale, cercano di riempire i vuoti che la società crea. L'unico punto di incontro che i due personaggi hanno in questo eterno sfiorarsi è il loro amore.
Rocco Papaleo, com'è stata questa doppia esperienza di attore e co-sceneggiatore?
Rocco Papaleo: Stefano è un artista, un poeta nell'osservare la realtà e lo fa in modo sottile, quasi impalpabile. Mi sembrava una bella opportunità affiancarmi a un giovane regista e poi mi è piaciuto il suo approccio con me, perché mi ha trattato come un attore importante e la mia vanità ne ha giovato. Mi sembrava un bel tema raccontare la difficoltà che si vive oggi quando si è innamorati, mi piaceva questa provocazione verso il cinema prevedibile di oggi. Poi ho intravisto grande apertura da parte sua: aveva idee chiare, ma era disponibile a modificare aspetti tecnici della sceneggiatura. Era inoltre una grande occasione per gli attori che fanno della complessità la loro arma espressiva. Tiberi è un attore giovane, ma sa raccontare su più piani la sua espressione. Ho sfruttato la mia amicizia con Giovanna e ho pensato di coinvolgerla nel progetto. E' stato un piacere lavorare anche con Alessandro Haber. Abbiamo avuto la possibilità di recitare personaggi complessi, ma che raccontano la propria storia solo fino a un certo punto, con la possibilità perciò per gli spettatori di continuare a declinarla. E? un film diverso dal solito, si è preso la responsabilità di cercare una linea originale.
Alessandro Haber, come mai ha accettato questo ruolo?
Alessandro Haber: Non mi offrono molti ruoli, uno si trova ad accettare quello che gli propongono. Ultimamente non vengo preso molto in considerazione. A parte questo, il ruolo mi piaceva, anche perché il mio personaggio è quello che rivela il titolo del film, che va a cercare l'amore da qualche altra parte. Comunque, tengo a dire che sono molto dispiaciuto per il fatto che siano state eliminate in fase di montaggio un paio di scene relative al mio personaggio e in particolare una secondo me molto importante in cui Fernando torna a casa e prova a far l'amore con la sua donna, ma dopo il tentativo fallito si ritrova su un divano a guardare un porno. Per i prossimi film pretenderò una clausola in cui si dice espressamente che verrà montato tutto ciò che è sul copione e che viene girato.