Maldoror, la recensione: un thriller prolisso che purtroppo non convince

Fabrice du Welz torna alla Mostra del cinema di Venezia con Maldoror, un corposo thriller ispirato a fatti di cronaca che sconvolsero il Belgio negli anni '90.

Anthony Bajon in una scena del film

Fuori concorso all'ottantunesima Mostra del cinema di Venezia è stato presentato un film tanto corposo quanto ambizioso: stiamo parlando di Maldoror, lungometraggio di Fabrice du Welz - noto alla manifestazione per aver portato nel 2008 l'horror psicologico Vynian - che stavolta propone la rivisitazione di un terribile caso di cronaca che sconvolse il Belgio negli anni novanta.

Vengono portate su schermo, infatti, le tremende vicende legate a Marc Dutroux, noto alla storia come il mostro di Marcinelle. L'uomo è stato responsabile del rapimento, delle violenze e della morte di sei ragazze tra gli otto e i diciannove, anche se il caso si rivelò ben presto più complesso di quello che sembrava, scoprendo una rete di pedofili che coinvolgeva anche persone molto influenti del paese. Ovviamente i fatti sono stati ricostruiti e romanzati in modo da permettere al regista di raccontare non solo il caso ma la fittizia storia di chi vi ha lavorato.

Cronaca e finzione nella trama

Maldoror Foto
il personaggio di Paul Chartier

Lo spettatore segue le indagini sul caso attraverso la vita di Paul Chartier (Anthony Bajon), una giovane recluta della Gendarmerie dal passato problematico. Quando due bambine scompaiono nel nulla sarà lui uno degli agenti a lavorare all'operazione Maldoror, atta a ritrovarle. Paul ha una mente estremamente deduttiva ma è impulsivo e non riflette abbastanza prima di agire, caratteristiche che ne causeranno l'espulsione dal corpo di polizia dopo l'ennesimo rifiuto di eseguire gli ordini. Sposato da poco e con la la famiglia che sta per crescere, l'uomo rimane senza lavoro e incapace di abbandonare un'indagine che rischia di portargli via ogni cosa, inclusi quegli affetti che gli avrebbero donato quella stabilità che ha sempre desiderato.

Alla ricerca dell'equilibrio

Per raccontare tutto questo Maldoror si prende decisamente i suoi tempi e spazi tentando di approfondire sia il caso che la vita e l'ossessione che il protagonista sviluppa nel corso del tempo. Indagini e vita privata si alternano fino a che una delle due parti non prende il sopravvento sull'altra in quella che non è solo una corsa contro il tempo ma soprattutto una gara con il sistema giudiziario, perso e spaccato da dissidenze interne alle forze di polizia. È qui, però che il film cade la prima volta: il racconto che all'inizio ricerca faticosamente l'equilibrio lo perde definitivamente dalla metà della pellicola in poi.

Maldoror Immagine
Anthony Bajon, il protagonista

La trama, infatti, non riesce a liberarsi del superfluo perdendosi in più di un'occasione e girando in tondo più volte prima di arrivare ad una svolta. Nel cercare di comunicare un male che si mischia e infetta la normalità, il film non riesce pienamente nel suo intento anche a causa della scrittura del personaggio principale, raccontato quasi come un simbolo di tenacia quando altro non offre che una serie di exploit fini a se stessi, trasformandosi, incomprensibilmente, in una specie di eroe action.

Maldoror e l'estetica vintage

Purtroppo neanche dal punto di vista stilistico Maldoror ci ha pienamente convinto. Nel richiamare inevitabilmente Fincher sembra guardare troppo al passato attraverso lo stile. L'estetica delle immagini urla prepotentemente anni '90 anche se, anche questo aspetto, risulta comunque incostante. Un thriller vecchio stile, quindi, che necessita di essere seguito con attenzione ma che non aiuta in questo lo spettatore in nessun modo. Da Fabrice du Welz ci aspettavamo di sicuro qualcosa di più, peccato.

Conclusioni

Maldoror è un thriller vecchio stile che però, nel suo prendersi spazio, risulta piuttosto prolisso, non riuscendo pienamente a coinvolgere lo spettatore. Il poco equilibrio nella narrazione è comunque il peggior difetto del film che, pur ispirandosi a fatti di cronaca reali, non riesce nel suo intento di mostrare un terribile male che infetta il quotidiano di una società allo sbando.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
4.7/5

Perché ci piace

  • L’idea di raccontare un terribile fatto di cronaca costruendogli intorno anche altro.

Cosa non va

  • La scrittura poco equilibrata.
  • I personaggi a volte troppo sopra le righe.
  • Lo stile visivo, ricercato ma incostante e poco efficace.