Una storia struggente e dagli echi shakespeariani, persa nel fangoso sottobosco della malavita tra Campania e Puglia. Un film strano, ibrido, non ascrivibile a un genere preciso, alieno nelle ambientazioni poco identificabili e nei personaggi archetipici. Il terzo film di Fabio Massa (come leggerete nella recensione di Mai per sempre in sala dal 24 settembre), è tutto questo. Ancora una volta come era già successo nel suo precedente Aeffetto Domino, a dominare il campo del racconto sono le relazioni umane, i chiaroscuri, le luci e le ombre dell'ambiente familiare e amicale. Il regista, che anche qui interpreta il protagonista, prova a condensare in appena novanta minuti diverse tematiche più o meno universali, quasi da classica tragedia greca e forse è questo il tentativo meno riuscito del film insieme ai dialoghi spesso urlati e soffocati in alcuni casi da un ingenuo didascalismo. Chapeau al cast interamente partenopeo e ad un'opera che, al netto dei difetti, ha il coraggio di uscire dalla comfort zone di alcuni luoghi comuni.
Una storia dagli echi shakespeariani
Mai per sempre si apre sulle ultime immagini del film, che sin da subito denunciano il tono della storia: parte dalla fine per ripercorrere a ritroso le vicende dei vari protagonisti e rispolverarne le zone d'ombra. Del resto non è un caso se, come conferma lo stesso regista, "è iniziato tutto dall'ultima scena", anche il processo di scrittura. Una struttura circolare che prende il via sulle note di Verdi prima di svelare in chiusura il mistero che avvolge da sempre la vita di Luca (Fabio Massa), ragazzo napoletano di famiglia borghese; il desiderio di costruirsi una famiglia, avere un lavoro onesto e una vita normale lontano da Napoli, lo portano in Puglia ad aprire un'officina con il suo miglior amico Antonio (Emiliano De Martino). Qui si innamora di Maria (Yuliya Mayarchuk), ragazza ucraina dalla dolcezza disarmante; è arrivata in Italia con una valigia carica di speranza, fa la badante a nero di una vecchia signora del luogo rischiando così di non riuscire ad ottenere un permesso di soggiorno.
Insieme a Luca sognano un bambino, una casa, una famiglia, ma quando tutto sembra andare per il verso giusto, Maria dovrà fare i conti con il suo ex Livio (Massimiliano Rossi), camionista squattrinato e violento, un passato da tossicodipendente e un presente vissuto tra l'incapacità di controllore la propria ossessione per lei e la mancata rassegnazione per averla persa. Il dramma irromperà lento anche nella vita di Silvana (Cristina Donadio), la madre di Luca, una donna colta, forte e tormentata dai rimorsi, che riemergono accanto all'ambigua figura del compagno Saverio (Gianni Parisi), un carismatico avvocato che in passato le è stato molto vicino.
Fabio Massa costruisce, seppur con qualche ingenuità, un film a tratti spietato e crudo, se l'incipit si illumina della leggerezza di una serena quotidianità di coppia, la seconda parte fa spazio infatti al noir; non cede al racconto stereotipato di camorristi e loschi bassifondi, ma privilegia un racconto che eredita toni quasi da tragedia shakespeariana e narra luci e ombre di un'umanità complessa, ambigua e variegata.
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Dentro ci finiscono le oscure manovre di un mondo corrotto dalla malavita, la violenza di genere, la vendetta, l'immigrazione clandestina, il tradimento e l'abbandono. Troppi spunti tematici, tanti forse per essere concentrati in un'ora e mezza di film, che dimostra una maggiore organicità quando decide di usare un registro più intimo e concentrarsi sugli abissi di ciascun personaggio. Porte sull'inferno, buchi neri che fagocitano qualsiasi spiraglio di luce: è nel cast che Mai per sempre scopre un altro punto di forza.
Peccato che i dialoghi spesso sopra le righe, didascalici e amplificati da insistiti primi piani, non sempre rendano giustizia alle interpretazioni, laddove un lavoro per sottrazione avrebbe forse giovato di più. Ma è nell'ultima mezz'ora e nella scelta di evitare un happy ending, che il film ritrova la sua giusta misura.
Conclusioni
Concludiamo La recensione di Mai per sempre con la consapevolezza di trovarci davanti a un'opera coraggiosa, nonostante i difetti. Lasciamo il beneficio del dubbio a un autore, Fabio Massa, che avrà sicuramente il tempo di affinare la propria arte e smussare gli angoli. Chapeau per lo sguardo originale con cui fa propri alcuni elementi della tragedia classica, in un racconto nero di vendetta, tradimento e abbandono.
Perché ci piace
- Le suggestioni di un film alieno, ibrido, tra personaggi shakespeariani e il fangoso sottobosco della malavita tra Campania e Puglia.
- Il coraggio di uscire dalla comfort zone di alcuni luoghi comuni.
- Il racconto delle relazioni umane e la narrazione dei chiaroscuri.
Cosa non va
- La pretesa di condensare in appena novanta minuti diverse tematiche, forse troppe: la sensazione è che nessuna trovi una adeguata trattazione.
- I dialoghi spesso sopra le righe denunciano un ingenuo didascalismo.