Sigaretta sempre in mano, come se fosse un'altra bacchetta che detta il tempo della sua vita; camicia intonsa, magari a righe, e poi un ciuffo di capelli, che svolazzano ad ogni giro di quadro. Come per A Star is Born, ma forse un po' di più, visto il timbro e la figura, Bradley Cooper non solo rafforza e legittima la sua posizione d'autore accessibile e sinuoso, ma continua a mescolare insieme il cinema, la musica, la vita. E le emozioni. Ponendosi parallelamente allo spettatore, e in questo caso prendendosi lo spazio della scena, mettendoci la tecnica, il cuore, e pure la faccia. Per questo, come se fosse uno spartito, il suo Maestro, fluido biopic su Leonard Bernstein, che ha scritto insieme ad un grande come Josh Singer (lo stesso di The Post e di First Man), prende per fulcro la figura del geniale compositore d'orchestra - un rivoluzionario, un avanguardista, un visionario della narrazione - per allargarsi non tanto sugli aspetti professionali, quanto sul matrimonio avuto con Felicia Cohn, di cui si era innamorato perché "il suo nome era così armonioso". E di armonia parla, Maestro.
C'è sempre, l'armonia: visiva, musicale, emozionale. Nel dolore e nell'amore, seguendo le tracce di due vite meravigliose, sospese e intersecate in un tempo non convenzionale, quanto sincero nella sua dimensione libera dall'odio. Lo avevamo capito già con A Star is Born, e lo confermiamo con Maestro: Bradley Cooper è un regista che ci mette il cuore, unendo tecnica e passione, andando incontro alla figura di Lenny, alla storia in sé, e andando incontro verso il pubblico. In questi termini, i valori della musica e del cinema si equivalgono, sprigionando schegge di pensiero verso tutte le direzione. Maestro, presentato in concorso a Venezia 2023, e in streaming su Netflix (dal 20 dicembre), è allora un film classico, dove tutto è al suo posto. Un film classico ma dirompente, complesso ma dalla lettura semplice, ma soprattutto profondamente innamorato delle persone che intimamente racconta. E forse per questo, non c'è una nota che stona.
Maestro, l'emotività di un film d'altri tempi
Sì, le note. Quelle sul pentagramma, e pure quelle che Lenny, ridisegnato sul volto di Bradley Cooper, di per sé notevolmente somigliante, scarabocchia frettolosamente, esaltando una genialità messa a disposizione del mondo. Idealmente, e materialmente, Maestro compie un'ellissi, tra i toni e la sostanza, a spiegare la fotografia di Matthew Libatique, che bassa dal bianco e nero ai colori saturi di un cinema d'altri tempi. Cinema della memoria, quasi. E dalla memoria inizia. Una telefonata di prima mattina, che lo avvisa: bisogna sostituire il direttore alla Carnegie Hall. La New York Philharmonic è la sua. L'occasione di una vita, il trampolino verso l'immortalità. Perché il Leonard Bernstein secondo Bradley Cooper è uno, ma è doppio.
Allora, sospendendo momentaneamente West Side Story o Inside Pop: The Rock Revolution (a proposito di legittimazione del pop...), Maestro si concentra in particolar modo sulla relazione avuta con sua moglie Felicia, interpretata meravigliosamente da Carey Mulligan. Talmente brava, talmente semplice, talmente precisa nell'emotività e nella fermezza, che Bradley Cooper affronta il film raccontando la storia attraverso due punti di vista (preferendo spesso quello della Mulligan, a dire il vero). Perché Lenny, che da Felicia ha avuto dai figli (Jamie è interpretata da Maya Hawke), era anche omosessuale, senza però vivere la propria sessualità con difficoltà, né con egoismo. Conscio di appartenere a due universi in grado di convivere nella medesima esistenza.
Un romanzo famigliare, oltre il biopic
Che poi, come per la musica, per il cinema è la stessa cosa: è sempre un discorso di accessibilità, di generosità, e di forma artistica (anche sublime, perché no) che apre alle domande, senza dare risposte. Anzi, suggerendo risposte che potrebbero essere perfino contraddittorie. Bradley Cooper, con Maestro, fa proprio questo: va oltre il mero biopic, la cronologia dei fatti, o lo sfruttamento furbesco delle sue composizioni (che ci sono, ma dosate e funzionali, quasi ammiccanti), ponendo l'attenzione sull'umanità della figura, e su quanto il dualismo tra vita privata e vita lavorativa non sia fine a sé stesso, ma anzi sensibilmente connesso in una dimensione in cui il cuore esalta la ragione. Nelle sue due ore (la seconda, lo ammettiamo, di gran lunga superiore alla prima), il paradigma della biografia viene stravolto in funzione di un romanzo famigliare che diventa epica emozionale, nonché rispettoso riflesso di una storia d'amore che rifiutava qualsiasi regola o dogma, seguendo - come fa la miglior musica - solo il battito e l'istante.
Maestro è un film dolente, è un film drammatico, è un film di sostanza e di eleganza visiva, in cui gli spazi, come i leggiadri movimenti di macchina, sono un cinema nuovo che si rifà al classico, tanto che, sfocando gli occhi, sembra di vedere Clark Gable e Vivien Leigh. Un'esagerazione? Forse, ma poco importa: se un film è bello, è bello. Se un film emoziona, sconquassa e annichilisce, il trasporto, anche nello scrivere una recensione, è propedeutico al racconto oggettivo che vogliamo fare del film. Ed il motivo è luminoso, come la luce che Bradley Cooper lascia entrare nella scena, senza aver timore di modellare una figura archetipa con Leonard Bernstein. Un esempio, per raccontarli tutti: c'è un momento, nella seconda metà, in cui assistiamo allo scontro emotivo tra Leonard e Felicia: le finestre danno su Central Park, è il girono del ringraziamento, c'è Snoopy che sfila sulla Fifth Avenue. In quel momento, Lenny resta solo, e la luce autunnale, calda e intensa, si trasforma in un soffio gelido, invernale. Del resto, più della grandezza, più delle opere, Maestro testimonia l'uomo, e l'amore, sommando i sentimenti per una funzione drammaturgica di armoniosa bellezza.
Conclusioni
Lo abbiamo scritto nella nostra recensione: Maestro di Bradley Cooper è un film dosato, equilibrato, elegante nella sua struttura di biopic che, poco a poco, si trasforma in altro, preferendo l'umanità dei sentimenti alla cronologia dei fatti. Se Bradley Cooper è un ottimo regista, è anche un ottimo interprete, sorretto dalla perfezione di Carey Mulligan. Sì, ci siamo emozionati.
Perché ci piace
- La regia di Bradley Cooper.
- La bravura di Carey Mulligan.
- L'eleganza di tono, mai troppo squilibrato.
- Il trucco, pressoché perfetto.
Cosa non va
- Il film è diviso in due: la seconda è nettamente superiore alla prima parte.