In una delle scene iniziali di Madres paralelas viene fatto riferimento alla possibilità di riesumare i resti umani sepolti in una fossa comune oltre mezzo secolo prima: una questione strettamente legata alla famiglia della protagonista, Janis Martínez Moreno, una fotografa quarantenne interpretata da Penélope Cruz. La vicenda della fosse comune è un subplot che, da lì a breve, scompare quasi del tutto dalla trama del film, inghiottito da un intreccio che si sviluppa invece attorno ai temi della maternità, dell'identità femminile, dei rapporti familiari e del confronto con la perdita; è soltanto verso l'epilogo, dopo la chiusura della parabola delle due "madri parallele" del titolo, che questo aspetto narrativo riemerge con prepotenza, per dominare da lì in poi tutta l'ultima parte del film.
Le storie parallele di Pedro Almodóvar
Per certi aspetti, una tale scelta drammaturgica può apparire quasi un'anomalia, perlomeno se si considera la produzione di Pedro Almodóvar: le passioni, le speranze e i drammi privati dei personaggi, da sempre al cuore del cinema del regista castigliano, all'improvviso cedono il posto a un grande dramma collettivo, che segna una sorta di appendice nella storia di Janis e della giovanissima Ana Manso Ferreras (Milena Smit), una ragazza-madre la cui esistenza si incrocia con quella dell'altra donna. Per quasi tutta la sua durata, insomma, Madres paralelas presenta i connotati di un canonico mélo almodóvariano: sia in merito allo stile, alla messa in scena, alla fluidità nel catturare le emozioni delle protagoniste, sia per il modo in cui, richiamandosi al sempiterno modello di Douglas Sirk, rivista con la consueta forza espressiva codici e temi dei classici woman's film.
Ma quando il rapporto fra Janis e Ana giunge a un punto di svolta eccoci entrare nell'ultimo quarto d'ora, durante il quale Pedro Almodóvar abbandona il plot principale per riportarci a quella fossa, e dunque al passato familiare del personaggio di Penélope Cruz. Su quest'ultimo aspetto, in realtà, Almodóvar aveva continuato più volte a far scivolare la nostra attenzione: un misterioso nonno originario del Centro America; il ricordo di una madre hippie morta a ventisette anni, come il suo idolo Janis Joplin; le allusioni al padre di Ana che, in un'epoca molto remota, stava dalla "parte sbagliata", e la solennità con cui Janis esorta la ragazza a prendere coscienza delle responsabilità della generazione che è venuta prima di loro. La conclusione del film coincide in fondo con questa presa di coscienza: una re-immersione - non solo metaforica, ma letterale - nell'abisso in cui sono state scaraventate le vittime del franchismo.
Madres paralelas, la recensione: nel grembo del passato
Dalla Spagna franchista alla movida madrileña
La nascita di Pedro Almodóvar, nel 1949, coincideva con il decimo anniversario dell'Estado Español, la dittatura filofascista instaurata al termine della Guerra Civile dal Generale Francisco Franco. Mentre l'epilogo del secondo conflitto mondiale spazzava via i totalitarismi in Germania e in Italia, la penisola iberica rimaneva sottoposta ai regimi di António de Oliveira Salazar in Portogallo e di Francisco Franco in Spagna: due dittature 'gemelle' che, anche in virtù della "politica dell'equilibrio" della Guerra Fredda, sarebbero perdurate per ben quattro decenni, per arrivare infine al capolinea a un anno di distanza l'una dall'altra (nel 1974 in Portogallo e nel 1975 in Spagna). Il feroce autoritarismo della Falange, il partito unico e ultranazionalista di Franco, avrebbe portato alla spietata repressione di ogni forma di dissenso e a un tragico bilancio di circa mezzo milione di vittime.
Dal 1975, anno della morte di Franco, per la Spagna si apriva una fase completamente nuova della sua storia. Nel 1977 veniva sciolta la Falange e i cittadini tornavano a libere elezioni per la prima volta dal 1936, sancendo l'ingresso nella democrazia di un paese ancora profondamente diviso, ma soprattutto narcotizzato da quattro decenni di dittatura. In questo periodo, un giovane Pedro Almodóvar realizza una serie di cortometraggi, perlopiù a tema erotico, e nel 1978 gira un lungometraggio a basso costo in Super-8: Folle... folle... fólleme Tim!. Nel 1980 arriva il suo esordio cinematografico: Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio, una commedia a base di sesso, droga e rock'n'roll che consolida il sodalizio con Carmen Maura. A poco più di trent'anni, Almodóvar è il perfetto alfiere della cosiddetta movida madrileña: un movimento libertario che adopera l'arte e l'intrattenimento per prendere a picconate le ipocrisie di una società ancora contagiata dal franchismo.
Il fascino del peccato e il valore della memoria
Il primo decennio della carriera di Pedro Almodóvar offre un saggio emblematico di questa corrente culturale: cresciuto in una nazione privata dei propri diritti civili e asservita a un clericalismo di regime, nei suoi film degli anni Ottanta Almodóvar sembra lanciare un guanto di sfida contro tutti i tabù di una Spagna bigotta e conservatrice. Black comedy quali L'indiscreto fascino del peccato e Che ho fatto io per meritare questo? o noir come Matador e La legge del desiderio sono quanto di più lontano si possa immaginare dall'idea di cinema 'impegnato'; eppure la loro natura intimamente sovversiva, caratterizzata da erotismo esplicito, personaggi borderline, uso di droghe, omosessualità, transessualità e travestitismo (senza dimenticare una buona dose di anticlericalismo), li rendono opere intimamente politiche, il cui anelito di trasgressione costituisce un ideale manifesto della Spagna post-franchista e della sua ritrovata libertà.
A suo modo, insomma, Pedro Almodóvar aveva già fatto i conti con il passato fascista del proprio paese, seppure attraverso film ambientati nella contemporaneità. In Madres paralelas, tuttavia, si avverte l'esigenza di tornare alla Spagna precedente al 1975; di rievocare ricordi dolorosi, ma necessari a offrire una testimonianza e un monito alle nuove generazioni. La presenza di Ana e di sua figlia accanto alla famiglia di Janis, nelle scene finali del film, non potrebbe essere più esplicita; così come l'immagine dei personaggi distesi nella fossa come gli scheletri dei loro parenti, dei 'giusti' caduti per essersi opposti al regime. Celebrarne la memoria, per Almodóvar, significa provare a rendere giustizia alle loro azioni e, forse, fornire un po' di sollievo a chi ha continuato a piangerli, anche senza una tomba; a quelle nonne che, per tutta la vita, non hanno perso la speranza di veder riuniti i propri cari.
Pedro Almodóvar: i temi chiave del suo cinema fra desiderio e sentimenti