Cominciamo col dire che chi scrive i primi tre film della saga di Mad Max non li amava particolarmente, e non si aspettava certo di adorare questo quarto capitolo come è invece accaduto. Le ragioni per cui il film di George Miller è andato oltre le aspettative sono molteplici, ma se i fan storici vi parleranno della coerenza stilistica con Interceptor, Interceptor, il guerriero della strada e Mad Max oltre la sfera del tuono, di un universo potenziato e modernizzato e dello stile realistico delle riprese, del ritorno di Hugh Keays-Byrne, per noi gli elementi vincenti sono - udite udite - per lo più narrativi. E a seguire ve li illustriamo...
1 - La sovversione delle regole del blockbuster
L'adesione del cinema commerciale a certe regole narrative che hanno la funzione di guidare e rassicurare lo spettatore è difficile da eludere: vi devono normalmente sottostare anche i titoli più altolocati del genere, da Il cavaliere oscuro a The Avengers, passando per Avatar. C'è una parte introduttiva in cui si presentano i personaggi, e a seguire magari una prima scena d'azione in cui si scaldano i motori; poi ci si avvicina più o meno gradualmente alla crisi, c'è un momento in cui tutto sembra perduto ma gli eroi trovano la forza di reagire e di trascinarci verso un chiassoso e lieto epilogo. Suona familiare, no? Ma una struttura simile non interessava minimamente a George Miller, che ci precipita nell'azione con due parole su Max e il suo mondo, ci presenta il suo eroe per farlo cadere immediatamente nelle mani di un nemico imbattibile, e usa la sua prigionia nella Cittadella di Immortan Joe per illustrare con mirabile sintesi questa oasi brutale immersa nella desolazione post apocalittica. Cinque minuti dopo inizia una caccia che non terminerà che con (si fa per dire) la parola fine, al fianco di un'altra protagonista che, al contrario di Max, ha ancora (brevemente) una speranza.
Il film ci confonde le idee a più riprese: ci presenta cinque angeli biancovestiti e poi ci mostra queste presunte fanciulle inermi prendere a calci le loro cinture di castità e non solo quelle; ci fa credere che Nux sia un'insidia e invece è l'addetto al comic relief... Ops, come non detto, Nux è un eroe. Letteralmente imbocchiamo una strada per cambiare rotta subito dopo, e tornare sui nostri passi in una manciata di minuti. Non c'è nemmeno il tempo di protestare, perché siamo impegnati a divertirci come matti.
2 - Furiosa
Nonostante la scomoda eredità di Mel Gibson, per il bravo e sexy Tom Hardy dare corpo a Max Rockatansky non comporta particolari difficoltà: Max trascina con sé la sua fama, i suoi trascorsi, e la sua furia: sono nel suo nome, e nel titolo del film. A Charlize Theron tocca personaggio inedito che abbraccia con una generosità e un carisma da action heroine di primo piano. Per poi aggiungere dimensione su dimensione con pochi gesti (molti dei quali violenti) e quattro parole; fino a che Furiosa non si trasforma in un personaggio affascinante, che sprigiona energia e nasconde un enigma. Una leggenda istantanea e un'eroina che allo storico Mad Max non ha nulla da invidiare.
3 - Il blockbuster femminista
Tutti hanno parlato di Mad Max: Fury Road come di un film femminista per via di questa fulgida eroina che, non contenta di rubare la scena a Max/Hardy, si toglie pure la soddisfazione di ammazzare lei il supercattivo. Ma di eroine action capaci di forza, coraggio e tenacia al pari dei colleghi maschi ne abbiamo viste tante anche in tempi recenti: il femminismo di Fury Road è altrove, sta in una rappresentazione di tutte le donne che compaiono nel film, non solo di una. In un mondo come quello in cui si svolge fury Road tutti i progressi della dignità e dell'indipendenza femminili sono spazzati via: le donne tornano proprietà del maschio, meglio se uno solo, quello dominante, che nel caso della nostra razza non è tale per forza fisica superiore, ma per la capacità di controllare le risorse. Mogli, concubine, ma anche nutrici: munte come vacche in batteria.
Ma questa volta le donne non ci stanno. E non solo per la ribellione di Furiosa, la più stimata tra gli Imperator di Immortan Joe: lei è la leader ma le altre non sono da meno, a cominciare dalle giovani e bellissime mogli di Joe, che preferiscono lasciare un ambiente in cui sono protette e ben nutrite, rischiare tutto, pur di dimostrare di non essere oggetti: nonostante il poco tempo che la pellicola ha a disposizione per ognuna di loro, non sono un pretesto per la guerra, non sono al servizio delle fregole dello spettatore, sono definite dal loro rifiuto di essere proprietà. E poi ci sono le Valchirie nel deserto, sparute, tostissime e non più giovani superstiti dell'unica tribù in cui nessuno sente il bisogno di possedere e tiranneggiare l'altro. Ma il punto non è il fatto che culturalmente le donne siano meno inclini alla violenza, il punto è che non sono disposte a subirla, e non aspettano che qualcuno arrivi a salvarle. George Miller fa un passo avanti a tanti movimenti in difesa delle donne, perché ha capito che la vera liberazione dalla sottomissione e dalla violenza inizia con il decidere di non essere vittime.
Ci sono tante immagini memorabili nel corso del film, tante allusioni al ruolo vitale, costruttivo delle donne nell'era post atomica, ma una delle più forti è quella in cui Rosie Huntington-Whiteley, longilinea dea incinta, si para davanti al nemico sfidandolo a uccidere il suo stesso figlio anziché acquattarsi a singhiozzare fino a che la battaglia non è finita. Queste sono le donne che vogliamo, le donne che siamo, tante grazie.
4 - L'amore tra titani
Scommettiamo che l'avete pensato anche voi. Il deserto, il firmamento sfolgorante, una fine violenta che incombe a ogni tratto della strada della furia; possibile che questa irriducibile e splendida amazzone (Charlize Theron è la donna più bella del mondo anche calva e senza un braccio, bisogna starci) e il suo disperato e aitante cavaliere non trovino cinque minuti per una danza d'amore e di morte che sia breve conforto e ricordo a cui aggrapparsi nei momenti estremi? Ma un banale ruzzare sotto le stelle non è realizzazione degna di un rapporto come questo. Quello che hanno Max e Furiosa è più profondo e più speciale, hanno trovato un animo affine e una missione comune, da perseguire ognuno a modo sue. I titani fanno l'amore con lo sguardo, con il sangue, attraverso il deserto, attraverso le ere.
5 - Alla fine, un nuovo inizio
Dicevamo della scarsa considerazione che Miller ha delle "regole". Al passato dei suo protagonisti dedica un mero accenno; il loro futuro è solo un proposito. C'è tempo solo per il frenetico presente della fuga. Ma se per Max e Furiosa c'è ancora della strada da fare (e speriamo che non ci facciano aspettare troppo prima di farne un altro tratto insieme) c'è un personaggio che ha una parabola autoconclusiva e affascinante all'interno del film, e che, nella cavalcata mozzafiato che è Fury Road, riesce a ritagliarsi momenti divertenti ed emozionanti. Nicholas Hoult conserva in gran parte la sua efebica bellezza nell'incarnare Nux, il war boy morente di Immortan Joe che cerca disperatamente una fine gloriosa al servizio del lurido despota, ma, trasfigurato dall'amore di una delle ex mogli di Joe, finisce per trovarla in nome di una causa giusta; così che c'è un eroe dall'arco compiuto in un film che riesce ad essere riuscito in sé e preludio ad altre rocambolesche avventure. Che non vediamo l'ora di scoprire.