In un'epoca in cui impazzano remake e reboot di film e saghe più o meno celebri allo scopo di rinvigorire franchise ormai spenti e poco redditizi, c'è ancora davvero spazio per un nuovo Mad Max? Una saga sì tra le più importanti e seminali negli anni '80, ma che già con il suo terzo capitolo, esattamente trent'anni fa, aveva mostrato di non avere forse più così tanto da dire.
D'altronde Interceptor, Il guerriero della strada e Mad Max oltre la sfera del tuono, oltre al più o meno discutibile valore artistico delle opere stesse, avevano avuto tre grandi meriti: quello di far conoscere al mondo intero il talento visionario del regista e sceneggiatore George Miller, trasformare in una star di Hollywood il giovane australiano Mel Gibson e soprattutto dare vita ad un vero e proprio sottogenere cinematografico (ma non solo) come quello post apocalittico.
Si tratta di tre meriti di indubbia importanza, ma parzialmente cancellati dal trascorrere dei decenni: Miller dopo aver provato sia la commedia che il dramma si è buttato con ottimi risultati (ed un Oscar) nel cinema di animazione per famiglie di Babe e Happy Feet; Mel Gibson ha vissuto una vera e propria parabola artistica e personale che l'ha visto diventare prima uno delle maggiori action star internazionali, poi regista d'autore pluripremiato (gli Oscar qui sono due, per Braveheart) e infine bersaglio dell'opinione pubblica in seguito a dichiarazioni razziste e antisemite e diverse traversie personali e giudiziarie.
Veloce & Furioso
Quello che però se l'è vista peggio è stato forse proprio il (sotto)genere lanciato dai film di Miller, perché lo scenario post-atomico da allora è stato usato ed abusato in ogni sua forma, trasformandosi e in parte anche rinnovandosi con declinazioni e contaminazioni sempre diverse (non solo quindi con il western, ma anche l'horror, la fantascienza pura, perfino la commedia e il romantico), ma senza mai riuscire a ritrovare quella freschezze e quell'originalità della saga che lo aveva lanciato.
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Fino ad oggi. Perché con questo quarto capitolo George Miller riprende in mano la sua creatura, e i trent'anni trascorsi sembrano solo aver reso ancora più lucido il suo sguardo e aver aumentato la sua fame di spettacolarità e follia. Perché questo Mad Max: Fury Road è l'unico sequel davvero possibile, un ritorno alle origini aggiornato e adattato al cinema di oggi, un cinema profondamente diverso da quello a cui lo stesso Miller è abituato e che sembra dover offrire in pasto a suoi ingordi spettatori sempre di più: eccesso di spettacolarità e azione, personaggi sopra le righe, un ritmo indiavolato che lo lasci senza fiato.
Il nuovo film di George Miller è tutto questo, e lo è ancora di più di quanto fosse lecito immaginarsi dai già spettacolari trailer: perché Mad Max: Fury Road è un film di azione come raramente se ne erano visti, un unico e lunghissimo inseguimento, inframezzato da non più tre/quattro brevissime pause, che però non risulta mai stancante o già visto, ma anzi riesce a regalare un crescendo inesorabile di spettacolarità e tensione, superandosi di continuo, anche quando sembra aver già mostrato il suo meglio.
Energia ed imprevedibilità
Va da sé che da un punto di vista tecnico il film è assolutamente incredibile. Il lavoro in fase di montaggio è esemplare, e se c'è un film che può essere considerato un vero e proprio monumento al difficile e spesso ingrato lavoro degli stuntman è certamente questo: ci viene davvero difficile immaginare il numero di esplosioni o acrobazie, in auto o senza, richieste dalle lunghissime e burrascose riprese. Migliaia? Decine di migliaia? Eppure in mezzo a tutta questa azione non c'è mai nemmeno un attimo in cui non sia chiaro quello che accade sullo schermo; ogni sequenza non è solo magistralmente diretta e montata (utilizzando anche frequenti cambi di frame rate), ma anche perfettamente coreografata ed assolutamente unica nel suo genere. Allo stesso modo ogni personaggio o veicolo che incontriamo sulla lunga e furiosa strada ha delle sue caratteristiche ben precise (ed alcuni nemici anche nomi improbabili e folkloristici come People Eater o Rictus Erectus), frutto di un lavoro su trucco e scenografia straordinario ma soprattutto di una volontà di non lasciare nulla al caso, nemmeno il più piccolo dei dettagli.
Ma per quanto la spettacolarità, l'aspetto tecnico e la resa visiva del film siano certamente gli aspetti che più colpiscono nell'immediato e che verranno notati anche dagli spettatori più distratti, quello che eleva il nuovo lavoro di Miller ad un vero e proprio capolavoro del genere action, un qualcosa di assolutamente differente da quanto siamo abituati a vedere, è il lavoro sulla sceneggiatura e la chiara volontà di voler infrangere e sovvertire le regole (non scritte) dei blockbuster, prendendosi dei rischi, giocando continuamente con le aspettative dello spettatore, e allontanandosi rapidamente dai tanti cliché che a prima vista sembrerebbero essere invece presenti (l'inevitabile rapporto sentimentale tra i due protagonisti, le figure femminili indifese, la ricerca di un paradiso lontano).
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Un universo in espansione
Il film, l'abbiamo detto, ha pochissimo spazio per dialoghi o per spiegazioni, ma si limita spesso a raccontare il minimo necessario; nonostante questo riesce comunque ad ampliare ed approfondire un universo già ricco in partenza, e a caratterizzare molto bene sia i protagonisti che gli antagonisti. A brillare su tutti ci sono ovviamente Tom Hardy e Charlize Theron: il primo interpreta un Max Rockatansky ormai tormentato e braccato dal suo passato e vittima, sua malgrado, del suo essere più sano di mente di molta della gente che lo circonda; l'attrice è invece la carismatica e coraggiosa Imperator Furiosa, una guerriera che non si è fatta ammaliare dal potere ma anzi scegliere di rimane fedele al suo passato e alla dignità degli esseri umani, in particolare le donne.
Si tratta di due antieroi, due personaggi nemmeno troppo originali se presi singolarmente, ma (oltre ovviamente alla bravura dei due attori) è il modo in cui lo script li utilizza e li fa interagire che va oltre le usuali dinamiche di coppia che ben conosciamo e che proprio per questo dona loro una profondità ed un fascino che è certamente ben superiore a quanto sembrerebbe emergere dagli scarni dialoghi. Miller lascia che siano gli sguardi a parlare e che sia lo spettatore a riempire quei silenzi, a far propria la loro storia, la loro missione e anche il loro futuro.
Ci sarà davvero un futuro? Ci sarà un sequel? Siamo convinti che anche i risultati al botteghino lo confermeranno, ma la cosa più importante è che questo Mad Max: Fury Road ci ha ampiamente dimostrato che lo meriterebbe. Perché se c'è un franchise ad oggi che ha finalmente dimostrato di avere tutte le carte in tavola per essere rilanciato, per essere, ancora oggi, rilevante è quello chiassoso, folle ed esagerato di Mad Max.
Movieplayer.it
4.5/5