Era quasi tangibile il sentore di timore emanato all'uscita della notizia che M. Il figlio del secolo sarebbe diventata una serie Sky. Era un olezzo di paura, un sudore misto a terrore per lo spauracchio di una possibile emulazione di quella che è stata un'ora più buia durata un ventennio in Italia e che adesso poteva reiterarsi. Ci si chiedeva se fosse saggio trasporre l'opera di Antonio Scurati, soprattutto all'alba del periodo storico che stiamo vivendo. Eppure, la risposta si ritrova nell'inchiostro di Scurati stesso. Per una società con il volto diretto verso uno schermo, cinema e TV si fanno strumenti didattici, manifesti di immagini in movimento pronti a insegnare, aprire gli occhi, educare. Nessuna celebrazione in M. Il figlio del secolo, dunque, ma solo una riproposizione obiettiva di pensieri, eventi, cadute e giochi di manipolazione popolare che hanno portato Benito Mussolini a divenire il Duce, il sovrano di un'Italia pronta a cadere nell'incubo.
Quella paura di tronfia celebrazione, di un'esaltazione del mostro è la stessa che può muoversi sottopelle nella visione del trailer della già attesissima serie TV prodotta da Lorenzo Mieli per The Apartment e disponibile su Sky e in streaming su NOW nel 2025. Ma non è questo ciò che ipotizziamo caratterizzerà la serie diretta da Joe Wright. Costruito ad hoc, il trailer è una giostra esplosiva, dai toni desaturati (la fotografia è a opera di Seamus McGarvey, collaboratore storico di Wright) una danza a suon di musica rock dove "Benito Mussolini Amilcare Andrea" si rivolge direttamente allo spettatore stabilendo le fondamenta della sua rivoluzione interna al Parlamento, una presa di potere fondata sulla forza, la lotta, il sangue e i corpi inermi dei dissidenti e dei ribelli.
Lo sguardo diretto del male
La rottura della quarta parete è uno strumento ampiamente sfruttato, tanto al cinema quanto in TV, per stabilire un contatto diretto con il proprio pubblico, così da coinvolgerlo nella propria rete intricata di pensieri ed emozioni. Ma il protagonista tracciato da M. Il figlio del secolo non ha emozioni, o sentimenti umani da condividere; la sua è una pista di ghiaccio orientata direttamente all'inferno. Non vuole stabilire un processo di affezione, o di profonda immedesimazione con il proprio pubblico, il Mussolini di Luca Marinelli; la rottura della quarta parete non è solo l'evoluzione naturale dello sguardo in macchina tipico del cinema di Joe Wright, quanto la traduzione cinematografica delle parole di Scurati.
L'autore napoletano non ha bisogno di un racconto in prima persona per guidare il lettore nella mente di Mussolini, della Sarfatti, di Matteotti, o di D'Annunzio. Gioca con una terza persona impersonale, che squarcia le membra, apre le menti dei personaggi trattati, per estirpare loro pensieri, anticipare azioni, concretizzare piani fallimentari, o gesta demoniache. Forse per enfatizzare la portata negativa del manto di terrore che avrebbe avvolto l'Italia intera, o per esacerbare il puzzo di bruciato di sindacati dati a fuoco, e redazioni socialiste fatte esplodere, alla serie di Wright non basta un racconto narrato da un punto di vista esterno. Deve dare in pasto il mostro al proprio pubblico, non per emulare, o ripetere la storia, ma proprio per comprenderla, ascoltandola direttamente da chi l'ha deviata, trascinandola in un abisso che non può e non deve più ingoiarci.
M. Il Figlio del Secolo: raccontare la Storia per non ripeterla
È un trattato di storia scritto con eleganza, quello di Scurati. Un accumulo di pagine dove anche i fiumi di sangue vengono restituiti con classe; ogni capitolo colpisce in pieno volto sotto forma di una piuma leggera che ci torce lo stomaco, ci piega dal dolore. Probabilmente questa dicotomia verrà a meno nella sua trasposizione televisiva: il sesso, la violenza, la nascita non più di M. Il mostro di Dusseldorf, ma di Predappio, verranno mostrati in tutta la loro forza visiva, enfatizzate, chissà, da quello stesso uso dissonante e anempatico di una musica rock contemporanea (proprio come quella dei Muse che accompagna le sequenze del trailer) che creerà nello spettatore quel cortocircuito interno pronto a destabilizzarlo, allontanandolo ancor più dal protagonista, per analizzarlo a debita distanza. Un gioco di opposti e contrasti che Wright aveva già sperimentato in Pan - Viaggio sull'isola che non c'è, quando inserì brani come Smells like teen spirit e Blitzkrieg Bop nella ciurma di Barbanera, e che potrebbe reiterare in M. Il figlio del secolo.
Regia super-partes per un cast (apparentemente) in parte
800 pagine per 8 episodi; questi i numeri di una serie che porta sulle spalle una responsabilità doppia: da una parte riuscire a restituire il cuore di un romanzo come quello di Scurati, e dall'altro il peso di affrontare pagine nere della storia italiana. E ben venga che a farsi carico di tale compito sia un regista non italiano, ma inglese - e quindi super-partes - come Joe Wright che le pagine sia di Storia (L'ora più buia) che letterarie (Orgoglio e Pregiudizio, Espiazione, Anna Karenina, Cyrano) le ha sempre sapute affrontare con un tocco personale e riconoscibile. Al resto ci pensa un cast trainato da un Luca Marinelli dall'accento perfettamente romagnolo, e una dialettica mai caricaturale a giudicare dal trailer, ma restituente quelle del suo personaggio; e siamo sicuri che non deluderanno anche le performance di Paolo Pierobon nei panni di Gabriele d'Annunzio, Vincenzo Nemolato in quelli di Vittorio Emanuele III, Barbara Chichiarelli nelle vesti di Margherita Sarfatti, Lorenzo Zurzolo in quelle di Italo Balbo e Gaetano Bruno in quelle di Giacomo Matteotti.
Al momento i nostri pensieri viaggiano sul treno delle ipotesi: per constatare se M. Il figlio del secolo saprà effettivamente soddisfare le nostre aspettative non dobbiamo far altro che aspettare la Mostra del Cinema di Venezia, dove la serie verrà presentata in tutta sua interezza, oppure attendere i primi mesi del 2025 quando gli episodi saranno disponibili su Sky e NOW.