"Questa è la storia di un ladro, ma non un ladro qualunque."
Scegliamo di aprire la recensione di Lupin, la serie Netflix che attinge e rielabora il mito del personaggio creato da Maurice Leblanc, con una frase estratta proprio dall'originale cartaceo, presente e importante nell'economia dello show e per il protagonista interpretato da Omar Sy. Ne scriviamo soddisfatti dalla leggerezza mai banale del racconto, dall'intelligenza nello sviluppo e dal carisma del protagonista, tutti elementi che per fortuna hanno spazzato via la noia per la solita sterile polemica online scoppiata alla diffusione delle prime immagini e primi dettagli sull'ambientazione moderna, al grido di "non è il Lupin che conosciamo!"
Nel nome di Lupin
E infatti non lo è il Lupin che tutti conoscono. Di fatto, non è proprio Lupin il protagonista della serie Netflix, ma Assane Diop, la cui vita è stata segnata dalla morte del padre quando era adolescente. Un evento traumatico sul quale Assane decide di indagare venticinque anni dopo, per capire e vendicare, ispirandosi alle imprese e soprattutto i modi di Arsène Lupin, il ladro gentiluomo, narrati nei libri ricevuti proprio dal padre, che rappresentano per lui un forte legame con il genitore oltre che modello e guida. Tutto parte dall'elaborato furto di una preziosa collana dal Louvre, un gioiello legato alle accuse subite dal padre Babakar Diop nel passato e dal quale Assane capisce che qualcosa non torna nel modo in cui quella vicenda è stata raccontata e archiviata.
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L'impareggiabile Omar Sy
Il protagonista della serie Netflix non è il Lupin che conosciamo, ma ne ha i tratti caratteristici: ladro capace e creativo, abile in diversi ambiti, trasformista, pianificatore ma anche istintivo e in grado d'improvvisare. Carismatico. Omar Sy si affida a quest'ultima caratteristica per entrare nel ruolo, farlo suo e renderlo su schermo con la disinvoltura e presenza scenica che gli è propria da sempre: il suo Lupin buca lo schermo, rende credibile ogni situazione, si muove a suo agio sia nell'ambito più intimo e personale del personaggio che in quello più scaltro e professionale.
È un Lupin a tutti gli effetti che farà ricredere chi vorrà approcciarsi alla serie creata da George Kay e François Uzan con apertura mentale e voglia di godersi le avventure di questa nuova versione del ladro gentiluomo. La prova dell'attore francese è tale da mettere in secondo piano i suoi comprimari, vittime di una scrittura che si affida al suo carisma e fa sì che ogni elemento della costruzione narrativa sia in sua funzione: le figure di contorno, infatti, sono scritte e agiscono in funzione del loro ruolo nella storia e nel meccanismo dei colpi raccontati, lasciando a desiderare in quanto a un approfondimento che però potrà arrivare negli sviluppi futuri della serie.
Un colpo da maestro
Netflix ha visto negli ultimi anni il suo pubblico apprezzare l'incastro dei colpi de La casa di carta e il nuovo Lupin ne rievoca gli sviluppi, creativo, brillante ed efficace quanto e più dell'amata serie spagnola. Fa però anche qualcosa in più: se la messa in scena delle sequenze dei furti è costruita con intelligenza e una certa eleganza (i primi tre episodi sono diretti da Louis Leterrier e la sua mano si nota), lo show che ruota attorno a Omar Sy sceglie di approfondire e tratteggiare con cura il suo personaggio, rivelandone poco a poco le sfumature, svelando dettagli che evocano ulteriori domande da affrontare in futuro, andando oltre i cinque episodi di questa Parte 1.
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La morte del padre di Assane non è trattata come mero pretesto per il presente del personaggio, come molla che lo spinge ad agire, ma come cuore di una storia che si muove tra l'oggi del protagonista e il suo passato. Il Lupin di Netflix funziona quindi da un duplice punto di vista, come classico heist movie nelle sequenze di furti e imprese di ogni tipo, ma anche come interessante storia di un uomo che non rinuncia ad analizzare e capire le ferite del proprio passato, che hanno contribuito a formare l'uomo che è oggi.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione del Lupin di Netflix soddisfatti dalla visione di una serie che funziona sia nella sua natura di heist movie, per come mette in scena le elaborate peripezie che ne caratterizzano lo sviluppo, sia nell’approfondimento del suo protagonista Assane Diop. Questa seconda anima della serie è valorizzata da una scrittura accorta, ma soprattutto dalla prova di un Omar Sy che ha la presenza e il carisma giusti per incarnare un individuo che sceglie di seguire le orme del celebre Arsenio Lupin.
Perché ci piace
- Omar Sy, perfetto interprete di questa nuova incarnazione di Lupin.
- L’uso dei flashback e del passato per accompagnare e approfondire il presente del personaggio.
- La brillante costruzione delle imprese di Assane, tra furti, fughe e travestimenti.
- Tutto l’impianto della messa in scena, tra fotografia, montaggio e colonna sonora, funzionali al racconto.
Cosa non va
- Lo spazio dato ai comprimari, sviluppati e sfruttati soprattutto in funzione del protagonista e delle situazioni in cui devono muoversi.