Nell'aprile del 1962 arrivava nei cinema statunitensi uno dei western più importanti di sempre: L'uomo che uccise Liberty Valance, per la regia di John Ford. In realtà, la rilevanza di questa pellicola sarebbe cresciuta nel corso del tempo. Anche perché, insieme ad altri titoli dello stesso periodo, avrebbe rappresentato l'avvio del crepuscolo del western classico, destinato a rinnovarsi profondamente con l'avvento della New Hollywood, prima di chiudere idealmente il percorso con Balla coi lupi (1990) e Gli spietati (1992).
L'uomo che uccise Liberty Valance ha una costruzione narrativa estremamente particolare, sviluppandosi attraverso dei flashback, utilizzando soprattutto scenografie di interni, ed evidenziando il tono drammatico anche per mezzo di una splendida fotografia in bianco e nero. Nel sessantesimo anniversario dalla sua uscita, andiamo a riscoprire un film cardine della cinematografia americana.
In ricordo di un amico
Stati Uniti, attorno inizio Novecento. Il senatore e avvocato Ransom Stoddard (James Stewart) e la moglie Hallie (Vera Miles) giungono in treno da Washington fino all'Ovest, nella cittadina di Shinbone, dove non tornavano da oltre venticinque anni. Il motivo della loro visita è il funerale di Tom Doniphon (John Wayne), allevatore conosciuto in tutto il territorio ma ormai ritiratosi da tempo.
Dopo aver incontrato alcuni cronisti e il direttore dello Shinbone Star, il giornale locale, Stoddard non potrà non rievocare il periodo in cui arrivò per la prima volta in paese. Era un altro West: adesso civilizzato e fiorente, all'epoca ancora in mano ai fuorilegge. Tra questi, il più pericoloso e spietato era certamente Liberty Valance (Lee Marvin): insieme ai suoi sgherri, terrorizzava allevatori, contadini e semplici cittadini. Stoddard, nel suo primo viaggio verso Shinbone, si imbatté suo malgrado nel criminale, che assaltò la diligenza e ferì il giovane procuratore legale, il quale venne successivamente soccorso da Doniphon, insieme al suo servo nero Pompeo (Woody Strode). Successivamente, Ransom venne curato da un'affascinante e generosa ragazza: proprio Hallie, che lavorava come tuttofare nella taverna di Peter (John Qualen) e Nora Ericson (Jeanette Nolan), ed era legata sentimentalmente a Tom, che però esitava nel proporle di sposarla. Doniphon, abilissimo pistolero e proprietario di un ranch, era il più stimato tra gli abitanti di Shinbone, e unico ad avere il coraggio di fronteggiare Valance, il quale a sua volta lo temeva fortemente.
Stoddard, idealista e convinto della necessità di cambiare profondamente la città, progressivamente riuscì a integrarsi nella comunità, grazie al sostegno di Hallie, degli Ericson e del direttore del giornale Dutton Peabody (Edmond O'Brien). Ransom aprirà una scuola, farà indire delle elezioni e cercherà di portare la legge a Shinbone, suscitando l'ammirazione di Hallie, che si innamorerà di lui; ma provocando la gelosia di Doniphon, che però apprezzava a sua volta il coraggio di Stoddard e lo proteggeva, insieme a Pompeo, dalle provocazioni di Valance. Con quest'ultimo, però, lo scontro finale sarà inevitabile...
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Il vecchio e il nuovo
Quando Sergio Leone pensò alla realizzazione di C'era una volta il West, ebbe come fondamentale riferimento proprio L'uomo che uccise Liberty Valance. Nel suo film, infatti, avrebbe raccontato la fine di un'epoca e dei suoi riferimenti, lì destinati a scomparire con l'arrivo della ferrovia che avrebbe unito Est e Ovest. John Ford, invece, ormai giunto all'apice della propria carriera, considerò The Man Who Shot Liberty Valance (titolo originale) come uno snodo fondamentale del proprio percorso cinematografico, addirittura necessario.
Il film presenta due prospettive differenti. Da una parte, un avvocato (Stoddard) propositivo e di inattaccabile rigore morale, espressione degli Stati Uniti orientali del progresso e della civiltà dai tempi dell'Indipendenza fino al contrasto alla schiavitù; per poi giungere all'evoluzione democratica successiva alla guerra di Secessione, al termine della quale il Paese avrebbe potuto iniziare a guardare al futuro. Dall'altra, un uomo rude (Doniphon) e dai metodi sbrigativi, che preferisce certamente risolvere le questioni con la pistola piuttosto che con l'ausilio dei codici di diritto, in un Ovest nel quale l'unica legge che esiste è quella della frontiera e, soprattutto, quella del più forte. Al centro, Liberty Valance, quanto di peggio si possa incontrare sulla propria strada. In realtà, quest'ultimo sarà colui che, indirettamente, eviterà a Stoddard e Doniphon di scontrarsi: perché Ransom sarà l'uomo nuovo, colui che intende soppiantare le armi in favore della legalità e della giustizia, e che soprattutto porterà via Hallie a Tom. Ma Doniphon, un giorno, comprenderà che farsi da parte sarà necessario: il suo mondo, con le sue regole, sarà presto destinato a scomparire, e verrà riscritto da uomini come Stoddard, il cui destino è quello di farsi carico delle richieste di un territorio, nonostante egli, inizialmente, non accetterà un ruolo politico, in un tormentato confronto con la propria coscienza.
Osservando le vicende di L'uomo che uccise Liberty Valance da un punto di vista meno emozionale, a poco servirebbe l'impegno profuso da Stoddard se accanto a lui non avesse avuto (sebbene non richiesto) il braccio armato di Doniphon, poiché ancora in pieno Ottocento, nel West, la violenza era certamente prevalente sulla ragione e sull'ordine. Eppure, i meriti dell'evoluzione di Shinbone e di quella parte d'America andranno tutti a Ransom, perché la storia sarà scritta con gli esempi e le parole dei giusti, non più con chi agirà rettamente ma rimane convintamente ancorato al passato. In Ford vi è ammirazione per Stoddard ma rispetto per Doniphon, forse il vero protagonista dell'opera, e colui attorno al quale ruota l'intera vicenda.
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L'ultima frontiera di John Ford
Scritto da James Warner Bellah e Willis Goldbeck e tratto dal racconto della scrittrice statunitense Dorothy M. Johnson, L'uomo che uccise Liberty Valance si inserisce tra i capolavori firmati da John Ford e, lo accennavamo in precedenza, si afferma come passaggio cruciale della sua cinematografia.
Del rapporto sul set tra James Stewart, John Wayne e lo stesso Ford si è scritto tanto. Secondo alcuni, Ford avrebbe preferito sviluppare più attentamente il personaggio di Stoddard perché più vicino al suo nuovo modo di raccontare il West, tanto da trattare con distacco Wayne e porre minor attenzione alle scene nelle quali doveva apparire Doniphon. Questo avrebbe incrinato il loro equilibrio, nonostante entrambi avessero un'amicizia consolidata e fossero due leggende viventi del cinema americano. Secondo altri, Ford avrebbe più semplicemente avvertito la tensione della realizzazione del film, a cui teneva moltissimo.
Furono non casuali le scelte di tornare al bianco e nero (la fotografia venne firmata da William H. Clothier) e di girare il film quasi interamente nei teatri di posa e in interni, abbandonando quindi le caratteristiche vallate e paesaggi che avevano reso celebre il western fordiano nei vent'anni precedenti. I tempi stavano cambiando, volti alla ricerca del realismo e della verità storica: difficile accompagnare ancora lo spettatore nelle praterie dove i cavalleggeri affrontavano gli indiani, o elevare a miti dei protagonisti che non avessero qualcosa da raccontare oltre le loro gesta eroiche. Per Ford, il West era ormai un ricordo, forse non più così attuale da portare sul grande schermo. In principio, egli si era concentrato sulla nascita delle comunità; in seguito, si era dedicato a figure come gli uomini di legge e i militari, ma anche a personaggi che devono farsi carico di responsabilità spesso più grandi di loro (come l'Ethan Edwards di Sentieri selvaggi); infine, l'attenzione di Ford sarebbe andata sulla tematica razziale, riguardante prima gli afroamericani e successivamente i nativi d'America. I dannati e gli eroi (1960) e Il grande sentiero (1964) affrontarono proprio questi due aspetti, anticipando di qualche anno il western revisionista di fine anni Sessanta e inizio anni Settanta.
L'uomo che uccise Liberty Valance si pose proprio tra questi due titoli (pur senza dimenticare Cavalcarono insieme e il forte contributo a La battaglia di Alamo e a La conquista del West) e rappresentò il commiato di Ford da un mondo che egli aveva profondamente amato ma che sarebbe stato consegnato alla storia, con le sue peculiarità e le sue contraddizioni (evidenziate dallo stesso regista con le sue ultime opere). Anche per questo Ford non poteva, in fondo, non parteggiare per il vecchio pistolero di Wayne, pur essendo consapevole che quelli come Ransom Stoddard sarebbero stati, giustamente, celebrati per il loro contributo al Paese. Nella perfezione stilistica tipica delle pellicole fordiane si ritrovano alcuni tratti comuni ad ogni film, non ultima un'ironia che riusciva ad alleggerire gli eventi più drammatici, ma anche una narrazione spesso malinconica e con protagonisti che devono rinunciare a qualcosa per un fine più importante.
A ben vedere, il solitario Ethan che usciva di scena dopo aver riportato Debbie a casa non era poi così diverso dal Tom Doniphon che cedeva il passo al futuro.