L'ultima settimana di settembre. Già dal titolo si intuisce l'atmosfera evocativa e un po' indie dell'opera prima di Gianni De Blasi, film d'apertura di Giffoni Film Festival 2024, tratto dall'omonimo romanzo di Lorenzo Licalzi, edito da Rizzoli, che arriverà al cinema il 12 settembre. Scritto dal regista insieme ad Antonella W. Gaeta e Pippo Mezzapesa, una produzione Tramp Limited, in associazione con Passo Uno Cinema e Medusa Film, in collaborazione con Prime Video. Un film che non a caso il regista ha dedicato al nonno di cui porta il nome, ma che non ha mai conosciuto: "Eppure attraverso tutti i racconti che mi sono stati fatti, è come se lo conoscessi".
La trama de L'ultima settimana di settembre vede al centro Pietro Rinaldi (Diego Abatantuono), un anziano scrittore in declino che si è ritirato dalla letteratura dopo essere rimasto vedovo. Ormai stanco della vita, progetta di suicidarsi nel giorno del suo compleanno ma un'inattesa tragedia sconvolge i suoi propositi. La morte improvvisa di sua figlia e del genero a causa di un incidente automobilistico, lo porta a doversi occupare del nipote adolescente Mattia (Biagio Venditti). Entrambi hanno perso qualcuno a loro caro eppure non sono mai stati così distanti. Nonno e nipote, fino a quel momento estraniati tra loro, sono costretti a convivere e a mettersi in cammino a bordo di una macchina d'epoca per raggiungere lo zio del ragazzo, che vorrebbe prenderlo con sé perché il nonno è oramai anziano. Il destino scritto per loro due potrebbe però essere diverso e, come da copione, quello on the road diventerà anche metaforico del loro cammino verso una nuova consapevolezza di sé e soprattutto dell'altro.
La sfida più grande
Non è facile mettere in scena una storia così intima ed emotiva senza cadere nel patetico e nel cliché. Come riuscirci? Con l'ironia e qualche altro trucco. Bisogna farlo davanti e dietro la macchina da presa. Racconta Biagio Venditti, che potreste aver già visto nella serie Netflix Di4ri e che qui è co-protagonista accanto ad un veterano come Diego Abatantuono, col quale non sapeva come approcciarsi all'inizio e per fortuna è stato lui stesso a guidarlo nel viaggio che hanno compiuto come interpreti sul set: "Per me la sfida è stata proprio trasmettere come Mattia dovesse approcciarsi a suo nonno, un parente così stretto ma che in fondo non aveva mai conosciuto, anche perché io per fortuna ho un ottimo rapporto con tutti i miei nonni e gli sono molto legato, soprattutto a mia nonna. L'ho pensata spesso durante le riprese. Per me è stato interessante procedere a piccoli passi, proprio come Mattia. Questo percorso gli ha permesso di tirare fuori qualcosa che altrimenti non sarebbe riuscito a scoprire di sé, e forse in fondo è successo anche a me nella vita reale dopo aver girato".
Scrittura e regia
Gianni De Blasi ci ha raccontato invece le sfide con la penna e la telecamera in mano: "Dal punto di vista della scrittura, era molto complicato avere un setup così drammatico e tenere in equilibrio tutto il film tra questo profondo dramma che vivono i protagonisti e il provare ad alleggerirlo attraverso l'avvicinamento tra i due e l'ironia di Diego, che ha fatto la differenza. Quindi abbiamo optato per una sceneggiatura e una costruzione delle scene che fosse morbida. Usavamo questo termine durante la lavorazione. Se ci fate caso, quando ci sono delle sequenze particolarmente tragiche, ci sono dei lievi movimenti di avvicinamento tra le persone. Questo crea una sorta di poesia, dei piccoli gesti, come quando Pietro chiede a Mattia una sigaretta perché sa che lui fuma in segreto. Sono aspetti solo apparentemente minuscoli che poi rivelano un peso ed un valore di un certo livello. Non In viaggio con papà di Carlo Verdone ma diciamo che nel nostro piccolo abbiamo cercato di avvicinarci più ad un Nebraska di Alexander Payne come scansione dei tempi e del loro rapporto di avvicinamento. Anche nelle battute, c'è tanto tanto parlato ma senza dimenticare il resto, come il paesaggio pugliese. Anche la musica è volutamente qualcosa che commenta le scene, non è un mero accompagnamento, un tappeto. Sia sui brani originali che non originali, siamo stati molto attenti su questo".
Continua il regista alla sua opera prima: "Riguardo la regia, il mio intento era quello che fosse un lungometraggio che avesse degli elementi del cinema italiano, la commedia mescolata al dramma, ma che avesse uno sguardo un po' più europeo, in cui io credo molto. Bisognerebbe cominciare a capire che esiste il cinema europeo (ride), dato che esiste un festival che lo celebra proprio nella città del film (Lecce, ndr). Abbiamo cercato all'interno di un testo squisitamente italiano dove si ride e si piange, di costruire una direzione visiva che avesse un respiro più ampio e sfaccettato".