È il male il punto di partenza e nucleo essenziale del film di Francesco Barozzi, L'ultima notte presentato in Afterhours al Torino Film Festival 2018, ispirato da un fatto di cronaca avvenuto nel modenese nel 2012 e passato quasi inosservato dall'attenzione mediatica. L'opera seconda di Barozzi dopo Tempo vivo tempo morto del 2014 attraversa i generi cinematografici, si colloca in bilico tra thriller e noir con un pizzico d'horror e si avvale di attori meno conosciuti al cinema italiano e per questo ben incastonati in questo piccolo mondo antico e malvagio in cui, da protagonisti della storia, sono intrappolati. Beatrice (Beatrice Schiros) torna nella casa di famiglia e dai suoi due fratelli Emi (Francesca Turrini) e Franco (Giuseppe Sepe) in piena crisi economica e sentimentale. Trova tutto come l'ha lasciato, decadente, subdolamente violento, obsoleto e silenzioso. Il male in cui sono cresciuti è ancora lì e non li ha abbandonati.
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Una storia vera
"Questa è una storia vera. I nomi dei protagonisti sono stati cambiati nel rispetto dell'unica persona sopravvissuta. Tutto il resto è stato riportato fedelmente". Cosi recita il primo cartello all'inizio del film, a impostare i toni e lo stato d'animo dello spettatore: "È un po' alla Fargo" ammicca Barozzi e aggiunge: "se il pubblico pensa che una storia sia basata su un evento reale, ti è permessa una maggiore libertà narrativa". Al di là di ciò che il regista ha modificato e reso più oscuramente affascinante, L'ultima notte è tratto da fatti realmente accaduti: "Di questo fatto di cronaca non se n'è parlato neanche a Modena, è passato un po' in sordina e forse per quello mi ha colpito tanto. Ho cominciato a fantasticarci e mi sono un po' innamorato di questa storia che stava prendendo forma nella mia testa così ho cominciato a scriverlo proprio per sostituirmi a queste notizie che non a arrivavano più sulla stampa". Conclude: "Ho scritto la storia che penso possa essere successa".
Liberarsi dal male
L'ultima notte ruota attorno al male, perpetuato, subito, ereditato. Una condizione che sembra essere inevitabile e irreversibile. Che sia qualcosa di intrinseco all'essere umano? Barozzi risponde: "Credo che sia qualcosa che compone ognuno di noi, poi bisogna essere in grado di gestirlo e i miei personaggi non lo sono. C'è chi cerca di soffocarlo e insabbiarlo sotto gli anni come succede a Beatrice o chi cerca di unirsi e avvicinarsi ancora di più anche in modo malsano per trovare amore, affetto e uno spiraglio di luce come fanno i due fratelli, un'unione che però può portare solamente ad altro male". Sembra non esserci un modo per affrancarsi da questo male, se ne sei vittima alimenta il virus che è in te che una volta diffuso ti pervade senza lasciarti via di scampo.
È questo il destino che Francesco Barozzi "infligge" ai suoi protagonisti: "Io penso che non ci si possa liberare, in questa storia questi personaggi hanno un destino già segnato. Forse anche la costruzione del film con questo inizio che viene ripreso alla fine. Loro son chiusi all'interno di questo ciclo e sono già condannati dall'inizio". La storia vera su cui si è ispirato il regista conferma questa strada senza via di uscita: "La famiglia reale era composta da 6 fratelli, io ho dovuto dimezzarli per questioni produttive. Questa famiglia era seguita dai servizi sociali come nel film ma non sono mai riusciti ad entrare dentro il loro cerchio e poi è successo quello che è successo".
Interviene Giuseppe Sepe: "In questa storia è inevitabile, in altri contesti forse con l'aiuto di psicologi e addetti ai lavori, una persona può cercare di elaborare ciò che ha subito ma in questo caso è normale che non ci sia possibilità di guarigione".
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Interpretare il male
A vederlo e sentirlo parlare, Giuseppe Sepe è lontano anni luce dal personaggio che interpreta in L'ultima notte. Un intenso e approfondito lavoro è quindi stato fatto dall'attore per calarsi nei panni di Franco, il fratello che dal padre malvagio ha ereditato cattiveria e insolenza: "Ho cercato di sentire le sensazioni a pelle e di entrare in questo isolamento suo mentale e di starci dentro il più possibile" rivela Sepe. Franco da più cattivo si scopre essere anche colui che negli anni ha sofferto di più: "A tratti ho lasciato che dal mio personaggio uscisse quella sofferenza che in pochi momenti del film si vede".
Le relazioni pericolose
L'ultima notte è male e bene che si intrecciano, relazioni la cui entità non scopriamo mai veramente. Non ci sono buoni o cattivi e neanche l'epilogo riesce a fugare ogni dubbio. Francesco Barozzi conferma che l'impossibilità di entrare veramente nel cerchio in cui sono invischiati i suoi personaggi era uno degli obiettivi del film: "Ci ho giocato molto anche per tenere dentro la storia lo spettatore" dichiara infatti il regista, "questi meccanismi, legati al thriller e al genere, servono per colpirti, farti rimanere legato a quello che sta succedendo. Poteva essere trattato in un'altra maniera, con questa storia poteva venirci fuori un film d'autore molto pesante, una mattonata invece ho cercato un po' di allontanarmi da questo anche se è stato difficile in una sola location con tre personaggi".
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Horror Avatiano?
Il Torino Film festival ha inserito L'ultima notte nella sezione Afterhours e questa collocazione ha generato nei fan dell'horror una certa aspettativa. Francesco Barozzi commenta i risvolti negativi del voler etichettare un film sotto un genere in particolare: "Questo film è stato considerato e definito un horror padano ma di elementi horror non ce n'è neanche uno. Alcune critiche ci sono piovute addosso, perché pensavano di trovarsi di fronte un horror Avatiano. Purtroppo, a parte alcune suggestioni e ambientazioni, c'è poco di quello ma probabilmente nel futuro farò cose più vicine a questa idea di horror che è stata erroneamente avvicinata a L'ultima notte".