Recensione L'ospite: quando la coppia scoppia. Duccio Chiarini racconta la generazione precaria

Recensione de L'ospite, commedia generazionale del fiorentino Duccio Chiarini che fornisce uno spaccato sui 40enni precari nella vita e nell'amore.

La crisi del maschio si espande, si fa cosmica nel nuovo film di Duccio Chiarini, L'ospite. Dopo l'ottimo esordio con Short Skin (ma già il documentario Hit, the Road Nonna prometteva bene), Chiarini prosegue il suo percorso di autoanalisi cinematografica facendo esplodere le incertezze e i dubbi della generazione precaria in una dimensione cosmica. Paradossalmente in questo caso il protagonista della storia, Guido, è l'unico ad avere le idee chiare e anche se la vita e il lavoro non sono perfetti, l'amore per Chiara lo incoraggia a guardare al futuro. Tutto questo fino al giorno in cui Chiara non comincia a mostrare segni di insofferenza e decide di rimettere tutto in discussione.

L Ospite 4
L'ospite: Daniele Parisi e Daniele Natali in una scena

Nasce dalla richiesta di un po' di spazio per riflettere L'ospite. Lo spaesato Guido (Daniele Parisi, già visto in Orecchie) è costretto a separarsi da Chiara (Silvia D'Amico) e dall'amato divano rosso ed è costretto a bivaccare sui divani altrui, quello dei turbolenti genitori, quello della coppia di amici sposati e con figli (Anna Bellato e Guglielmo Favilla), quello dell'amico farfallone (Daniele Natali). La speranza è che la crisi si risolva presto permettendogli di trovare una nuova intimità con Chiara. Guardandosi attorno, però, Guido scoprirà che tutti intorno a lui sono insoddisfatti, infelici, insicuri, pronti a mettere discussione ogni rapporto, anche il più solido, per via di quell'insofferenza esistenziale che sembra consumare la generazione dei trenta-quarantenni di oggi.

Si ride a denti stretti nell'Italia di oggi

L Ospite 2 Bkvj1Nl
L'ospite: Daniele Parisi in una scena

Duccio Chiarini è portatore di una comicità che nasconde un lato amaro, un mix di battute aspre e fulminanti, retaggio toscano, e di improvvisi capovolgimenti nelle azioni e situazioni. Alcune sequenze de L'ospite, come l'inseguimento a bordo di un auto elettrica per scoprire se Chiara ha un altro o le scaramucce tra i genitori di Guido e le notti insonni del padre a causa del russare della moglie, hanno quasi il sapore di una slapstick comedy, ma le risate si concentrano soprattutto nella prima parte del film (nella cui scrittura si sente a tratti lo zampino di Roan Johnson, coautore della sceneggiatura con Chiarini, Marco Pettenello e Davide Lantieri). Nella seconda parte, però, il discorso si fa più personale, la risposta di Guido alla crisi assume contorni inediti, il protagonista è costretto a crescere, a fare scelte che ne condizioneranno il futuro per trovare una felicità su misura.

L Ospite Locarno 4
L'ospite: Duccio Chiarini a Locarno 71

La precarietà sentimentale come conseguenza della precarietà lavorativa? A prima vista sembrerebbe proprio di sì. Chiara, storica dell'arte costretta a fare la guida turistica per mantenersi, intravedere nel trasferimento in Canada un'opportunità per realizzarsi nel lavoro, cosa che in Italia non le è riuscita. Il letterato Guido persegue la via dell'insegnamento universitario in attesa del miraggio dell'assegno di ricerca. La loro incapacità di progettare un futuro e dei figli deriva da questa precarietà occupazionale. Se volgiamo lo sguardo oltre scopriamo, però, che anche le altre coppie, con figli e situazioni più stabili, sono altrettanto confuse. L'incapacità di prendere decisioni e assumersi impegni sembra ormai penetrata nel DNA dei quarantenni contemporanei come un male generazionale. Di fatto solo i genitori di Guido, nonostante gli scontri e le incompatibilità, riesco a trovare un modo per riavvicinarsi, abituati come sono a "non buttare via tutto come si fa oggi".

Leggi anche: Short Skin: crescere per fare l'amore o fare l'amore per crescere?

Un cast in parte per una commedia dal sapore amaro

Al d là di qualche risata sonora, la comicità che caratterizza L'ospite permea il sottotesto, riguarda la naturalezza dei confronti tra amici e il disordine mentale di Guido, che sfocia nell'ipocondria, nell'ossessione, spingendolo a rendersi ridicolo di fronte agli altri. Duccio Chiarini non forza mai la mano, non vuole far ridere a tutti i costi, preferisce far riflettere dipingendo uno spaccato generazionale che rappresenta le nostre debolezze con grande efficacia. Il merito della riuscita del film sta nella misura con cui Chiarini dirige i suoi attori, i quali si dimostrano tutti in parte, coinvolti e partecipi dei drammi dei loro personaggi. In una breve apparizione troviamo anche la carismatica Thony, già protagonista di Tutti i santi giorni di Paolo Virzì, nei panni di una cardiologa single approdata da poco a Roma, l'unica apparentemente sicura di sé e delle proprie scelte. Come a dire che il lavoro non dà la felicità, certo, ma la conquista del posto fisso contribuisce non poco alla sanità mentale di un individuo.

Movieplayer.it

3.5/5