Negli ultimi giorni a Locarno 2018 sono apparsi divanetti rossi che invitano il pubblico svizzero a sedersi e fruire liberamente di questo comodo spazio. E' questa la curiosa strategia promozionale legata al passaggio in Piazza Grande de L'ospite, anteprima mondiale del secondo lungometraggio di Duccio Chiarini. La voglia di realizzare una commedia generazionale italiana, ma dal respiro internazionale, ha spinto Chiarini a coprodurre il film, girato e ambientato a Roma, con partner svizzeri e francesi. Al momento il film è ancora in cerca di una distribuzione italiana, ma l'augurio è che il successo locarnese dia l'impulso giusto a far uscire questa commedia che racconta con acuta malinconia la generazione dei precari esistenziali, i 40enni di oggi.
Dopo la visione de L'ospite, sono in molti ad aver lodato l'equilibrio che il film emana. Il fiorentino Duccio Chiarini specifica: "La ricerca di un tono, di una linea narrativa in bilico tra commedia e dramma è sempre stata un punto di riferimento nella scrittura. Questo approccio è ciò su cui ho cercato di lavorare, c'è sempre stata una continua ricerca di verità nel modo di parlare e relazionarsi dei personaggi. Spero di continuare in questa direzione, questo è solo il mio secondo film. Amo essere aderente al quotidiano". Il regista prosegue: "L'unica scena urlata del film è quella che ha messo meno a essere girata, l'abbiamo fatta in soli 6 ciak. Questo ci insegna che per approfondire ci vuole tempo".
Una commedia a cavallo tra autobiografia e... Woody Allen
Così come il precedente Short Skin, anche L'ospite affronta il tema della crisi del maschio italiano. Dal film emana un sapore autobiografico ed è lo stesso Duccio Chiarini a confermare di parlare di "cose che sento molto vicine. Questo film è nato da uno spunto autobiografico, c'è qualcosa di me, è come specchio diviso in frammenti e ognuno dei frammenti è un personaggio. Non solo Daniele, ma anche gli altri attori hanno molto di me". Il regista fa chiarezza anche sul contributo dei co-scenggiatori che figurano nei credits: "Avevo scritto il film 10 anni fa, l'approccio legato al maschile era molto diverso. Nel frattempo ho girato Short Skin, sono cambiato, ma rileggendo questo film mi ha colpito questo senso di deriva, di spaesamento. Sono ripartito da lì prima con la collaborazione di Marco Pettenello e poi in solitaria per raccontare temi più personali".
Anche se le donne hanno un ruolo centrale nel film, e Chiarini si produce in una galleria di personaggi tutti interessanti e sfaccettati, il punto di vista attraverso cui la crisi di una coppia viene raccontata ne L'ospite è rigorosamente maschile. Focus del racconto è Guido, interpretato da un efficace Daniele Parisi, il cui quotidiano viene smantellato quando la compagna gli chiede "del tempo per riflettere". "L'idea era quella di ironizzare sulla visione che l'uomo ha della donna e della facoltà di disporre della vita del corpo delle donne" spiega Duccio Charini. "Quello che si legge oggi giorno sui giornali è drammatico, ma esiste una società maschile spaesata, di cui non si parla, che deve relazionarsi con donne libere, disinibite, che poco somigliano alle loro madri. Gli uomini non riescono più a venire a patti con il loro lato maschile e si devono riadattare. In questa visione influisce anche la mia formazione, il Woody Allen di Provaci ancora, Sam. Volevo ribaltare alcuni stereotipi, così abbiamo inserito scene buffe come un inseguimento per gelosia, ma con un'auto elettrica".
La parola al cast
A parlare sono i protagonisti de L'ospite, Daniele Parisi e Silvia D'Amico, interpreti di Guido e Chiara, coppia che scoppia dando il là al racconto. Parlando dell'esperienza sul set, Daniele Parisi conferma: "C'è stato un gran lavoro di sottrazione, abbassare tutto ha contribuito a creare un personaggio portatore di un maschile diverso, di una fragilità inedita, quello che io chiamerei non più un maschio alfa, ma un maschio delta. Però dissento sulle generalizzazioni. Io mi vedo molto distante da Guido". Racconta Silvia D'Amico: "Questo lavoro è partito da una ricchezza di informazioni, da un'analisi approfondita. Il realismo psicanalitico ha trasformando i personaggi in una tipologia, sono tutte figure piene di dubbi e di domande. La crisi colpisce tutte le coppie, diventa qualcosa di oggettivo e approfondito".
Ad Anna Bellato è andato uno dei ruoli più delicati, quello dell'amica di Guido, sposata e incinta del secondo figlio. Apparentemente pacificata, ma con l'animo in subbuglio. "Io sono una madre anche nella vita" spiega la Bellato "e interpretare una donna incinta in crisi è stata un'esperienza complessa. Duccio ha dipinto con grande delicatezza la situazione tracciando una figura che sulla carta può sembrare spiazzante, respingente. Nella nostra cultura una donna incinta che mette in discussione il matrimonio non è ben vista, ma il tema è stato affrontato con grande tatto". Aggiunge Thony, che dà volto a Roberta, la più libera e sicura del gruppo: "Lavorare con Duccio è stata un'esperienza particolare, lui era attento a ogni parola, addirittura alle congiunzioni. Aveva una visione globale del film e di tutti i personaggi, ogni parola era importante. Lì per lì è stato spiazzante, ma quando ho visto il film ho capito che questa attenzione era necessaria per ottenere questo risultato". Parlando dell'attenzione alle quattro figure femminili, presenza fondamentale nel film, Duccio Charini conclude: "Nella mia vita le donne sono tante e predominanti, con tanti ruoli diversi. Sono cresciuto in una famiglia in cui le donne sono numerose e importanti, se devo parlare di un problema il più delle volte preferisco farlo con una donna. Unisce cuore e sentimento, l'uomo è più pigro, si lascia scoraggiare subito".