È proprio vero che la storia segue dei cicli e che spesso come si suol dire "l'assassino torna sul luogo del delitto". Ogni giorno ascoltiamo le notizie che ci provengono dall'Ucraina, con il recente conflitto alle porte dell'Europa che vede ancora una volta la Russia direttamente coinvolta, al centro di una partita geopolitica sicuramente limitata sul campo a suddetti territori ma dalla portata ben più globale.
Ma come vi raccontiamo nella recensione de L'ombra di Stalin, più volte in passato la situazione tra i due Paesi è stata assai tesa e in particolare si ricorda con orrore il cosiddetto Holodomor, ovvero la carestia che nel biennio 1932-1933 ha provocato milioni di morti e fu voluta proprio dal governo comunista dell'allora Unione Sovietica. Una situazione documentata grazie all'impegno del giornalista gallese Gareth Jones, la cui incredibile vicenda è raccontata proprio nel film qui oggetto d'analisi.
Dimmi la verità
Nel 1933 Jones è un reporter sulla cresta dell'onda che, tramite la ditta di un collega, era già riuscito a ottenere un'intervista esclusiva con Adolf Hitler. Subodorando l'inizio di una potenziale guerra con la Germania, Jones si convince a voler interpellare anche Stalin per sapere, qualora il conflitto dovesse effettivamente scoppiare, quanto la Russia sarebbe stata pronta a rispondere alla minaccia e ad appoggiare o meno la Gran Bretagna. Giunto a Mosca sotto molte restrizioni e con un visto limitato a soltanto due giorni di permanenza in un hotel selezionato appositamente, il protagonista fa la conoscenza della collega Ada, la quale lo mette in guardia su quanto sta realmente accadendo e di come il piano di modernizzazione del Paese sia basato sullo sfruttamento della povera gente e in particolare dei territori ucraini, da dove proviene una delle maggiori fonti di ricchezza, il grano. Jones decide allora di recarsi clandestinamente proprio in Ucraina, con lo scopo di vedere la realtà coi propri occhi e documentare al mondo intero quanto sta accadendo all'oscuro di tutti.
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Carne al fuoco
Inizialmente si assiste ad una sorta di inchiesta giornalistica ambientata in un contesto d'epoca, con vaghe atmosfere noir che fanno capolino nel breve soggiorno russo di Jones, alle prese con locali notturni e colleghi più o meno subdoli, con tanto di lady - poco dark - ad accompagnarlo e a innescare la successiva svolta narrativa. Da metà in poi L'ombra di Stalin si instrada su una sorta di survival movie ante litteram, con la disperata lotta per la sopravvivenza del Nostro in quel territorio ucraino dove la bianca neve perenne si trasforma in nera mietitrice, con decine e decine di persone ridotte alla miseria e cadaveri che spezzano la monotona coltre candida. La fuga nel bosco, il saltare da un treno all'altro, l'incontro con dei bambini: dinamiche affini alle spy story più rurali fanno capolino qua e là e immergono con la giusta, drammatica, atmosfera nell'asperità della situazione ambientale.
Animali e uomini
Infine l'ultima parte, con la definitiva resa dei conti tra la verità e il tornaconto politico, quando i giochi di potere rischiano di sopprimere definitivamente la realtà: circostanze di comodo che non sono cambiate neanche nel mondo contemporaneo e che hanno qui rischiato di far restare tutto in un limbo, prima che poi venisse naturalmente tutto svelato all'opinione pubblica - altrimenti non saremmo qui neanche a parlare del film in questione. Interessante la presenza del personaggio di George Orwell e del voice-over nel quale questi recita alcuni passaggi di un suo grande classico quale La fattoria degli animali, a voler sottolineare come abbia preso spunto da quanto appreso per raccontarne una sua versione in forma metaforica, dove le creature a quattro zampe diventano un contraltare delle nefandezze degli uomini. L'ombra di Stalin può inoltre contare su un solido cast e sull'altrettanto ferma regia della cineasta polacca Agnieszka Holland, capace da sempre di raccontare sguardi e sensazioni dell'est-Europa - ma non solo - con una sensibilità amara e toccante.
Conclusioni
L'idealismo del reporter Gareth Jones, autore di alcuni articoli negli anni Trenta che hanno svelato al mondo intero il cosiddetto Holodomor, ovvero la carestia provocata dall'Unione Sovietica nei territori ucraini e che ha causato milioni di vittime, rivive in questo intenso e sfaccettato thriller biografico diretto da Agnieska Holland. Come vi abbiamo raccontato nella recensione de L'ombra di Stalin, ci troviamo davanti a un film ricco di suggestioni, che passa da toni noir e drammatici a istinti ansiogeni da puro survival movie d'epoca: un mix che dopo l'impatto iniziale avvince al punto giusto, restituendo al grande pubblico una storia dimenticata dai più.
Perché ci piace
- Teso al punto giusto, abile a districarsi tra le sue diverse anime.
- Ottimo cast e solida regia da parte di Agnieszka Holland.
Cosa non va
- Qualche sporadica ingenuità nella gestione forzata delle figure secondarie.