Il Festival di Berlino ci ha regalato un James Mangold decisamente rilassato. L'ottima accoglienza riservata in terra tedesca al suo Logan - The Wolverine ha sciolto i dubbi, le tensioni e le ansie della vigilia. La saga di Wolverine si conclude con una pellicola solida, per certi versi innovativa, che sfida l'obbligo del "PG-13" inserendo ampie scene di violenza decisamente crude tanto da ricevere, in America, il visto "R".
James Mangold svela che non è stato poi così difficile convincere Fox a tentare per la seconda volta dopo Deadpool l'azzardo del comic movie "per adulti". Logan è un film rabbioso, pieno di violenza e dolore, ma naturalmente anche di humor. Lo stesso humor che il regista sfodera per spiegare come la ricerca di una nuova formula nei film di supereroi sia necessaria per evitare di ripetersi all'infinito: "Tutti hanno capito che la vecchia formula sta diventando noiosa. Questa gara dei film a essere più grandiosi l'uno dell'altro... tu distruggi una città io distruggo uno Stato, tu distruggi uno Stato, io distruggerò la Terra, tu distruggi la Terra, io distruggerò la galassia, tu hai cinque mutanti, o supereroi, io ne ho sette, tu ne hai sette, noi ne avremo dieci... a un certo punto diventa stupido. Non è più un film, sono le olimpiadi tra due film che competono sui numeri".
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Pur non nascondendo il suo interesse a tornare a collaborare con l'eccezionale Dafne Keen, rivelazione di Logan, James Mangold non si sbilancia e ammette di non sapere cosa riserva per lui il futuro dell'X-Men franchise. Nel salutarci il regista assicura, però, che il suo prossimo lavoro avrà un tema completamente diverso: "Non ho idea di cosa farò in futuro. Tutto ciò che so è che il mio prossimo film non sarà un film sugli X-Men. Non dovrò girare tre X-Men movie uno dietro l'altro".