Locarno 2010, giorno 4: Figli, bamboccioni e clonazioni
John C. Reilly e Chiara Mastroianni hanno illuminato la giornata di ieri, che ha visto, inoltre, l'arrivo a Locarno di Valeria Golino e Riccardo Scamarcio nell'inedita veste di registi e produttori.
Calorosa accoglienza per John C. Reilly, attore amatissimo da grandi autori come Scorsese e Paul Thomas Anderson, che approda a Locarno armato di cappello di paglia e di una risata contagiosa. Simpatico e gioviale, l'attore si gode il meritato successo e la retrospettiva che il festival svizzero gli ha tributato accompagnando il suo Cyrus, pellicola indie concepita su misura per lui dai fratelli Duplass e prodotta da altri due fratelli celebri: Ridley e Tony Scott. Cyrus è un film in perfetto stile Sundance che riunisce molti degli stilemi tipici del cinema indie americano contemporaneo, oltre a godere di un cast perfetto capitanato dal tenero Reilly e da una splendida Marisa Tomei. Il titolo del film si riferisce al nome del figlio cresciutello della Tomei che, a ventun anni suonati, invoca la madre nel cuore della notte per farsi coccolare simulando attacchi di panico e non accetta di dividere l'affetto della genitrice con altri uomini. A incarnarlo è il paffuto Jonah Hill che, con una vena di perfidia, crea uno dei personaggi più fastidiosi e fintamente buonisti apparsi di recente sul grande schermo. Semplicemente perfetto!
Il pubblico che, resistendo al freddo serale, ha proseguito la serata in Piazza ha scoperto il segreto del Natale. Il simpatico ometto barbuto che si spaccia per Babbo Natale, in realtà, non è così buono come si narra. Col suo Rare Exports: A Christmas Tale, commedia nera fantasy con venature horror che strizza l'occhio al primo Carpenter e a Spielberg, il regista Jalmari Helander prende per mano lo spettatore trascinandolo in un viaggio rocambolesco nella sgangherata Finlandia. Dopo la visione del film il Natale non sarà più lo stesso.
Ieri non è stato solo il giorno di John C. Reilly. Anche l'Italia ha fatto la sua parte con l'arrivo a Locarno della coppia più bella del cinema italiano, Valeria Golino e Riccardo Scamarcio, lei in veste di regista del corto Armandino e il Madre, lui, poliedrico, interprete e produttore di Diarchia, dove divide la scena col francese Louis Garrel. I due lavori testimoniano la volontà del cinema italiano di ritargliarsi spazi 'altri' al di fuori della logica tradizionale della distribuzione. Come spiega l'altro produttore di Diarchia, Luca Guadagnino, regista assai apprezzato all'estero grazie al melò Io sono l'amore, non esiste un mercato italiano di cortometraggi, ma la presenza di Scamarcio, interprete amato da molti autori in Europa, garantisce l'attenzione del circuito internazionale. Chissà che l'intrigante Diarchia e il partenopeo Armandino e il Madre non aprano la strada ad altre opere interessanti e coraggiose realizzare da giovani esordienti italiani.
E italiana, almeno in parte, è anche la madrina di questa edizione del festival, Chiara Mastroianni, giunta a Locarno per ricevere l'Excellence Award Moet & Chandon. L'attrice è presente in concorso col discusso - e discutibile - Homme au bain, ingresso nel cinema d'autore del pornodivo Francois Sagat. La presenza della Mastroianni (legata a un rapporto di fiducia al regista Christophe Honoré che, di recente, l'ha diretta in Non ma fille, tu n'iras pas danser) e una certa intensità che dobbbiamo riconoscere a Sagat, non bastano a distoglierci dall'idea che il film di Honoré sfrutti la presenza dell'icona pornogay più per la sua torbida fama che per le reali necessità artistiche del film. Film che, a dirla tutta, si presenta come un'opera impressionista e slegata, un collage di immagini in libertà dove a fungere da collante sono il corpo nudo del solitario Emmanuel e quelli dei suoi numerosi amanti. Pulsioni sessuali, isolamento, incomprensione e omosessualità sono stati portati in scena con altra sensibilità e altri risultati da autori come Gus Van Sant e John Cameron Mitchell, perciò non vi è niente di nuovo sotto il sole al di là di una giustificata curiosità alimentata dalle voci scandalistiche.
Non convince pienamente neppure Womb di Benedek Fliegauf. Nonostante la grande cura formale del regista ungherese e la presenza della magnetica Eva Green, la sceneggiatura della pellicola pecca nello sviluppo di un'idea potenzialmente ottima: il dramma della perdita superato attraverso la clonazione. Il tema della clonazione viene spesso affrontato da generi come fantascienza e horror e mentre in questi giorni imperversa nei cinema italiani il raccapricciante Splice, si attende l'uscita del malinconico dramma inglese Never Let Me Go, adattamento dell'omonimo romanzo di Kazuo Ishiguro. La pellicola di Fliegauf evita, però, di fornire qualsiasi tipo di risposta ai pesanti quesiti posti facendo affidamento unicamente sulle suggestive ambientazioni e sulle belle inquadrature, senza curarsi troppo di sceneggiatura e dialoghi (il vero punto debole del film). Un'occasione perduta?
Convince pienamente la critica, invece, l'opera prima del rumeno Marian Crisan, che con il cortometraggio Megatron si è aggiudicato la Palma d'Oro a Cannes nel 2008. In Morgen, Crisan affronta con toni inediti il dramma dell'immigrazione clandestina, argomento trattato da moltissimi film che, in questo caso, testimonia ancora una volta la vitalità del giovane cinema rumero. Quello di Crisan non è l'unico esordio rumeno in competizione visto che tra pochi giorni sarà la volta di Periferic di Bogdan George Apetri. Vedremo se anche questa pellicola confermerà il trend positivo.