Lo scontro di due epoche, l'incontro di due cuori
A volte la percentuale di prevedibilità rilevabile in una pellicola è talmente elevata, che la proiezione stessa si rivela un processo futile e superfluo. Una locandina che stronca sul nascere qualsiasi aspettativa, come del resto un titolo che già dice tutto.
Kate è infatti il nome -fra l'altro comunissimo- della protagonista femminile di questa commedia romantica, magistralmente interpretata da una poliedrica Meg Ryan, pronta a trasformarsi da cinica, aggressiva e arrivista donna d'affari, ad una dolce ed innocente sognatrice, che inaspettatamente si ritrova a vivere una travolgente storia d'amore. Il suo principe azzurro è (indovinate un po'?!) Leopold, Duca d'Albany dell'età vittoriana, nonché artefice di quell'invenzione che prenderà poi il nome di ascensore.
Lei: di bell'aspetto, d'animo apparentemente forte ma in realtà profondamente fragile, delusa ed insicura, con il cuore immancabilmente spezzato e con un irresistibile sorriso sbarazzino (nonostante gli impercettibili quarant'anni della Fidanzatina d'America!).
Lui: l'affascinante rampollo di una famiglia aristocratica, distinto e galante: un perfetto gentleman, elegante e premuroso, che non cessa mai di sorprendere.
La scintilla della banale prevedibilità, già sfacciatamente accesa da quella & che congiunge i due nomi, divampa in fiamma dirompente quando lo spettatore assiste al primo incontro: ormai sa per certo che sarà un avvenimento fatale per la vita di entrambi, e aspetta solo con nervosa impazienza il lieto fine -quella stucchevole minestra, ricotta e ribollita fino all'esasperazione, del "...e vissero tutti felici e contenti", che gli propinano da sempre- per imprimere indelebile, su questa pellicola, il deludente marchio di spudoratamente scontata.
Ed è proprio a questo punto che interviene la genialità di James Mangold, che trattiene quella mano smaniosa di esprimere la propria indignazione, e la lascia sospesa nell'aria, imprigionandola in quella particolare atmosfera da favola che, in fondo, solo il tanto criticato cinema americano sa creare.
Niente effetti speciali. Nessuna scenografia strabiliante. Soltanto una concreta quotidianità, la corrotta e degradata quotidianità a cui siamo abituati, una New York nuda e cruda, priva di patriottiche trasfigurazioni, in cui per far carriera basta saper "smerciare un po' di immonda poltiglia".
A colorare questa grigia e squallida realtà ci pensa un uomo, newyorkese anche lui, che dal 28/04/1876 viene misteriosamente catapultato nel XXI secolo, con le immaginabili bizzarre conseguenze.
Un romantico viaggio nel tempo, che racconta di un amore che non conosce limiti, che oltrepassa ogni confine cronologico, che trionfa su tutto.
La trama non spicca certo per originalità, eppure Kate & Leopold riesce a far abbassare le difese allo spettatore, affannato dai disagi della quotidianità, facendogli vivere l'effimera ma affascinante illusione che esiste una via attraverso la quale il sogno finalmente diventa realtà: la via dell'Amore.
Seguire il cuore senza timore: questa l'esortazione che sembra lanciarci Mangold, attraverso la maestosa e stupefacente interpretazione dell'australiano Hugh Jackman.
Infine, regna sovrano assoluto l'immancabile tema mitico del Destino, intriso della sua straripante ironia, che si prende beffa ancora una volta della ridicola sicurezza dell'uomo: "(...)Ma non avevo tenuto conto del destino, quel grande groviglio di caso e inevitabilità".