Cannes 2015 si prepara a far calare il sipario: domani sera, dopo undici giorni di proiezioni, conferenze stampa e red carpet, la giuria presieduta dai fratelli Coen annuncerà i vincitori della 68esima edizione del Festival cinematografico più prestigioso del pianeta. Un'edizione che, quest'anno, ha visto in gara per la Palma d'Oro tre fra gli indiscussi "pezzi forti" del cinema italiano contemporaneo: Nanni Moretti con il dramma intimista e metacinematografico Mia madre, Matteo Garrone con la sua suggestiva rivisitazione delle fiabe di Giambattista Basile ne Il racconto dei racconti e Paolo Sorrentino con la sua malinconica esplorazione dell'animo umano e della memoria in Youth - La giovinezza.
Aspettando di scoprire quali saranno i titoli e gli attori premiati a Cannes 2015, e se uno dei tre registi italiani figurerà nel palmares, approfittiamone per ripercorrere la storia del "rapporto" fra l'Italia a Cannes: il Festival francese, infatti, ha fornito un contributo imprescindibile alla consacrazione, sullo scenario internazionale, di alcuni fra i più importanti autori del nostro cinema. Partendo dalle origini, ed arrivando fino ai giorni nostri, ecco dunque una panoramica dettagliata sull'appassionata liaison fra Cannes e l'Italia...
Le prime Palme, da Rossellini a De Sica
Il 'debole' di Cannes nei confronti del cinema italiano risale addirittura alle origini del Festival, che viene inaugurato nel 1939 per poi essere soppresso nel periodo dell'occupazione nazista della Francia. Nel 1946, alla riapertura del Festival di Cannes, eccezionalmente a un totale di undici pellicole viene attribuito il Grand Prix du Festival International du Film: fra queste undici vi è anche Roma, città aperta di Roberto Rossellini, pietra miliare del neorealismo. Il massimo riconoscimento del Festival verrà attribuito all'Italia per due edizioni consecutive, all'inizio del decennio successivo: nel 1951 Miracolo a Milano, affettuosa incursione dell'elemento fantastico nel contesto del neorealismo e nello scenario dell'Italia martoriata dal conflitto, fa conquistare il Grand Prix (l'antenato della Palma d'Oro) a Vittorio De Sica, in ex aequo con La notte del piacere di Alf Sjöberg. Un anno più tardi Due soldi di speranza, delicato racconto sentimentale di ambientazione popolare diretto da Renato Castellani, ha l'onore di condividere il Grand Prix con Othello di Orson Welles.
Fellini e Visconti a Cannes: La dolce vita e Il Gattopardo
Il Festival di Cannes non mancherà di riconoscere il talento dei due registi italiani più celebrati a livello mondiale fra gli anni Quaranta e gli anni Settanta: il riminense Federico Fellini e il milanese Luchino Visconti. Dopo aver fatto vincere alla sua moglie e musa, Giulietta Masina, il premio come miglior attrice al Festival del 1957 grazie a Le notti di Cabiria, all'edizione di Cannes del 1960 Fellini sbalordisce la critica di tutto il mondo grazie a La dolce vita, ritratto grottesco e barocco della Roma alto-borghese, opulenta, festaiola e dai tratti decisamente inquietanti; destinato a diventare uno dei maggiori film evento nella storia del cinema, La dolce vita viene incoronato a Cannes con la Palma d'Oro, primo tassello di un trionfo che approderà anche in America. Nel 1963 è invece Luchino Visconti ad essere insignito della Palma d'Oro grazie al suo progetto più ambizioso e imponente: Il Gattopardo, fastosa trasposizione del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa ambientato nella Sicilia a cavallo fra l'invasione garibaldina e l'unità d'Italia, con un indimenticabile Burt Lancaster.
Il caso Antonioni: dai fischi per L'avventura alla Palma con Blow-up
Un altro cineasta la cui carriera è legata in maniera assai stretta al Festival di Cannes è senz'altro il ferrarese Michelangelo Antonioni. All'edizione del Festival del 1960 (l'anno de La dolce vita) la proiezione de L'avventura, opera seminale che rompe con le convenzioni narrative del passato per esplorare il vuoto interiore della protagonista (una magnetica Monica Vitti), si conclude con sonori fischi da parte della stampa; la giuria del Festival, tuttavia, si dimostrerà più acuta e lungimirante, ricompensando Antonioni con il Premio della Giuria. Un altro Premio della Giuria arriva due anni più tardi, nel 1962, per L'eclisse, con Monica Vitti e Alain Delon, film che chiude la "trilogia dell'incomunicabilità" cominciata proprio con L'avventura. Infine, al Festival del 1967, la giuria di Cannes si inchina di fronte a Blow-up, innovativo thriler ambientato nella Swinging London e incentrato sul tema dell'ambiguità dello sguardo: enorme successo internazionale, interpretato da David Hemmings e Vanessa Redgrave, Blow-up ottiene la Palma d'Oro dopo aver già ricevuto due nomination agli Oscar per regia e sceneggiatura.
Il cinema di Pietro Germi: vizi privati e pubbliche virtù
Fra gli autori più originali e innovativi del cinema italiano degli anni Sessanta, il genovese Pietro Germi si è rivelato un autentico maestro nella descrizione, cinica e impietosa, delle contraddizioni, dei falsi moralismi e delle piccole e grandi ipocrisie della società dell'epoca: a partire dal suo film più noto e celebrato a livello mondiale, Divorzio all'italiana, che oltre a ricevere il premio Oscar per la miglior sceneggiatura viene ricompensato al Festival di Cannes 1962 con un riconoscimento speciale come miglior commedia. La stima di Cannes nei confronti di Germi, tuttavia, è solo all'inizio: al Festival del 1964, il siciliano Saro Urzì viene eletto miglior attore per la sua interpretazione del padre intransigente e bigotto di una giovanissima Stefania Sandrelli in Sedotta e abbandonata. Due anni più tardi, al Festival del 1966, Germi vince la Palma d'Oro (ex aequo con Un uomo, una donna di Claude Lelouch) grazie alla commedia a episodi Signore & signori, un ferocissimo ritratto della provincia veneta e delle meschinità della classe borghese.
Il cinema italiano va in paradiso: Elio Petri e Francesco Rosi
Un altro autore italiano che a Cannes riceverà la sua consacrazione è Elio Petri, che ottiene il Gran Premio della Giuria al Festival del 1970 grazie al suo indimenticabile cult Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, per il quale l'anno seguente otterrà anche l'Oscar per il miglior film straniero. Ma è al Festival di Cannes del 1972 che il cinema nostrano mette a segno una clamorosa doppietta, tuttora ineguagliata, con due titoli che si aggiudicano a pari merito la Palma d'Oro come miglior film: La classe operaia va in paradiso di Elio Petri, corrosiva descrizione delle lotte di classe dei primi anni Settanta e della furibonda alienazione dell'operaio Lulù; e Il caso Mattei di Francesco Rosi, rigorosa ricostruzione della carriera e della misteriosa morte di Enrico Mattei, Presidente dell'ENI, scomparso dieci anni prima in un incidente aereo. Curiosamente, il protagonista di entrambi i film è un travolgente, straordinario Gian Maria Volonté, il quale a sua volta verrà insignito del premio come miglior attore a Cannes nell'edizione del 1983, per la sua interpretazione nel film La morte di Mario Ricci di Claude Goretta.
I maestri degli anni Settanta: da Pasolini e Scola ai Taviani
Dopo la storica doppia Palma del 1972, nel corso dei dieci anni successivi il cinema italiano continua a riscuotere consensi enormi sulla Croisette. Pier Paolo Pasolini, ad esempio, porta in concorso al Festival del 1974 Il fiore delle Mille e una notte, terzo tassello della sua "trilogia della vita", caratterizzata da un erotismo sfrontato e vitalistico, vincendo il Gran Premio della Giuria. Al Festival del 1976, Ettore Scola si aggiudica il premio per la miglior regia grazie a Brutti sporchi e cattivi, cinica e grottesca rappresentazione dello squallore quotidiano in una baraccopoli della periferia romana; Scola vincerà anche il premio per la miglior sceneggiatura nel 1980 per La terrazza. Al Festival di Cannes del 1977 la Palma d'Oro viene assegnata a Padre padrone, adattamento dell'omonimo romanzo di Gavino Ledda su un contrastato rapporto con la figura paterna, diretto da Paolo Taviani e Vittorio Taviani; i fratelli Taviani torneranno a riscuotere consensi a Cannes al Festival del 1982 con La notte di San Lorenzo, cronaca della guerra civile e della Resistenza in un paesino nella campagna toscana, ricompensato con il Gran Premio della Giuria. Altra annata memorabile per il cinema italiano è il 1978, edizione contrassegnata dalla vittoria dei due massimi premi del Festival: la Palma d'Oro viene attribuita a L'albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, realistico affresco della vita contadina nella campagna del Bergamasco, mentre il Gran Premio della Giuria va a Marco Ferreri per la commedia surreale e grottesca Ciao maschio, con Gérard Depardieu.
Loren, Mastroianni, Gassman: divi italiani a Cannes
Fra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta sono assai numerosi i casi di interpreti italiani incoronati al Festival di Cannes. Oltre ai casi già citati, fra i più prestigiosi va citata senz'altro Sophia Loren, che al Festival del 1961 vince il premio come miglior attrice per la sua struggente prova nel dramma a sfondo bellico La ciociara di Vittorio De Sica, trofeo a cui poco dopo si aggiungerà anche l'Oscar. Nel 1970 è un altro volto simbolo del cinema italiano nel mondo, Marcello Mastroianni, a conquistare il premio come miglior attore a Cannes per la parte dello stralunato fidanzato di Monica Vitti in Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca di Ettore Scola; il suo comprimario nella commedia di Scola, Giancarlo Giannini, verrà premiato invece a Cannes nell'edizione del 1973 per Film d'amore e d'anarchia, ovvero stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza di Lina Wertmüller. Nel 1975, il trofeo come miglior attore se lo aggiudica uno splendido Vittorio Gassman, l'ex militare cieco protagonista del classico Profumo di donna di Dino Risi. Al Festival del 1975, la giuria di Cannes incorona Ugo Tognazzi per la sua interpretazione ne La tragedia di un uomo ridicolo, per la regia di Bernardo Bertolucci. Infine, al Festival del 1987, Marcello Mastroianni si aggiudica il suo secondo premio come miglior attore grazie a Oci ciornie, film intimista e malinconico diretto dal regista russo Nikita Mikhalkov, che farà guadagnare a Mastroianni anche la sua terza candidatura all'Oscar.
Da Nuovo Cinema Paradiso al trionfo di Nanni Moretti
Nel 1989, dopo un periodo di relativo 'declino' rispetto ai fasti dei decenni precedenti, il cinema italiano sembra tornare sulla cresta dell'onda a livello internazionale con Nuovo Cinema Paradiso, rievocazione di un'infanzia in un piccolo paese siciliano ad opera di Giuseppe Tornatore: il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes è il viatico per uno strepitoso successo in tutto il mondo, che culminerà con la vittoria dell'Oscar per il miglior film straniero. Nel 1992 il Gran Premio della Giuria viene assegnato invece a Gianni Amelio per Il ladro di bambini, racconto del viaggio di un giovane carabiniere verso la Sicilia insieme a due bambini, mentre al Festival del 1998 ad aggiudicarsi il Gran Premio della Giuria è La vita è bella di Roberto Benigni, tragicommedia ambientata all'epoca delle deportazioni naziste: la pellicola di Benigni diverte e commuove le platee di ogni angolo del pianeta, trasformandosi in un fenomeno senza precedenti consacrato dalla vittoria di tre premi Oscar. Ma il regista più amato dai giurati di Cannes a partire dagli anni Novanta è senz'altro Nanni Moretti, che al Festival del 1994 si vede insignito del premio per la miglior regia grazie all'acclamata commedia autobiografica Caro diario; in seguito, al Festival di Cannes del 2001, Moretti riporterà in Italia il trofeo più ambito, la Palma d'Oro, grazie a La stanza del figlio, lucidissimo dramma sull'elaborazione del lutto di una famiglia devastata dalla morte del figlio adolescente.
Italia alla riscossa con Garrone e Sorrentino
Il 2008 rappresenta un altro anno 'storico' nell'ambito della rinascita del cinema italiano contemporaneo: è infatti l'anno in cui, al Festival di Cannes, sono incoronati sia Matteo Garrone che Paolo Sorrentino. Garrone riceve il Gran Premio della Giuria grazie alla sconvolgente immersione nell'universo della criminalità campana di Gomorra, trasposizione del libro di Roberto Saviano, mentre Sorrentino vince il Premio della Giuria per Il Divo, ritratto tenebroso e grottesco di Giulio Andreotti, il cui ruolo è affidato a un maestoso Toni Servillo. Al Festival del 2010, è Elio Germano a imporsi come miglior attore per la parte di un giovane padre di famiglia ne La nostra vita di Daniele Luchetti. Matteo Garrone torna a raccogliere applausi a Cannes nel 2012 con Reality, impietosa satira di una società ossessionata dai reality show, che gli vale il suo secondo Gran Premio della Giuria; ed è ancora il Gran Premio della Giuria a sorridere al cinema italiano nel 2014, quando a sorpresa il secondo gradino più alto del palmares viene occupato da Alice Rohrwacher con il suo ritratto di una famiglia di apicoltori della campagna umbra ne Le meraviglie. L'anno prima, i giurati di Cannes avevano lasciato invece a mani vuote La grande bellezza, destinato però a riscattarsi fino a portare Sorrentino sul palco dell'Academy...