Il 14 settembre, dopo la presentazione all'interno della sezione Notti Veneziane delle Giornate degli Autori 2023, grazie a I Wonder Pictures in collaborazione con Unipol Biografilm Collection è arrivato nelle sale L'invenzione della neve (qui la nostra recensione), film diretto da Vittorio Moroni con protagonista Elena Gigliotti nel ruolo di Carmen.
Al centro della trama c'è una donna che agisce usando bugie, manipolazioni e seduzione nel tentativo di non perdere sua figlia e l'uomo che pensa di amare, Massimo.
Il regista e l'attrice hanno presentato il progetto in occasione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, svelando qualche retroscena sulla realizzazione dell'intenso film.
L'importanza dell'animazione
Uno degli elementi più interessanti del film L'invenzione della neve sono le sequenze animate realizzate da Gianluigi Toccafondo e Vittorio Moroni ha dichiarato: "Le animazioni sono nate con il film, con l'idea stessa del film perché, a mio parere, questo film sono due film, ci sono due strade. Una è la strada che ci racconta come il mondo tratta Carmen, questa donna che ama in un modo inaccettabile e un po' discutibile, anche per me che l'ho conosciuta nella realtà e ho provato a raccontarla nel film, e al tempo stesso c'è anche un'altra strada, quella che cerca di immergersi nel mondo interiore di Carmen, che addirittura "visualizza" questo suo mondo interiore". Il filmmaker ha aggiunto: "Questa favola, che Gianluigi Toccafondo ha dipinto nel modo più suggestivo, rappresenta la speranza di Carmen e la possibilità, eventualmente, di non aderire a un giudizio morale sulle sue scelte, di non sempre condividerle, e al tempo stesso di non farle sottrarre dalle fatiche. Più il personaggio mi racconta di sé, più mi sembra di intuire da dove arrivano le sue scelte, anche le più discutibili e sbagliate. A un certo punto queste due strade si incrociano, una va in collisione con l'altra. Mentre Carmen ribadisce e grida al mondo che il suo giardino può diventare una giungla nella quale d'estate può nevicare, che rasenta la follia, al tempo stesso il mondo cerca di proteggere gli altri da Carmen, da questa donna, da questo animale pericoloso".
Il lavoro dell'artista ha influenzato anche quello degli attori, come ha svelato Elena Gigliotti: "Mi riallaccio a questa parola, 'animale' perché le animazioni ci hanno portato proprio in un mondo di animali e abbiamo lavorato molto sull'essere "animale" di questa donna, partendo dalla figura della tigre che ho tatuato realmente sulla mia schiena perché mi è sembrato realmente un modo per impersonare la vita di questa donna, e viceversa. Faccio fatica a capire dove finisce Carmen e dove finisce Elena. Giada, la bambina che appare nel film, nella vita reale è mia nipote. Tante delle cose che trovate nel film, dal punto di vista della scenografia, vengono da casa mia.La favola mi ha permesso, in qualche modo, di portarmi nella fantasia di questo animale e per me rappresenta l'impossibile di questo personaggio. Si tratta di un personaggio che crede nell'impossibile e la favola, l'animazione, è una fantasia di sopravvivenza. Ci sono delle persone che vivono storie terrificanti, ma non per questo vuol dire che dentro sia lo stesso. La favola si intreccia con la sua vita, che è molto cruda e allo stesso tempo contiene quei segni di fantasia e l'animale è, in qualche modo il personaggio che l'accompagna: è una tigre chiusa in una gabbia, ma al tempo stesso quando esce si difende, che aggredisce perché viene aggredita, ma non per forza per riflesso. Non cerchiamo in qualche modo di giustificarla, ha anche le sue responsabilità".
L'invenzione della neve: una clip esclusiva del film di Vittorio Moroni con Elena Gigliotti
L'obiettivo del progetto
Il progetto cinematografico, come ricordato anche dal filmmaker, è nato da un incontro realmente avvenuto nella vita di Moroni e che lo ha messo un po' in crisi: "Ha creato in me un turbamento perché sentivo che le scelte che la persona che ho incontrato stava facendo io non le avrei fatte e, in certi casi, mi sembravano moralmente discutibili secondo il mio punto di vista. Ma provavo comunque affetto, empatia, capivo da dove provenivano quelle scelte. Queste due dimensioni contrastanti proseguivano insieme. Non avevo già una risposta nei confronti di questa persona, non mi sentivo solo in una posizione per giudicarla".
L'obiettivo del regista è quindi stato quello di replicare quella sensazione tra gli spettatori e provare a evitare di farli travolgere dall'empatia. Per riuscire in questo obiettivo è stato necessario trovare l'interprete perfetta per Carmen e l'incontro con Gigliotti ha fatto immediatamente capire che lei era la scelta giusta: "Era come se Elena, fin dal primo giorno, avesse compreso che poteva portarci nella sua personalità, nel suo vissuto, dentro questo personaggio, in questa dimensione dove questo paradosso è reso possibile. Era così difficile realizzare questo film che non credo di aver mai fatto così fatica a convincere delle persone a finanziarlo. Quando andavo a spiegare le cose, situazioni in cui abitualmente mi dicono che sono bravo, ricevevo solo un no categorico. Abbiamo poi creato un collettivo di persone che avevano capito il film e mi hanno permesso di realizzarlo, che arriva ora nelle sale dopo 8-10 anni dai primi momenti di ideazione".
Una donna complessa
Uno degli aspetti più interessanti del personaggio di Carmen è quello che spinge, anche la sua stessa interprete, a chiedersi chi è in realtà e se siamo certi di avere le idee chiare su ciò che vuol dire essere donna e madre: "Sappiamo dove siamo, non sappiamo dove stiamo andando, ma sappiamo dove non vogliamo andare e, per questo motivo, non tendiamo a giustificare questo personaggio, ma a cercare di capirlo. Bisogna fare un passo indietro rispetto anche alla figura di questo personaggio e chiedersi se sta facendo delle azioni sbagliate. Alle volte ci sono scelte terribili e noi le giudichiamo, però analizzare i contesti entro i quali si verificano queste azioni è fondamentale. Vogliamo un risultato senza andare alla base di tutto il percorso di un essere umano. All'interno di questo film la posizione della donna è contraddittoria e per questo motivo stiamo parlando di umanità perché l'umanità è contraddittoria, come dicono tutti, psicoanalisi compresa. Mi sento di difendere questo principio: c'è una contraddizione e la vogliamo portare avanti, apriamo dei varchi, non ci poniamo delle domande. Le risposte ognuno le troverà, attraverso un confronto, un'elaborazione di questo film e di ogni azione che si verifica nella nostra vita. Ma si tratta della sua visione femminile. In fondo è un film in cui c'è un solo uomo e intorno a lui sole donne, tutte diverse tra loro, con mille sfaccettature. Non possiamo per forza etichettarle. E' interessante che Vittorio abbia avuto questo desiderio di portare tutte queste donne nel suo film e abbia avuto l'idea di un confronto costante".
Quasi come se fosse un paradosso, L'invenzione della neve è un racconto con delle caratteristiche specifiche. Moroni ha spiegato: "Si tratta di una storia femminile di una donna che io ho incontrato nella vita, che volevo a tutti i costi raccontare, non per parlare di lei, ma della relazione con me, sentivo il bisogno essenziale di avere delle donne che mi consentissero e autorizzassero a entrare così in profondità. Non è una storia raccontata con il "controllo" maschile, bisognava rischiare di andare dove non si tocca, dove l'ascolto del loro femminile diventava la mia possibilità di raccontare quella loro dimensione".
Nel film non ci sono quindi sicurezze a cui aggrapparsi e i personaggi non lasciano serenità nel giudicare, essendo tutti ricchi di chiaroscuri e molte sfumature, persino nel caso dell'assistente sociale che compie degli errori animata da buone intenzioni, ma non seguendo quanto previsto dalla sua professione.
Il regista ha aggiunto: " Poi c'è la figlia di Carmen che vorrebbe poter instaurare un rapporto con la madre, non la vorrebbe esclusa, sconfitta, ma nessun personaggio consente a Carmen di essere serena nella sua posizione, o a noi spettatori di sapere di poter decidere facilmente. La vita è così. Ho questa idea delle persone: ognuno di noi può fare delle cose orribili e cose maestose, Ho voluto regalare a ognuno di questi personaggi, attraverso la realtà dei loro interpreti, questa possibilità di essere tutte queste cose e allo spettatore di poter decidere da che parte stare".
Gigliotti, sull'argomento, ha le idee chiare: "Ogni interprete difende il suo personaggio, non lo giudica. Se lo facessi come attrice avrei fallito. Questo non vuol dire giustificarlo costantemente. Il fatto che si parli di temi come maternità e figli, davvero difficili e delicati, non significa che si deve per forza entrare nella totale compassione, ma se io interpreto il personaggio è il mio compito analizzare come questo si muova. Mi auguro, per forza di cose, che il personaggio avrà delle sfumature e si potrà stare dalla sua parte oppure no".
L'invenzione della neve, la recensione: un racconto di amore e disperazione realistico e intenso
Un film non privo di speranza
L'invenzione della neve, come ha ribadito Moroni, offre un approccio molto interessante anche dal punto di vista narrativo, mostrando come realtà e finzione si mescolano tra loro: "Penso che Carmen sia costretta, a un certo punto, a trovare nella sua immaginazione, un piccolo orizzonte per potersi salvare. Per fare questo, è come se si spingesse sempre di più in quella favola che è stata inventata dal suo uomo e che lei ha seguito. Il fatto che lei si ossessioni intorno a quella favola è come se volesse ribadire e quasi rivendicare quella possibilità di felicità che si è perduta e al tempo stesso come se si spingesse in quella dimensione in cui la speranza rischia di flirtare con la follia. Come se considerasse possibili delle cose che il mondo le sta urlando di non considerare possibili, che il giardino di casa sua sia quella giungla che hanno raccontato alla propria bambina, dove ci si può salvare se a un certo punto, in un giorno d'estate nevica... e forse ci riesce".