Dei lavori, un tubo che perde acqua, una lite che sfocia in insulti: comincia così, con un banale scontro verbale, L'insulto, film di Ziad Doueiri presentato in concorso alla 74ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, dove si è aggiudicato la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, quella di Kamel El Basha, che nel film è Yasser, rifugiato palestinese in Libano, che intraprende una vera e propria guerra legale con Tony (Adel Karam).
Il film è stato scelto per rappresentare il Libano nella corsa agli Oscar ed è rientrato tra i nominati al premio per il miglior film straniero, poi andato al cileno Una donna fantastica di Sebastián Lelio. In occasione dell'uscita del film in Italia, abbiamo incontrato a Roma il regista Ziad Doueiri, che ha scritto il film con l'ex moglie Joelle Touma, mettendo nella storia anche diversi elementi autobiografici, basati sui ricordi della sua infanzia. Cittadino del mondo, ha studiato in Francia e ha lavorato in America, facendo il cameraman in Pulp Fiction e Jackie Brown di Quentin Tarantino, il regista ha cercato di essere il più imparziale possibile, dando voce, nel film, a donne e uomini, palestinesi e libanesi, mettendo in luce come i conflitti comincino, a volte, con pretesti anche ridicoli.
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L'esclusiva sul dolore e il futuro delle donne
In L'insulto entrambe le parti credono di avere "l'esclusiva del dolore", pensando che le proprie sofferenze siano più importanti di quelle degli altri: alcuni dolori sono davvero più sofferti degli altri? Secondo Doueiri: "Sono cresciuto in una società in cui non c'era molta tolleranza. Negli USA, come in Francia o in Libano: ogni popolazione prova ad avere l'esclusiva sulla sofferenza, ognuna crede di essere l'unica a soffrire. Anch'io lo credevo: c'é stato un periodo in cui pensavo che il mio punto di vista fosse l'unico, che la mia sofferenza fosse maggiore di quella di altri, ma quando ascolti gli altri capisci che non sei il solo: questo è solo uno dei messaggi del film, non l'unico. In realtà non ho alcun messaggio. Quando mi viene chiesto, dico che non scrivo per dare messaggi: se lo facessi risulterebbe artificioso, abbiamo scritto il film perché credevamo di avere una storia che sta in piedi, un personaggio che evolve e alla fine cambia".
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In L'insulto ci sono diversi personaggi femminili di rilievo per volontà del regista: "Abbiamo inserito questi personaggi femminili per mostrare che le donne, in situazioni difficili, sono sagge quanto, se non di più, degli uomini. Abbiamo quattro personaggi: il giudice, la moglie del meccanico, la moglie del palestinese e l'avvocato. Sono il contrappeso alla testardaggine degli uomini. Gli uomini in Medio Oriente sono arroganti, sono 'machi'. Nel film sono comprensivi, ma volevamo anche mostrare che se le donne arabe e musulmane salissero al potere, magari il Medio Oriente potrebbe avere la propria occasione per redimersi: è per questo che ho voluto inserire donne belle ed intelligenti".