È stato Lino Banfi a chiudere gli Incontri internazionali del cinema di Sorrento. Uno dei nostri attori più amati è stato l'ospite dell'incontro di domenica 14 e ha presentato il film che ha girato in Germania, in tedesco. Si chiama Indovina chi sposa mia figlia!, di Neele Leana Vollmar, ed è tratto dal romanzo Maria, non gli piace!, un vero best seller (più di 1 milione e 500 mila copie solo in Germania). È la storia di un matrimonio tra Jan, un bibliotecario tedesco, e Sara, la sua fidanzata italo-tedesca. Prima di sposare Sara, Jan dovrà incontrare la famiglia di lei, e in particolare Antonio, il padre di lei. Che è appunto interpretato da Lino Banfi. Un Banfi ancora incredulo di essere riuscito a recitare in tedesco, una lingua che non mastica assolutamente.
Lino Banfi compie 80 anni: 5 ruoli di culto per ricordare il comico pugliese
Lino Banfi, tedesco di Germania
"La produzione tedesca mi ha contattato ed è venuta a casa mia. Vidi entrare questi cristoni alti, la regista sarà stata un metro e ottantacinque, e c'era anche l'autore del libro, il redattore di un importante giornale di Monaco" ci ha raccontato Lino Banfi a Sorrento. "Ha scritto questo libro, che era la storia di suo padre. Mi hanno detto che da anni stavano vedendo le cose mie, da L'allenatore nel pallone e Il commissario Lo Gatto a Un medico in famiglia". Tutti erano d'accordo, ma c'era solo un piccolo problema. "Mi doppiate, vero? Dissi io, che non so una parola di tedesco" ci racconta l'attore. "No, signor Banfi, deve parlare in tedesco, mi risposero loro. Per un attimo ho pensato che fosse Scherzi a parte. La regista mi propose di tentare la presa diretta, altrimenti mi avrebbero doppiato".
Come è stata poi l'esperienza del set?
Mi affiancarono un'attrice italiana che vive in Germania per farmi capire le intonazioni, le pronunce. Le chiesi: "Come devo fare per pronunciare il suono della U, come devo capire quando mettere le labbra a culo di gallina?" Lei mi disse: "Ti faccio il disegnino che significa a culo di gallina", e si inventò un disegno a forma di cuore. Due giorni prima di iniziare a girare già cominciavo a respirare male. Mi ricordai di aver incontrato Papa Ratzinger, e mi sono portato dietro una sua foto, mi dissi "può darsi che mi aiuti a parlare tedesco". Inizio a girare. La troupe aveva preparato dei grandi cartelli di con le battute, gli attori protagonisti si prestavano a mettersi i cartelli sulle facce. Nelle prime quattro giornate di riprese, fortunatamente, dovevo guidare, quindi fingevo di guardare gli specchietti; e vedevo i gesti di regista e operatore che dicevano: "Questo è pratico". Dal quarto giorno iniziarono le riunioni; dicevano: "è bravo, ma si vede che legge". E allora dissi: "Siamo arrivati al punto che pensavo, mi dovete doppiare". E poi chiesi loro: "Possiamo fare a modo mio? Il testo lo lascio com'è, io vi cambio solo qualche posizione, sto in piedi invece che seduto". Il giorno dopo avrei dovuto girare una scena, in cui mi chiedevano perché ce l'avessi tanto con i tedeschi e mi facevano vedere il mio primo datore di lavoro. Avrei dovuto dirlo guardando il cartello di fronte a me. Chiesi di mettere i cartelli uno su una scala in alto e l'altro, lo mettete per terra. Così, per quelle battute, guardai per aria e poi per terra. Il resto non ve lo so dire: ho passato molte notti in bianco a studiare. Ma ho fatto questo film in tedesco.
Il suo rapporto con la Germania non riguarda solo il cinema...
Mi sto occupando di un progetto agroalimentare, ho un marchio per un commercio on line che si chiama CestoLino, le maggiori richieste le ho dalla Germania, oltre che dall'America del Nord e dall'America latina.
È vero che le hanno proposto di girare il sequel del film?
Sì, ma in questo momento mia moglie ha un male che non voglio nominare, chiamiamola demenza senile. È in una fase molto delicata, e mi hanno detto che l'importante è che io non mi allontani da Roma per tanto tempo, al massimo una settimana. Volevano fare il sequel del film, ma per questo ho dovuto dire no. Nella trama sarei dovuto andare in America per conoscere Robert De Niro come premio di un concorso. È strano pure questo: adesso a distanza di tempo, un produttore, Carlo Maietto, che è il marito d Janet Agren, ha un fratello che lavora con Trump, ha conosciuto vari personaggi e mi ha detto: "Lino, ricordati che entro la fine di quest'anno ti devo presentare De Niro, a Roma, perché gli ho parlato di te".
Edwige Fenech, Oronzo Canà e Fracchia la belva umana
Lei è stato uno dei protagonisti di quella stagione del cinema degli anni '70 e '80, con attrici bellissime. Che atmosfera si respirava sul set e quanto improvvisavate?
Nel mio caso hanno sempre saputo il mio difetto, o il mio pregio: che io invento. Della battuta dico l'inizio e fine, in mezzo invento. Io dicevo sempre: "Se lo ritenete opportuno, alla fine tagliate". Tenevo per la fine delle battute quelle che chiamo le "stronzete banfiote". In quei film ho fatto una bella carriera, ho cominciato da bidello e ho finito da preside. Alcune volte le sceneggiature, che di solito sono minimo 200 pagine, erano si 40-50 pagine. Erano fatte così: i personaggi entrano in un salotto, fanno certe cose, e poi, tra parentesi, c'era scritto: gag a piacere di Banfi. Io guardavo l'ambiente, vedevo un lampadario che sarebbe potuto cadere e mi inventavo un "Madonna Benedetta dell'Incoroneta". Ed era una risata sicura. Lo faceva ognuno di noi, e devo dire "chapeau" a D'Angelo, Montagnani, Alvaro Vitali. Io avevo una facoltà. Facendo tanti film, io dicevo sempre alla produzione, la Dania Film di Sergio Martino e Luciano Martino: "Ti faccio 4 liceali ma poi mi fai fare un film a episodi con Celentano o altri big". E poi feci Il commissario Lo Gatto con Dino Risi. L'atmosfera fra noi e queste belle donne era gioiosissima, di grande garbo. Ogni tanto succedevano cose che facevano sorridere, quando dovevo toccare... Quando dicevano che erano film un po' zozzi, io rispondevo: "Ma come, la protagonista si fa cinque volte la doccia"...
È in contatto con qualcuna di queste attrici?
Edwige Fenech mi ha appena fatto gli auguri per l'anniversario di matrimonio, sa tutte le mie date. Ora vive a Lisbona. Conobbi questa ragazza a 17 anni, era bellissima e veniva da un paese dell'Algeria che si chiama Bona. Ed era bona, e lo è ancora. E ora vive a Lisbona... vive lì con la nipotina ed è felicissima.
La famosa canzone di Fracchia la belva umana a La parolaccia era in sceneggiatura o è improvvisata?
Anche lì fu una cosa che aggiunsi alla fine, e il regista avrebbe potuto tagliarla. Stavamo girando, e alla fine della canzone, dopo il verso "e tu che sei un po' fri fri, dimme un po' che c'hai da dì"... dovevo dire, "sono un commissario, arrestatelo". Invece mi venne da dire, "continua continua": se vedete il film capite dalla faccia che l'attore ha guardato il regista, e il regista gli ha detto continuare. E mi sono inventato questa rima: non è che ci voleva molto. Questo sarebbe niente. Ma oggi, vedere che questa scena ce l'hanno sul telefonino i ragazzini di quindici anni, i quarantenni, i cinquantenni, significa che tre generazioni me le sono fatte e sto per abbracciare la quarta... Speriamo...
Anche la battuta finale di Oronzo Canà ne L'allenatore nel pallone è improvvisata?
I due gemelli mi stavano portando in trionfo. E io dicevo "m'avete preso per un coglione" e loro "ma no, lei è un eroe", e non la finivano mai, il regista non diceva stop e io a un certo punto dissi "mi avete preso per un coglione, mi state facendo male". Il film doveva finire con l'arrivo del presidente che diceva: "Sei licenziato", e io: "E tu sei cornuto". Invece il regista sentì la battuta e lascio questa come finale.
In quel film c'era anche Carlo Ancelotti, l'attuale allenatore del Napoli...
Quando andò ad allenare il Paris Saint Germain gli scrissi, in francese, "scendi in campo con il 5-5-5" Lui lo fece vedere ai giocatori e loro non capivano, poi ha fatto vedere loro il mio film, e tutti a ridere. In realtà mi hanno dato il diploma di allenatore, un vero diploma. La cosa bella è che quando incontro gli allenatori, di recente ho visto Lippi, sono loro che mi chiamano mister.
Nella stagione del cinema anni Ottanta avete cominciato a fare film in cui recitavano insieme comici molto diversi fra loro. Che rapporto c'era con Villaggio, e poi con De Sica, Boldi...
La fortuna è stata sempre nel fatto che ho avuto sempre dei colleghi, dei veri signori, che mi hanno lasciato fare, improvvisare. Paolo Villaggio era un cialtrone nella vita, era capace, quando aveva finito di mangiare, di mangiarsi un'insalata dentro al dolce, ma nella vita di artista era un gran signore, lasciava fare. Anche Christian De Sica è un grande, mi chiamava fratellino, ma semmai ero un fratellone. Lo stesso Massimo Boldi è ancora oggi un bambinone, fa ridere come può farti ridere un bambino, è infantile sotto certi aspetti. Per questo siamo sempre andati molto d'accordo. Oggi non so se si possono fare ancora delle cordate con tanti grandi comici.
Lino Banfi, critiche dal The Economist "In Italia una star di commedie sexy per incarichi culturali"
Pupi Avati e Luigi Di Maio
Proprio qui a Sorrento Pupi Avati ci ha raccontato che lei ha rifiutato il ruolo in Regalo di Natale... qui potete leggere l'intervista a Pupi Avati a Sorrento ndr
Rifiutai Regalo di Natale, che poi fece Diego Abatantuono, me lo ricorda ogni volta e io dico: non me lo ricordare... C'è da dire che in quel periodo avevo tanti film, come L'allenatore nel pallone, e pensavo che entrare in un clan nuovo, dove c'erano già Gianni Cavina, Carlo Delle Piane, non mi sembrava facile. Pensavo: "E se poi faccio una brutta figura?". Sono sempre stato complessato per via della mia grassezza, nella mia testa ho 700 chili, e poi per il genere nazionalpopolare. Oggi penso che se mi chiamassero oggi potrei farle, ma in quel periodo avevo paura a fare certe cose. È andate comunque bene per il film e per Diego. Per fortuna poi i ruoli drammatici li ho fatti.
Come ambasciatore dell'Unesco, ha già idea su qualche prodotto del sud da tutelare?
Intanto il presidente dell'Unesco ha detto: "Ci voleva Banfi per far capire alla gente che cos'è l'Unesco!" A volte mi sento come ne La livella di Totò, in cui rientrava lo spazzino con il marchese vicino. Mi sembrava di sentire questi che dicevano, "Come ti sei permesso di entrare nel mondo dell'intellighenzia". Fra me e me pensavo che avrei detto: "Che volete, non è stata colpa mia questo guaio, l'ha combinato questo ragazzo Di Maio" . Luigi Di Maio prima di diventare ministro mi sentì parlare e mi disse "sei bravo a comunicare con la gente". E, scherzando gli dissi: "Per questo a Malta mi diedero, come dico io, la laurea honoris pausa, perché so fare bene le pause". Si vede che si è ricordato di questa cosa. Adesso la richiesta è tanta. Tutti vogliono darmi una cittadinanza onoraria. Dal Veneto mi hanno chiesto di tutelare il Prosecco, nel trevigiano, e la cappella degli Scrovegni, a Padova. E poi i portici di Bologna, e i cibi più strani. Allora dico: se devo proporre un cibo, propongo le orecchiette".