L’indice della paura, la recensione: La paura domina il mondo come mai in passato

La recensione de L'indice della paura: la serie tv in onda dal 18 febbraio su Sky e in streaming su NOW vede un Josh Hartnett invecchiato e stanco per entrare nel suo personaggio, il protagonista di un financial thriller.

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L'indice della paura: Josh Hartnett in una foto di scena

"È un fondo speculativo, non un convento". È la battuta migliore de L'indice della paura, che ci fa capire che la serie parli di finanza, di uomini, e della morale che regola le loro azioni. La paura domina il mondo come mai in passato, la paura è l'emozione più forte che proviamo. Iniziamo da qui la recensione de L'indice della paura, la serie tratta dall'omonimo bestseller del 2011 di Robert Harris, in onda dal 18 febbraio, con tutti i suoi quattro episodi subito disponibili su Sky (Sky Atlantic dalle 21.15) e in streaming su NOW. Josh Hartnett, un attore che è sparito dal grande cinema proprio quando era sul punto di diventare una star, ma continua a comparire in opere sempre molto interessanti, qui è invecchiato e stanco, con le occhiaie e le borse sotto quegli occhi sempre bellissimi per entrare nel suo personaggio. È il protagonista assoluto di quello che viene definito un financial thriller. Ma in realtà è un thriller, d'azione e psicologico allo stesso tempo, piuttosto classico, con la finanza a fare da ambiente, ma dove l'azione è soprattutto legata alla ricerca di un uomo, da un lato, e di una ricerca dentro se stessi dall'altro. Un po' eccessivo nei toni, a volte inutilmente violento, è comunque uno specchio dei nostri tempi.

Un algoritmo per sfruttare la paura dei mercati

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L'indice della paura: una scena della serie

Alex Hoffman (Josh Hartnett) è un genio informatico, un ex scienziato del CERN che ha creato VIXAL-4, un sofisticato algoritmo guidato dall'intelligenza artificiale in grado di generare degli enormi guadagni per gli investitori sfruttando la paura dei mercati. Proprio nel giorno in cui, insieme ad Hugo (Arsher Ali), il suo socio in affari e migliore amico, sta per chiudere un importante affare con dei grandi investitori, le cose sembrano precipitare. La notte prima qualcuno si introduce furtivamente nella sua lussuosa villa, e riesce a ferirlo. Il mattino dopo, lasciato il pronto soccorso, si reca in ufficio. Ma molte cose sembrano non tornargli. E Alex comincia a dubitare di se stesso.

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Chi è Robert Harris

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L'indice della paura: una foto di scena

A poche settimane dell'uscita (su Netflix) del film Monaco: sull'orlo della guerra ci ritroviamo ancora una volta con un'opera tratta da un libro di Robert Harris. È lo scrittore inglese del famoso romanzo Fatherland, del 1992, in cui si immaginava un mondo in cui la Germania avesse vinto la Seconda Guerra Mondiale e dei libri da cui sono stati tratti Enigma, L'uomo nell'ombra e L'ufficiale e la spia di Polański. È un autore che ama raccontare la storia (in primis la Seconda Guerra Mondiale), la politica e la fantapolitica, ma anche le scissioni interiori dell'uomo, le sue reazioni in rapporto al potere.

Financial thriller, ma l'attenzione è sull'uomo

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L'indice della paura: un'immagine della serie

È proprio questo il caso de L'indice della paura, una serie che ci viene presentata come financial thriller, ma non lo è fino in fondo. Se pensiamo a Diavoli, la serie tv che tornerà proprio su Sky con la sua seconda stagione, L'indice della paura è molto diversa. Se in quel caso la finanza e le manovre erano il vero cuore della vicenda, e muovevano le azioni dei personaggi, qui l'attenzione è sull'uomo, le sue paure, i suoi dissidi interiori. Ma, soprattutto, se in Diavoli le mosse legate alla finanza erano l'azione, qui il racconto si regge su un gioco di suspense, indagine e inseguimenti da giallo classico. Anche il rapporto tra i due soci in affari potrebbe ricordare quello tra i personaggi di Alessandro Borghi e Patrick Dempsey ma, in realtà, l'attenzione è tutta sul personaggio di Alex. La finanza è l'ambientazione della storia, l'algoritmo che permette di sfruttare la paura è un ottimo spunto (così come quel vecchio libro di Charles Darwin con gli esperimenti sui volti alle prese con la paura), e anche il messaggio della serie. Ma il susseguirsi dell'azione principale, una sorta di caccia all'uomo, è quella di un thriller classico.

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Un racconto a tinte forti

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L'indice della paura: Josh Hartnett in un'immagine della serie

Un thriller classico, ma di quelli a tinte forti. Questa affermazione va viste in due sensi. Il primo è legato alla fotografia: le figure dei protagonisti si stagliano spesso su sfondi monocromi dai colori saturi e uniformi, i gialli, i rossi e i verdi, che danno alla serie un che di acido, e che ci suggeriscono il senso di un'allucinazione, quella che sembra in qualche modo vivere il protagonista. Ma è un thriller a tinte forti anche perché spesso calca la mano, eccede con il sangue, anche dove non ce ne sarebbe bisogno. Sia chiaro, non è che la violenza in una serie tv sia da condannare, ce ne sono molte che si fondano su di essa. Il fatto è che qui un certo uso insistito di momenti forti sembra stridere con il senso della storia, che è soprattutto psicologico, morale, interiore. Che è poi il tipo di storia, piuttosto sofisticata, che è nelle corde di Robert Harris. Anche l'uso ripetuto del jumpscare è qualcosa che, se può ancora funzionare al cinema, rende meno in un prodotto che oggi vediamo in tv o su altri device.

Un mistero svelato troppo presto

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L'indice della paura: Josh Hartnett in una scena

Il tono che viene dato a L'indice della paura, allora, è qualcosa che stride con lo stile di Harris, e finisce in qualche modo per distogliere da quello che dovrebbe essere il centro della storia, il messaggio. Il mistero, poi, viene svelato troppo presto, almeno per quel che riguarda le due svolte narrative. E questo, unito ad alcuni passaggi poco credibili, fa sì che lo spettatore finisca per "uscire" dalla storia un po' troppo presto, prima del previsto.

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Un racconto metaforico e attuale

Nonostante una riuscita imperfetta, L'indice della paura è interessante se lo si legge come un racconto metaforico. L'Alex di Josh Hartnett può essere visto come un uomo in crisi, che non si riconosce più in quello che è, e nei valori che ha sposato mettendoli di fronte a tutto. Una sorta di critica del mondo degli squali della finanza, un invito a fare un mea culpa per il modo in cui vengono portate avanti certe azioni spregiudicate. Se la riflessione sull'Intelligenza Artificiale e i pericoli di demandarle troppe decisioni non è nuova, ed è appena accennata, è interessante quella sulla paura. Sembra essere davvero l'emozione che regola non solo l'economia, ma gran parte dei nostri comportamenti. E non possiamo negare - in un punto della storia si fa riferimento anche a un'epidemia - che è stata proprio la paura a regolare la nostra vita negli ultimi due anni. E allora, anche se imperfetta, a volte eccessiva, a volte non del tutto credibile, L'indice della paura è una storia che sta perfettamente nei tempi che stiamo vivendo.

Conclusioni

Nella recensione de l'indice della paura vi abbiamo parlato di un prodotto che viene definito un financial thriller. Ma in realtà è un thriller piuttosto classico, con la finanza a fare da ambiente, ma dove l'azione è soprattutto legata alla ricerca di un uomo, da un lato, e di una ricerca dentro se stessi dall'altro. Un po' eccessivo nei toni, a volte inutilmente violento, è comunque uno specchio dei nostri tempi.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.7/5

Perché ci piace

  • L'ida di parlare della paura, un sentimento che sembra regolare sempre più le nostre azioni.
  • Un Josh Hartnett invecchiato e sdrucito per raccontare la storia di un uomo in crisi.
  • La metafora di un uomo che non riconosce più se stesso e i suoi valori.

Cosa non va

  • Le tinte forti e violente mal si adattano al tipo di racconto psicologico di Harris.
  • Il mistero viene svelato troppo presto, e questo fa calare l'attenzione.
  • Alcuni passaggi sembrano essere poco credibili.