È chiaramente una Sissi diversa quella dipinta nella nostra recensione de L'imperatrice, la nuova serie originale tedesca in sei episodi dal 29 settembre su Netflix, rispetto alle precedenti incarnazioni nell'audiovisivo di una delle figure femminili simbolo della Storia. Una premessa storica: Elizabeth di Wittelsbach, nata duchessa in Baviera alla vigilia di Natale, fu imperatrice d'Austria, regina apostolica d'Ungheria, regina di Boemia e di Croazia al fianco del marito, l'imperatore Francesco Giuseppe d'Austria. Entrambi hanno segnato un periodo di svecchiamento per l'Impero Austro-Ungarico negli anni a venire, ma allo stesso tempo hanno continuato a rappresentare un simbolo della monarchia asburgica, tanto da finire preda di pericolosi attentati. Una serie che cerca di rimettere sul tavolo l'anacronismo della monarchia nella modernità, la tematica del divario di classe sociale, mai così evidente ed "estremo" come nell'Impero Asburgico.
Una Sissi piena di chiaroscuri
L'imperatrice si iscrive perfettamente nel genere period drama, senza provare a condirlo di toni o elementi inediti ma allo stesso tempo tentando di svecchiare l'immagine sempiterna e immacolata di Sissi entrata nell'immaginario collettivo. Si allontana quindi dalla Sissi di Romy Schneider nei film anni '50 diretti da Ernst Marischka, più fiabesca, "pura" e simbolo della crescita "campagnola" di Elizabeth libera da vincoli e imposizioni sociali e regole di nobiltà imposte che deve scontrarsi con la vita a Corte. Allo stesso tempo è lontana dalla rappresentazione più leggera e soap operesca della serie diretta da Sven Bohse con protagonista Dominique Devenport andata in onda lo scorso Natale su Canale5. La Sissi della serie Netflix, portata sullo schermo da Devrim Lingnau e dalla creatrice Katharina Eyssen, è piena di chiaroscuri e vorrebbe essere più realistica e improntata sul cambiamento in atto, che non avviene mai da un giorno all'altro ma è un work in progress che spesso fa due passi avanti e quattro indietro. Non è solo Sissi a essere presentata meno monodimensionale e fiabesca, ma anche gli altri personaggi, che hanno motivazioni che verranno spiegate man mano a indirizzare le loro azioni opinabili.
Cambiare la Corte in tavola
Sissi si ritrova proprio come Caterina La Grande di The Great, sedicenne e quindi giovanissima, catapultata in un mondo che non le appartiene, fatto di regole nobiliari vetuste e antiquate, a voler cambiare una Corte e un sistema vecchio di centinaia di anni, scontrandosi continuamente con regole e dettami che fanno parte di un'era passata, mentre le persone attualmente al comando non riescono (o non vogliono) accettare che il cambiamento non è dietro l'angolo, ma è già in corso. La ragazza deve affrontare il fatto che Franz inizialmente era promesso sposo della sorella Helene (Elisa Schlott), educata fin da piccola a trovare marito e quindi a stare a Corte, e subire la vessazione continua della madre poco amorevole e assetata di potere Ludovika (Jördis Triebel, già vista su Netflix in Dark). Poi una volta trasferitasi a Vienna, si ritrova invischiata negli intrighi e complotti di palazzo oltre che nelle mire della famiglia di Franz: la severa madre arciduchessa Sophia (Melika Foroutan), che vorrebbe controllare la nuora (che è anche la nipote, Sophia e Ludovika sono sorelle) in tutto e per tutto, e lo scapestrato fratello minore Maximilian (Johannes Nussbaum), che è attratto (forse ricambiato) dalla nuova arrivata. Proprio Maximilian è uno dei personaggi più riusciti e meglio caratterizzati di questo adattamento. Stare a Corte non vuol dire infatti essere se stessi ma interpretare il ruolo che Dio e la Chiesa hanno scelto per lei, quello di generatrice di eredi maschi per l'Imperatore. Sophia rappresenta tutto ciò nelle battute che gli autori le mettono in bocca, come "Non esistono le sorprese, solo disorganizzazione" oppure "Si chiede perdono solo al Signore, tutto il resto è vanità. E una perdita di tempo".
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Tra monarchia e democrazia
È interessante notare come stiano avendo successo e siano sulla bocca di tutti in tv storie che parlano di un regime, quello monarchico, che sembra sempre più anacronistico, ma contemporaneamente possieda un fascino senza tempo, dato dalle usanze a corte, i vestiti, i balli, i ricevimenti, i grandi palazzi. Quindi oltre a The Crown eccoci a (potenzialmente) emozionarci tutti per la vicenda di Sissi come donna e sovrana, e per la sua grande storia d'amore con Francesco Giuseppe (nella serie interpretato da Philip Froissant, dopo i predecessori Karlheinz Böhm e Jannik Schümann). Un rapporto il loro, messo in scena ne L'imperatrice, meno favolistico e fatto di moltissimi alti e bassi. Un affresco romanzato ma onesto, pur con qualche vojeurismo di troppo e soprattutto non totalmente giustificato, della nobiltà mitteleuropea del XIX e della voglia di democrazia da parte del popolo, ma soprattutto di maggior giustizia e divisione dei beni (è emblematico lo spreco rappresentato dal fatto che l'Imperatrice dovesse cambiare scarpe ogni giorno e poi venissero gettate via). Lo spreco e lo sfarzo vengono anche rappresentate dalle tenute e dai palazzi mostrati, immensi, dai corridoi spaziosi, dai giardini in cui ci si potrebbe perdere, dai costumi sontuosi e ingombranti e dal ruolo che Elizabeth (come voleva farsi chiamare da tutti) avrebbe dovuto ricoprire, facendosi coinvolgere non solo nelle decisioni ma nella vita del popolo. Anche la colonna sonora risulta barocca e sontuosa, piena di orpelli, così come i costumi sfarzosi e la ricostruzione storica attenta e puntuale delle scenografie. A livello narrativo il difetto principale risulta nel fatto che sembra essere più una prima parte che una prima stagione, lasciata fin troppo "a metà" arrivati alla fine della storia raccontata.
Conclusioni
A chiusura della recensione de L’imperatrice confermiamo come si tratti di un period drama classico che però vuole mostrare una Sissi “nuova” da quella precedentemente raccontata nell’audiovisivo. Più (neo)realista e più onesta, ma sempre immersa negli intrighi di palazzo tipici dell’epoca e del genere. Il rapporto tra lei e Franz rappresentato nello show è tutt’altro che fiabesco e il difetto principale è che sembra più una prima parte che una prima stagione, un racconto spezzato sul più bello arrivato alla fine dei sei episodi.
Perché ci piace
- L’interpretazione convincente di Devrim Lingnau e Philip Froissant e la caratterizzazione del personaggio di Maximilian.
- La ricostruzione storica degli ambienti e dei costumi.
- Il voler essere più onesta e realistica…
Cosa non va
- …non riuscendoci sempre e finendo a volte nel vojeurismo in alcune sequenze.
- La narrazione alla fine dei sei episodi è troppo spezzata, ricordando più una prima parte tipica di Netflix che una prima stagione.