I biopic sono tra i generi cinematografici più amati dal pubblico (e anche in letteratura le biografie vanno fortissimo). Forse perché approfondire la vita di persone realmente esistite, specialmente se hanno compiuto grandi cose, nel bene e nel male, ci dà la sensazione di assistere a qualcosa di più autentico. Se qualcuno è riuscito davvero a fare una cosa posso immedesimarmi nella sua esperienza e magari anche trasformarla in fonte di ispirazione. Chi scrive crede che le storie di fantasia abbiano lo stesso valore di quelle reali, anzi, a volte anche di più. Ma cosa succede quando il vissuto di una persona davvero esistita viene trasformata quasi in un racconto fantastico? È quello che accade in Limonov: The Ballad, film di Kirill Serebrennikov che porta su schermo la biografia romanzata del poeta russo Ėduard Limonov scritta da Emmanuel Carrère.
In concorso al Festival di Cannes 2024, la pellicola di Serebrennikov non è un racconto lineare: il regista ha infatti trasformato l'esistenza dello scrittore in un grande concerto rock, in cui frammenti di ricordi, sia immaginati che reali, si susseguono a ritmo di musica. A interpretare l'autore russo è l'inglese Ben Whishaw: non si riesce mai bene a capire cosa stia pensando, risultando sfuggente sia per chi gli sta accanto che per gli spettatori.
Capiamo subito di che pasta è fatto dai primi minuti: quando il suo nome viene pronunciato con l'accento sbagliato corregge con voce ferma il proprio interlocutore e, alla richiesta del perché abbia scelto proprio "Limonov" come pseudonimo (il suo vero nome è Ėduard Veniaminovič Savenko) risponde che non viene dai limoni, ma dalle granate. E, almeno a giudicare da questo film, che uscirà in Italia grazie a Vision Distribution, la sua vita è stata davvero come un'esplosione, soprattutto autodistruttiva.
La trama di Limonov no è esattamente la vita di Limonov
La trama di Limonov: The Ballad non è esattamente la vita dell'autore e politico russo. Almeno, sceglie di concentrarsi su una parte per raccontare il tutto. Serebrennikov, per fortuna, rifiuta un biopic scritto leggendo Wikipedia e cerca di trovare l'uomo dietro all'icona. Per farlo racconta sopratutto la sua parte più fisica, fragile e umana. Dall'abuso di alcol alla fame sessuale, che spaziava da donne a uomini, fino al masochismo che lo ha portato a vivere anche per strada, alla mercé di ogni tipo di pericolo.
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Figura controversa, Serebrennikov non è per niente intenzionato a farne un'agiografia: questo Limonv è infatti un uomo pieno di difetti e mancanze, spesso debole, sia fisicamente che psicologicamente, ma dalla grande tenacia e forza di volontà. Lo vediamo immaginare il suo futuro glorioso, anche quando nessuno credeva che i suoi scritti avessero valore.
Dall'incontro con la moglie Elena Ščapova (Viktorija Mirošničenko) in Russia, fino alla scoperta del mondo con il trasferimento a New York, questo Limonov somiglia più a un Iggy Pop o a un David Bowie che a un polveroso autore da quarta di copertina. Lo vediamo infatti quasi rotolare e trascinarsi per i set del film, seguito quasi ossessivamente dalla macchina da presa, in lunghi piano sequenza, ricchi di dettagli, comparse, parole e musica.
Una buona prova di Ben Whishaw
Questo caos visivo rischia però di sovraccaricare lo sguardo dello spettatore, finendo per indugiare sugli elementi più scabrosi senza però rivelare davvero chi fosse Limonov. Sicuramente abbiamo una fotografia delle debolezze dell'uomo, ma è difficile comprendere l'importanza del personaggio, così come le motivazioni che hanno guidato decisioni cruciali della sua vita, dai primi scritti alla fondazione del partito L'Altra Russia e del giornale Limonka.
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È il rischio di questi biopic che cercano di evitare il compitino, dando un'immagine più terrena e meno intellettuale e idealizzata di un personaggio, ma che finiscono per concentrarsi sugli aspetti più morbosi della vita dei propri protagonisti: è successo recentemente con Bohemian Rhapsody e con Back to Black, che, invece di raccontarci perché Freddie Mercury e Amy Winehouse siano stati dei geni, hanno preferito mostrarci momenti della vita intima e personale della loro vita, a conti fatti non così determinanti per capire l'artista.
Nonostante la discutibile scelta di far recitare Ben Whishaw in inglese ma con accento russo, l'attore inglese offre una buona prova, molto fisica, totalmente dedicata al film. Non basta però a far davvero decollare Limonov: The Ballad, che parte spingendo sull'acceleratore e finisce per essere una ripetizione poco entusiasmante di flussi di coscienza e momenti di autodistruzione.
Conclusioni
Come scritto nella recensione di Limonov: The Ballad, il film di Kirill Serebrennikov sceglie di raccontare soprattutto l'aspetto umano del poeta e politico russo, concentrandosi sulla sua vita sentimentale e sessuale, raccontandone la grande fiducia nella propria grandezza e allo stesso tempo le pulsioni autodistruttive. Costruito quasi come un grande concerto per immagini, il film può contare su una buona prova del protagonista Ben Whishaw, ma finisce per non convincere del tutto.
Perché ci piace
- L'interpretazione di Ben Whishaw.
- La volontà di non realizzare un compitino scritto leggendo Wikipedia.
- La colonna sonora.
- Il cameo di Emmanuel Carrère.
Cosa non va
- La scelta di far recitare Whishaw in inglese ma con accento russo.
- L'indugiare eccessivo sulla sessualità del protagonsita.
- La sovrabbondanza di stimoli visivi, che finiscono per stancare.