Limitless: la TV dopata di serialità

Quattro anni dopo il successo dell'omonimo film diretto da Neil Burger, la CBS propone una serie che funge da sequel con un protagonista che ricorda molto il personaggio interpretato da Bradley Cooper, qui presente nelle veci di produttore e guest star. Il che non basta ad alzare il livello medio di un prodotto assai sottotono.

Stando all'opinione di molti, la televisione ha insegnato al cinema il valore della serialità. Personaggi che ricorrono, storie che si dilatano, universi narrativi che si intrecciano, mentre il pubblico si affeziona a tutto questo, fidelizzando con le sorti di storie su piccoli e grandi schermi. Una teoria avvalorata ogni anno da un susseguirsi di sequel cinematografici e da tantissime produzioni seriali che continuano a segnare la via da percorrere, assieme a nuovi standard di qualità artistica e narrativa. Bene, da qualche tempo sembra che le cose stiano prendendo una piega diversa con il cinema che sta suggerendo alla televisione di approfondire alcune sue pellicole attraverso la più capillare e profonda formula seriale.

Limitless: Brian Finch (Jake McDorman) in fuga in una scena del pilot
Limitless: Brian Finch (Jake McDorman) in fuga in una scena del pilot

Ma se l'esempio di Hannibal è stato più che positivo, i pilot di Minority Report e di questo Limitless fanno pensare che questa osmosi inversa non sia poi un'idea così brillante, soprattutto quando il film scelti per questo trasloco di schermi non sono certo memorabili.

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Nel 2011 Limitless arrivò al cinema riscuotendo un discreto successo di pubblico e di critica, grazie ad una rappresentazione allucinata del desiderio contemporaneo di successo. L'idea di elevarsi dalla mediocrità quotidiana e trasformare un fannullone come Eddie Morra (interpretato a suo tempo da Bradley Cooper) in un uomo di successo era di per sé affascinante e di facile presa sul pubblico. Poco importava che alla base di tutto ci fosse una sostanza chimica in grado di alterare le sinapsi celebrali per dare accesso ad aree mentali altrimenti inutilizzate. Il merito di Limitless (un film che bastava a se stesso) fu quello di rendere ammissibile il proibito, grazie ad un tono spensierato e un ritmo avvincente. Tutte caratteristiche che la premiere della serie cerca a tutti costi, con affanno, svelando velleità da sequel, ma assumendo pian piano la forma di un remake di serie B.

Pilota automatico inserito

Limitless: Jake McDorman e Jennifer Carpenter in una scena del pilot
Limitless: Jake McDorman e Jennifer Carpenter in una scena del pilot

Tutto parte da un inseguimento sulle tracce di Brian Finch, ragazzone quasi trentenne sospettato di omicidio. La vittima è uno dei suoi migliori amici e lui è innocente. L'ultima volta che i due si sono incontrati, Finch viene invitato a provare un farmaco sperimentale, l'NZT, in grado di attivare funzioni dormienti del cervello. Una sostanza molto utile per Brian, intenzionato a dare una svolta alla sua vita mediocre e insulsa, soprattutto ora che il padre malato ha bisogno di aiuto. Tutti elementi che manifestano l'evidente volontà di creare empatia con un protagonista scapestrato, signor nessuno dal buon cuore con una missione familiare da portare a termine. Ad agevolare la confidenza tra personaggio e spettatore, ecco la voce narrante di Finch che si rivolge direttamente al pubblico, alla ricerca della sua simpatia e del suo tifo. Una serie di tecniche (o tattiche) già utilizzate nel film di Neil Burger. E visto che in Limitless si parla di formule, si è pensato bene di andare sul sicuro, vivere di rendita e riproporre la stessa ricetta, mettendo tutto sulle spalle non poi così larghe di Jake McDorman. Un attore che ha gli stessi colori di Bradley Cooper, ma risulta più una via di mezzo tra il primo Ryan Gosling e una faccia da schiaffi alla Chris Pratt. Il suo impegno è apprezzabile anche quando si scontra con il principale problema di questo pilot: la scrittura. In meno di sette minuti gli sceneggiatori tentano l'azzardo di delineare le motivazioni e il vissuto del protagonista; senza dimenticare una sovrabbondanza di elementi didascalici e di situazioni al limite dell'assurdo che fanno subito traballare la credibilità di un prodotto che dovrebbe sospendere l'incredulità dello spettatore e trascinarlo con sé. Questo purtroppo non avviene e la colpa è di una trama piatta che sembra assestarsi verso il solito procedurale pompato con qualche scatto registico sotto l'impulso del farmaco dopante.

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Troppo elementare, Bradley

Limitless: Bradley Cooper e Jake McDorman in un'immagine del pilot
Limitless: Bradley Cooper e Jake McDorman in un'immagine del pilot

Il cameo di Bradley Cooper (qui anche produttore esecutivo assieme a Neil Burger e al compagno di notti feline Todd Phillips) era stato molto pubblicizzato ed è giustamente servito da traino per la puntata. La sua apparizione, ben anticipata da un simpatico cartellone pubblicitario, è però un'arma a doppio taglio. Da una parte il destino del suo Eddie, ritrovato quattro anni dopo le vicende del lungometraggio, svelano interessanti retroscena sugli effetti del potere. Diventato senatore con l'intenzione di candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti, Morra ha perso tutta la simpatica brillantezza di un tempo, lasciando spazio ad un atteggiamento da compassato calcolatore, uomo di peso che controlla, minaccia e ricatta. Non si sa ancora cosa voglia dal nostro Finch, ma il suo aiuto non sarà del tutto disinteressato. Eppure, il faccia a faccia tra Cooper e McDorman non fa che evidenziare la distanza tra la qualità del cinema e l'avventatezza di questo tipo di serialità, superficiale e affidata soltanto al ritmo. Bradley domina la scena e vince con facilità il confronto con un giovane che sembra voler seguire le sue tracce, alla ricerca affannosa del passaggio di testimone.

Limitless: Jake McDorman rapina una banca nel pilot
Limitless: Jake McDorman rapina una banca nel pilot

Va anche detto che le buone idee nella puntata pilota non mancano, ma vengono soltanto accennate con timidezza, proposte senza la dovuta convinzione. Su tutte la ricostruzione preventiva degli eventi che potrebbero verificarsi, sull'esempio dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie. Insomma, se la pillola di NZT permette a chi la assume di spingersi oltre i propri limiti, questa serie non vuole farlo, arginandosi da sola in un passatempo fugace, condito con un tocco di ironia. L'obiettivo di Limitless sembra quello di puntare alle menti rilassate dello spettatore, senza che lui si sforzi più di tanto per scomodare aree assopite del suo cervello.

Movieplayer.it

2.0/5