James subentra al padre scomparso nella gestione del fondo fiduciario di famiglia. Un ruolo che lo vedrà molto più impegnato rispetto a prima e che lo porterà a trascorrere molte ore della giornata in ufficio, lasciando da sola la moglie Sophie. Per adeguarsi a quello stile di vita si trasferiscono in una villa suburbana, dove James ha alle sue dipendenze un maggiordomo, una cameriera e un cuoco. A Sophie però non va a genio tutto quel personale che gironzola per casa e decide di licenziarlo.
Come vi raccontiamo nella recensione di Life Like, per ovviare ai lavori domestici sempre più oberanti, James convince la compagna a visitare Julian, un guru della tecnologia che vende avveniristici modelli di androidi, indistinguibili esteriormente da un essere umano. Sophie, gelosa delle possibili attenzioni del marito verso un robot dalle sembianze femminili, fa valere le sue ragioni e la scelta cade dunque su un modello maschile, Julian. L'entrata in casa del nuovo aiutante rischierà di scatenare situazioni impreviste...
Specchi e riflessi
Ricorda a più riprese diversi episodi di Black Mirror, indagando su un filo conduttore spesso indagato dalla fantascienza più recente, con echi di Ex Machina (2014) e altre pellicole a tema che fanno capolino nel corso dell'ora e mezzo di visione. Life Like sarebbe anche un titolo godibile se non fosse così estremamente derivativo nell'esposizione del triangolo tra i tre personaggi principali, con le mura della villetta quale unica ambientazione a far da sfondo a questa storia di potenziali tradimenti e gelosie crescenti. La vera sorpresa, che regala quel pizzico di stupore, è nel colpo di scena finale, parzialmente imprevedibile e capace di ribaltare in un'ottica più amara e crudele quanto visto in precedenza. Allo stesso tempo però, dietro il cliffhanger si nascondono anche forzature e inverosimiglianze che emergono per l'appunto a posteriori e che non rendono del tutto credibile la suddetta svolta narrativa.
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Io, robot
Non è l'inquietante bambola-ragazzina di Megan (2022) ma ha le sembianze e il fisico scolpito di Steven Strait quest'androide che giorno dopo giorno dimostra comportamenti sempre più umani, con tanto dei classici quesiti "puoi sognare?" o "sai cos'è l'amore?" posti dagli stralunati coniugi che si ritrovano ad affrontare una vera e propria crisi di coppia dopo la sua entrata in casa. D'altronde lo stesso creatore pone la domanda al marito indispettito "saresti geloso di un vibratore?" ed ecco che i doppi sensi e l'anima sessuale del racconto si agitano su acque irrequiete, in attesa di quell'epilogo rivelatore che apre a nuovi, o forse vecchi, orizzonti.
Il futuro che ci aspetta?
Life Like segna l'esordio dietro la macchina da presa di un lungometraggio di Josh Janowicz, anche autore della sceneggiatura, che mettendo a frutto la sua esperienza in campo pubblicitario riesce a gestire con una certa solidità la messa in scena, pur senza eccellere in virtuosismi di sorta e mancando di sequenze effettivamente evocative o d'azione. La macchina da presa si concentra così sul cast, sui volti di quei personaggi alle prese con crisi di nervi e con un'insicurezza nascente che si trasforma in timore, timore di quell'ignoto che vive e convive nelle stesse stanze lì con loro. Nuovi passi di una finta evoluzione si susseguono così in un racconto che ci ricorda di curare i nostri affetti, giacché il male e il pericolo di perdere le persone care sono da ricercare prima di tutto nei propri sbagli invece che in cause esterne, più o meno preoccupanti queste siano. Una morale spiccia ma efficace a dar corpo a una storia che vive di alti e bassi.
Conclusioni
Una coppia in crisi - ma che ancora non sa di esserlo - acquista un rivoluzionario modello di androide, identico in tutto e per tutto a un essere umano di sesso maschile (ovviamente affascinante e dal fisico scolpito), per occuparsi delle faccende domestiche. Ben presto il robot rischia di scombinare le dinamiche dei coniugi, che si ritroveranno vittime di gelosie e sospetti in una partita emotiva molto pericolosa... Life Like è uno sci-fi che rivisita un archetipo ormai classico di certa sci-fi esistenzialista, moderna e non, riflettendo sulla presa di coscienza da parte delle macchine e sui diritti che queste possono accampare a loro favore, in un mondo sempre più schiavo della tecnologia. Un bel colpo di scena finale non basta a risollevare del tutto un'operazione monotona e scontata nel precedente minutaggio.
Perché ci piace
- L'atmosfera ha una certa inquietudine latente.
- Un colpo di scena discretamente originale...
Cosa non va
- ...che va di pari passo con alcune forzature e inverosimiglianze.
- Un cast poco ispirato.
- Il tema è già stato affrontato innumerevoli volte e con risultati migliori.