Leonardo DiCaprio e Brad Pitt. Negli anni Novanta, in un tempo in cui le edicole profumavano ancora di carta appena stampata, bastava varcare la porta d'ingresso e li percepivi subito: erano gli occhi grandi e azzurri di due star in ascesa che ti fissavano dall'alto di copertine patinate. Cioè, Kiss Me!, Top Girl, nessuna rivista per teenager passava indenne al loro sguardo. A te, giovane cultrice o cultore di cinema in erba, non restava che scegliere, perché a quell'età era tutta una questione di scelta. Non più Beatles o Rolling Stones, Duran Duran o Spandau Ballet, zaino Invicta o Seven. Negli anni Novanta o eri "team Leonardo DiCaprio", o "team Brad Pitt". Due attori giovani, promettenti, così simili, eppure così diversi. Quelli che impazzavano su poster appesi nelle camerette di milioni di giovani ammiratori, non sapevano che nel tempo sarebbero diventati due star di Hollywood, protagonisti di film che avrebbero lasciato il segno. I giovani divi avrebbero lasciato spazio ad attori maturi, capaci di costruire, mattone dopo mattone, una carriera invidiabile. Per arrivare a tale traguardo, Brad Pitt e Leonardo DiCaprio hanno corso lungo binari paralleli, verso carriere accomunate da temi, generi, peculiarità, simili sulla carta, ma del tutto divergenti nella loro messa in pratica.
E così se DiCaprio tende a una scelta ponderata dei film da interpretare, puntando a ruoli introspettivi e non sempre facili da portare sullo schermo (Inception, Shutter Island, Revolutionary Road), Brad Pitt ha alternato opere commerciali (Mr. & Mrs. Smith, Ocean's Trilogy) a opere dalla forte componente fisica (World War Z) o intimistica (The Tree of Life, Babel e Ad Astra, in uscita il prossimo 26 settembre) senza dimenticare ruoli più stralunati come in Burn After Reading - a prova di spia. Entrambi filantropi, attivi nel campo della beneficienza, produttori e dalla vita amorosa alquanto movimentata, a unire le vite di Leonardo DiCaprio e Brad Pitt è tutto un gioco di similitudini e differenze. Ma cosa accomunano davvero, rendendo allo stesso tempo uniche, le carriere di queste due star? Scopriamolo insieme.
Essere Teen Idol
La carriera cinematografica di Brad Pitt (Shawnee, 18 dicembre 1963) incomincia nel 1987 con piccoli ruoli in film come Senza via di scampo, La fine del gioco e Al di là di tutti i limiti. È però nel 1991 che ha inizio la sua lunga ascesa all'Olimpo di Hollywood partecipando a Thelma & Louise di Ridley Scott. Tassello dopo tassello, grazie a film come Vento di passioni, Intervista col vampiro, Se7en e L'esercito delle dodici scimmie, il giovane Pitt non solo mostra le sue invidiabili prove attoriali, ma inizia ad attirare l'attenzione dei media e, in particolare, del pubblico femminile.
La consacrazione a teen idol avviene tra il 1997 e 1998 con l'uscita nelle sale di Sette Anni in Tibet e Vi presento Joe Black. Un dominio a prima vista assoluto il suo, se non fosse che in quello stesso periodo un'altra stella stava iniziando a brillare più fulgida che mai: quella di Leonardo DiCaprio. Nato a Los Angeles l'11 novembre 1974, DiCaprio inizia sin da piccolo a frequentare vari set, sfoggiando qualità interpretative sorprendenti per la sua tenera età. Tiene testa a Robert DeNiro in Voglia di ricominciare e a Johnny Depp in Buon compleanno, Mr. Grape. Non passa molto tempo prima che quel ragazzino dal volto angelico inizi a far battere i cuori delle proprie fan in estasi con la stessa forza trascinante con cui porta i critici di tutto il mondo a scrivere parole di elogio nei suoi confronti. Sarà però con Titanic che ha inizio la "DiCaprio mania": poster, t-shirt, matite, tutto ha il volto di Leonardo DiCaprio. È il 1997: Brad Pitt ha trovato ora il suo degno "rivale".
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Riscrivere la storia tra biopic e colossal
È inutile nasconderlo: partecipare a un colossal, o a un film storico, è la prerogativa di tutti i grandi attori di Hollywood. Brad Pitt (protagonista di Troy nel 2004) e Leonardo DiCaprio (La maschera di ferro, 1998) non fanno di certo eccezione. Nei panni di Achille Brad Pitt non ha paura di mostrare il proprio fisco scultoreo, confermando la sua propensione ad accettare sia ruoli "fisici", che psicologici. Impegnato nel doppio ruolo di re Luigi XIV e del suo gemello omozigote Filippo, nel film liberamente ispirato al romanzo "Il visconte di Bragelonne" di Alexandre Dumas, Leonardo DiCaprio conferma il suo disinteresse nello sfoggiare il proprio corpo tra battaglie e azioni, preferendo lavorare sulla costruzione psicologica dei propri personaggi. L'attore riesce nell'impresa di donare a entrambi i gemelli una propria personalità, caratterizzandoli in maniera dicotomica e opposta. Vige in DiCaprio una propensione ad allontanarsi dall'aspetto puramente estetico per abbracciare quello più introspettivo.
Altra differenza: se Brad Pitt si avvicina solo sporadicamente al genere dei biopic (in L'arte di vincere - Moneyball interpreta Billy Beane, general manager della squadra di baseball Oakland Athletics, mentre in L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford è il criminale Jesse James) Leonardo DiCaprio non sembra disprezzare tale tipologia filmica, portando spesso sullo schermo personaggi socialmente discutibili. Dallo spregiudicato broker newyorkese Jordan Belfort in The Wolf of Wall Street, al direttore dell'FBI J. Edgar Hoover in J. Edgar di Clint Eastwood, passando per il falsario Frank Abagnale Jr. in Prova a prendermi di Steven Spielberg e il cacciatore Hugh Glass di Revenant (grazie al quale nel 2017 vince finalmente il suo primo Premio Oscar dopo cinque nomination) l'attore 44enne ha saputo cogliere questi ruoli come continue sfide; li ha studiati facendo proprie le loro manie e debolezze, così da infondere loro un'umanità capace di catturare l'attenzione dello spettatore e, soprattutto, la sua empatia.
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L'arte di non essere un attore feticcio
Dopo il flop di The Beach nel 2000 e la dura controversia che ha colpito la produzione, rea di aver distrutto un paradiso naturale come quello di Phi Phi Island, Leonardo DiCaprio impara in fretta ad accusare il colpo per rinascere più forte che mai. Nel 2002 ha inizio per l'attore un sodalizio che lo porterà a essere uno degli attori feticcio di una colonna portante dell'olimpo hollywoodiano come Martin Scorsese. Sono infatti cinque i film diretti dal regista di Taxi Driver che lo vedono protagonista: Gangs of New York, The Aviator, The Departed - Il bene e il male, Shutter Island e The Wolf of Wall Street. Altro regista a cui DiCaprio sembra essere profondamente legato è Baz Luhrmann. Per il visionario cineasta australiano, DiCaprio ha dato vita a due pesi massimi della letteratura come Romeo in Romeo + Giulietta di William Shakespeare (1996) e Jay Gatsby nell'adattamento del 2013 de Il grande Gatsby.
Dal canto suo Brad Pitt può vantare un sodalizio consolidato con due degli autori più interessanti del panorama contemporaneo: David Fincher e Steven Soderbergh. Il primo ha avuto il coraggio di puntare su Pitt mostrandone il lato più oscuro, fragile e psicotico. Lo ha svestito del suo fascino per trasformarlo in detective ambizioso e vittima della propria ira vendicatrice (Se7en), frutto violento nato in seno a un disturbo di sdoppiamento della personalità (Fight Club) e uomo vittima di uno scherzo del destino che lo vuole nascere anziano e morire neonato (Il curioso caso di Benjamin Button). Fruttuosa anche la collaborazione con Steven Soderbergh che non solo lo dirige in un cameo insieme allo stesso Fincher in Full Frontal, ma anche e soprattutto nella trilogia di successo dedicata alla banda di Danny Ocean.
Francis Scott Fitzgerald
Le differenze interpretative, gli stili attoriali divergenti, e le scelte di carriera si condensano, per poi mostrarsi in tutta la loro potenza, nel modo in cui i due attori hanno portato sulla scena due capisaldi della letteratura di Francis Scott Fitzgerald. Ne Il grande Gatsby Baz Luhrmann investe lo schermo di tutti quegli eccessi visivi che tanto caratterizzano il proprio stile autoriale; un'ostentazione di colori e movimenti di macchina che sottolineano per contrasto l'intima caratterizzazione del protagonista messa in campo da Leonardo Di Caprio. Le manie di protagonismo di Gatsby si scontrano dunque con la performance dell'attore, capace di rivelare l'animo più fragile del suo personaggio giocando per sottrazione. Fragile e complesso è anche Benjamin Button, a cui Brad Pitt presta anima e volto - sia reale che digitalizzato - per l'adattamento cinematografico del 2008 diretto da David Fincher. Pitt qui si conferma interprete dall'espressività contenuta, e per questo perfettamente in linea con quel gusto fincheriano volto a lavorare sul corpo dell'attore. Qui più che mai la visione del regista si fossilizza sul cambiamento fisico del protagonista; la performance di Pitt si riduce dunque a un mutamento estetico dettato dalla storia stessa. Non a caso Fincher pone molta attenzione alle diverse fasi di ringiovanimento del protagonista, rispondendo all'attesa spettatoriale di vedere il vero Brad Pitt sullo schermo con giochi di luce e cromatismi perfettamente studiati per esaltarne la bellezza.
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L'arrivo di Quentin Tarantino
Per un regista cresciuto a pane e fotogrammi come Quentin Tarantino, cassiere di un videonoleggio che ha fatto della sua fame "cine-bulimica" il segreto del suo successo, era questione di tempo prima che si affidasse a due attori che di quel mondo patinato, brillante, e da lui tanto amato come quello di Hollywood, sono diventati idoli assoluti. E così Tarantino roda la propria macchina dei sogni chiamando a sé prima Brad Pitt, e poi Leonardo DiCaprio, per poi realizzare il desiderio nascosto di un'intera generazione: lanciare entrambe le star sul circuito di una Hollywood di fine anni '60 e dare vita alla sua sinfonia numero nove: C'era una volta a... Hollywood. Prima di arrivare a questo nuovo capitolo cinematografico, nel 2009 Tarantino dirige quello che per molti è considerato uno dei suoi capolavori: Bastardi senza gloria. Brad Pitt interpreta il leader dei Bastardi, Aldo Raine, dando vita a una delle scene più iconiche non solo dell'intera produzione tarantiniana, ma cinematografica in senso lato: l'imboscata ai danni di Adolf Hitler e dell'esercito nazista spacciandosi per lo stuntmen italiano (e qui il richiamo a Cliff Booth è forte) Enzo Gorlomi. A interpretare la nemesi dei Bastardi è il cacciatore di ebrei Hans Landa, interpretato da Christoph Waltz, ma non tutti sanno che inizialmente il ruolo di Landa doveva andare a Leonardo DiCaprio.
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Se per il duo DiCaprio - Pitt dobbiamo dunque aspettare dieci anni dall'uscita dei Bastardi, un po' meno è servito a Tarantino per lavorare con Leonardo DiCaprio. È il 2014 e al cinema esce Django Unchained. A rubare la scena a tutto il cast è il temibile Calvin Candie di Leonardo DiCaprio. Irriverente, sopra le righe, carico nelle espressioni quanto di odio, megalomane e violento, lo schiavista senza scrupoli immortalato dall'attore è una forza della natura che non ha paura di sporcarsi le mani (letteralmente, visto che per improvvisare una scena l'attore si è tagliato con il vetro) pur di soddisfare i suoi più atavici e animaleschi desideri di appagamento spettatoriale assistendo a sanguinolente e letali lotte tra "mandingo". La megalomania di Candie, mescolata al passato di attore di film western vantato da DiCaprio quando nel 1995 prese parte al film di Sam Raimi Pronti a morire, e la fermezza di Aldo Raine unita a quell'alone di mistero che circonda Cliff Booth circa l'omicidio della moglie e che non può che ricordare quelli tentati da John Smith in Mr. And Mrs. Smith, sono una girandola caleidoscopica lanciata sul binario della cinefilia che mescola passato extradiegetico dei due attori, a quello personale dello stesso regista capace di dar vita a una bomba a orologeria chiamata C'era una volta a... Hollywood. Con Tarantino la rivalità tra Brad Pitt e Leonardo DiCaprio si è trasformata finalmente in complicità.