Qualcosa di magico e unico può accadere tra le fila degli ultimi banchi di scuola. Mentre gli occhi della prof non guardano, amicizie si formano, legami si stringono. Quell'ultima fila si fa marcatore di sodalizi indistruttibili e forgiatore di alchimia e complicità pronte a rigenerarsi, anno dopo anno, estate dopo estate.
Come sottolineeremo in questa recensione de Le ragazze dell'ultimo banco, la serie spagnola disponibile su Netflix è un breve romanzo di formazione per chi è adulto lo è già; un manuale di istruzione in sei capitoli atto a dimostrare come dietro le apparenze, e all'interno di fragili corazze, si nascondono farfalle pronte a rinascere sotto nuovi colori, nella speranza che il grigiore di una quotidianità assuefatta non le soffochi ancora una volta. Le protagoniste si rasano i capelli, ma a essere disfatta non è solo la loro folta chioma. Con la scusa di omettere la questione "cancro", le cinque amiche sputano fuori segreti, rimorsi, pensieri e paure tenute celate al mondo esterno. Uno strato di non detti che ha finito per incancrenire il loro presente sulla forza del proprio passato. Basteranno dei foglietti anonimi, e delle sfide impresse con l'inchiostro di una penna, per smuovere e distruggere quella routine passivamente costruita e accettata, sulla base di compromessi e aspettative avanzate da famiglie e membri della società.
LE RAGAZZE DELL'ULTIMO BANCO: LA TRAMA
Cinque amiche ormai sorelle; cinque donne vicino ai quarant'anni intente a radersi la testa in segno d'amore e solidarietà per una di loro, a cui è stato diagnosticato il cancro. Cinque amiche che si conoscono dall'infanzia, da quando a scuola un professore le ha messe all'ultimo banco della loro classe per via dei loro cognomi. Cinque amiche abituate a trascorrere ogni anno una settimana insieme in vacanza. Ma questa volta decidono di aggiungere un tocco trasgressivo alla propria tradizione: prima di partire, decidono che durante il viaggio nessuna parlerà della malattia e che ognuna di loro dovrà portare a termine una sfida, concretizzare un desiderio o fare qualcosa che non aveva mai avuto il coraggio di fare prima. Sono le cinque protagoniste di Le ragazze dell'ultimo banco.
RIFLESSI DELL'ESSERE DONNA
Mogli perfette, madri devote, donne indipendenti, e influencer che non hanno paura di mostrare le proprie fragilità e i propri demoni interiori. Le cinque protagoniste di Le ragazze dell'ultimo banco sono la rappresentazione in formato ridotto di tante sfumature dell'essere donna. In punta di piedi, entriamo nelle loro vite per poi essere trascinati con furore tra tradimenti e paure, insicurezze e debolezze, montagne russe emotive nascoste sotto una coltre di sorrisi forzati e messaggi audio mai inviati. Ogni bigliettino nel corso di queste sei puntate è molto più che una sfida: è un Velo di Maya pronto a essere squartato per rivelare la vera essenza di cosa significhi essere donna: non più angelo del focolare, ma individuo indipendente, autorizzato a trasgredire alle regole anche e solo nello spazio di una sola serata; persona consenziente e lontana dal ruolo impostole dal volere della società, che ama la propria autonomia, sebbene soffocata da una paura maledettamente lacerante di perdere se stessa e gli altri.
Le sfide tinte di inchiostro e lasciate su un pezzo di carta sono dunque un vaso di Pandora pronto ad aprire un rubinetto di non detti ostruitosi negli anni, un fluire di emozioni che le cinque protagoniste riescono a incanalare e restituire con una naturalezza disarmante. Senza liberarsi di quelle smorfie esacerbate e una gestualità caricata tipica della commedia spagnola, ogni interprete di questa commovente e dolce serie si sveste della propria personalità per inserirsi nel corpo e nell'anima di Sara, Almo, Carol, Leo e Olga. A spiccare è soprattuto Maria Rodriguez Soto nei panni della madre devota e moglie insicura Carol. È un camaleonte discreto, l'attrice di Barcellona: il suo viso è una mappa delle emozioni pronta a cambiare rotta, passando con apparente semplicità dal riso alla tristezza, i suoi occhi si riempiono di gioia, oppure si bagnano di lacrime pronte a fuoriuscire, lasciandosi indietro macchie di un coraggio che forse non verrà mai fuori.
GLI OCCHI NON MENTONO
E sono gli occhi, quello specchio dell'anima riflettente ogni vera emozione, l'elemento su cui la regia di Daniel Sanchez Arevalo si affonda e si àncora, tracciando un itinerario sentimentale incapace di mentire, proprio come le sue protagoniste nel corso del quinto episodio. Nonostante la serie segni il suo debutto alla regia, il giovane regista (memore degli insegnamenti impartiti da Pedro Almodóvar) si dimostra capace di trovare un giusto equilibrio nell'incanalare la forza scaturente dai corpi delle proprie protagoniste; una chimica che fa da portale al proprio spettatore all'interno della storia, supportata da un'alternanza calibrata da riprese ampie, e primi piani ristretti su volti che guardano in macchina, rivestendo il tutto di un senso di confessione intima e personale. Ma le sfide proposte dai bigliettini, quei limiti da superare per annientare paure e pregiudizi, sono anche dei lacci stretti pronti a unire ancor più un'amicizia che va oltre le incurie del tempo e dello spazio. Le cinque donne ci vengono pertanto presentate nella loro individualità, come elementi unici, dalla psicologia ben tracciata, resa visivamente da momenti intimi che le separano dalle altre, lasciando che si spoglino emotivamente solo dinnanzi a se stesse e allo spettatore. Ma sono anche parti integranti di un tutto, di una piccola comunità di amiche, e per questo immortalate in totali e campi lunghi, tra danze sfrenate e bagni in mare, sempre insieme, sempre unite, anche nello spazio di un'inquadratura.
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LE DIRAMAZIONI DELL'ESISTENZA
Vivere con se stessi non è facile. Ci proviamo a essere trasparenti, a dire sempre e solo la verità, a non avere segreti, eppure qualcosa ci blocca, un filtro intessuto di inconscio timore lascia passare solo i concetti e le parole che ci appaiono più consone e di conforto. Sono ancore di salvezza forgiate dagli eventi del passato e su cui aggrapparsi nel mare in tempesta del presente, tra doveri e responsabilità. Un cammino non sempre lineare che prima lo sceneggiatore, e poi il montatore de Le ragazze dell'ultimo bianco colgono e sfruttano per la propria opera, diramando la linearità unidirezionale del racconto, in una duplicità narrativa sia dal punto di vista mentale, che temporale. Flash mnemonici di ricordi passati si intromettono nel corso del presente, così come la realtà del momento si abbraccia a una versione alternativa e immaginata di uno stesso evento, permettendo allo spettatore di entrare nella mente di ogni protagonista, assistere al funzionamento della propria fantasia, e comprendere la vera natura dei loro bisogni e delle loro speranze. Un abbraccio collettivo, tra rimorsi e desideri, danze e lacrime, labbra che baciano e occhi che piangono.
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VIVRE SA VIE
Vivere come se ogni giorno fosse l'ultimo, assaporare il momento come se alla fine di una vacanza ad accoglierci è il sonno eterno, sentirsi come un prodotto al limite della data di scadenze. É un turbinio di emozioni quello che affligge ogni protagonista di questa serie, sospetto papabile di una malattia che solo a nominarla fa paura, e anche per questo viene lasciata indietro, con la promessa di non essere mai nominata come il cancro. Fino alla fine lo spettatore, proprio come tutti i personaggi che incroceranno i propri percorsi con quelli delle cinque protagoniste, non saprà chi è quella portatrice di timore e paura. Un elemento da film poliziesco e di indagini, che fa del pubblico tanti piccoli Sherlock Holmes pronti a dare un significato a ogni parola, gesto o pensiero, ricercando dietro ogni passo compiuto un indizio sulla verità celata. In questa totale uguaglianza di probabilità, dove cinque donne diventano un'essenza sola, lo spettatore trova un ulteriore accesso a un'opera semplice eppure così complessa, commovente ma mai retorica, solida ed equilibrata, ironica e seriosa, come Le ragazze dell'ultimo banco: un prodotto seriale dalle molteplici anime, come molteplice e divergente, pazzo e amorevole, indipendente e materno è l'essere donna.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione de Le ragazze dell'ultimo banco sottolineando come la serie spagnola di Netflix si inserisca nel panorama seriale con garbo ed eleganza, raccontando uno spaccato di vita realistico e commovente.
Perché ci piace
- La performance delle attrici
- La regia tra l'intimo e il distante
- Le bellezze del paesaggio
- L'onestà del racconto
Cosa non va
- Il ritornare su certi aspetti già conclusi o inutili
- La fotografia troppo accesa in momenti più cupi