Esiste forse un unico lato positivo della sofferenza, di qualsiasi forma essa sia: "Un giorno tutto quel dolore ci sarà utile", forse anche solo per poter dire a chi soffre che non è solo, che in quel posto buio della mente e dell'anima, ci siamo stati anche noi, in maniera diversissima ma maledettamente uguale. Questo approccio è la filosofia dietro il successo di una rubrica di consigli, Dear Sugar, portata avanti dalla scrittrice Cheryl Strayed in forma anonima per anni sulla rivista americana online The Rumpus fino al 2012, anno in cui ha dichiarato di esserne l'autrice. Diventata un libro che raccoglieva le lettere più significative, è stato prima adattato come opera teatrale dalla candidata all'oscar Nia Vardalos ed ora, nelle mani della Hello Sunshine di Reese Witherspoon e prodotta da quest'ultima e Laura Dern diventa una miniserie pronta a sbarcare su Disney+ ( Hulu in USA) dal 7 aprile. In questa recensione di Le piccole cose della vita, questo il titolo del libro e della serie in 8 episodi di 30' creata da Liz Tigelaar, la stessa di Little Fires Everywhere, con Kathryn Hahn nel ruolo della protagonista scrittrice Clare Pierce, elogiamo l'intensità e la profondità con cui le parole e l'esperienza di Strayed dalla carta hanno preso vita sul piccolo schermo.
Cheryl Strayed è la stessa autrice di un successo letterario e poi cinematografico, Wild (2015) interpretato da Reese Witherspoon. A giudicare dalla resa di questi otto episodi, è già evidente che sia Witherspoon che Laura Dern abbiano, da produttrici esecutive, un occhio abile e allenato ad individuare i temi che colpiscono al cuore e come toccarli, soprattutto quando a parlare sono le donne. La serie si apre su Clare nel punto forse più caotico e fuori controllo della sua vita: è in crisi con il marito Danny (Quentin Plair) con cui fanno terapia di coppia; sua figlia Rae (Tanzyn Crawford) la incolpa e le scarica addosso, neanche troppo subdolamente, tutte le frustrazioni dell'adolescenza; lavora in una casa di riposo, quando invece era una promettente scrittrice.
Mentre si crogiola sul fondo, un vecchio amico scrittore, ricordando la sua bravura con le parole, le chiede di sostituirlo in una rubrica di consigli, anonima, Dear Sugar. Nonostante non si senta in diritto e in grado di dare consigli a nessuno, man mano che la sua vita va avanti, Clare torna indietro con la memoria alla sé ventenne, al ricordo della madre che ha perso per un cancro e trova, magicamente, la forza e la saggezza di rispondere. Diventa Sugar e la serie acquista la cadenza narrativa di una lettera ad episodio. Kathryn Hahn si consacra la magnifica e umile attrice che è, sostenuta da un cast che trova il suo più grande pilastro in Sarah Pidgeon, interprete della protagonista da giovane. Solo chi non ama gli show che ti chiamano in causa emotivamente, troverà qualcosa da ridire, perchè Le piccole cose della vita è un po' come andare in terapia, devi voler veramente e fortemente lavorare su se stesso, per entrare nello stato d'animo giusto, altrimenti, chiamando in causa il nostro commento iniziale, tutto questo dolore sarà inutile.
Il voice over come una carezza
Diciamocelo chiaramente, la tecnica del voice over, al cinema come nella serialità, è spesso abusata. Escamotage facile e veloce per semplificare sceneggiatura e produzione, è il famoso "lo dimo" (ve lo diciamo invece di farvelo vedere) alla Boris. La voce di Kathryn Hahn nel ruolo di Clare che risponde alla lettera di turno, accompagnandoci dentro il suo passato senza raccontarlo ma riflettendoci solamente su, è invece l'eccezione, il sussurro riflessivo e la carezza che volevamo e vogliamo sentire per elaborare quella storia, quelle storie, così lontane da noi ma così tanto vicine. Come ha detto la stessa Hahn in un'intervista su Hulu, il suo passato per Clare è il pozzo dove va ad attingere per poter entrare in empatia con chi le scrive, comprenderne dubbi e sofferenze. Il guardarsi indietro diventa così fluido e mai forzato, i fantasmi della donna sono davanti a lei, la circondano, le fanno compagnia, la tormentano ma la più presente è la lei da giovane, Sarah Pidgeon, con il viso tra i più sereni, disperati, entusiasti e ansiosi che la serialità abbia mai visto.
Kathryn Hahn
Del potenziale infinito di Kathryn Hahn ce ne siamo sfortunatamente accorti tardi, solo, veramente, negli ultimi 10 anni, avendola relegata, nel fior fiore degli anni cinematografici, a spalla ironico-comica di più avviate star, vedi Kate Hudson in Come farsi lasciare in 10 giorni. Dal mancato successo della serie Mrs. Fletcher passando per le Bad Moms al cinema, possiamo sicuramente ringraziare il personaggio di Agatha Harkness in WandaVision che, pur essendo uno dei ruoli più fantastici e lontani dalla realtà (essendo Marvel) interpretati dall'attrice, le ha permesso di mostrare i suoi lati più drammatici, oscuri, profondi, pur riuscendo a farli coesistere con lo spirito della commedia che mai ha abbandonato Hahn. Il risultato, e le sapienti produttrici Witherspoon e Dern lo sapevano, è una Clare a tutto tondo, bellissima perché costantemente fallace e umana.
Clare ha 49 anni e non uno di più, non si pettina mai e non si lega mai i capelli, si agita spesso e suda, la notte rielabora i traumi del giorno e di sempre e li trasforma in incubi astrusi e contorti. Ha un conto in sospeso con il padre e non è mai venuta a patti con il fatto che l'uomo non ha mai veramente voluto lei e suo fratello. Ha il terrore dell'abbandono e non pensa mai troppo prima di sparare a zero o rispondere a tono. La bravura di Hahn è esaltata ancora di più dai suoi compagni di serie e di squadra, dalla sua controparte giovane Sarah Pidgeon alla figlia di Clare, interpretata da Tanzyn Crawford ed a sua madre, una Merritt Wever che farebbe e sospettiamo farà venire la nostalgia per la propria mamma a chiunque, ad ogni età.
Ama
Non c'è sigla di apertura in Le piccole cose della vita e la musica arriva veramente solo a fine episodio per aiutarci a metabolizzare ed elaborare quanto appena visto, come se fossimo a fine seduta dopo la terapia. È come se la lettera a Sugar/Clare in effetti gliel'avessimo scritta anche noi per esorcizzare le paure, per capire cosa fare del nostro essere troppo figli o troppo genitori, non esserlo e volerlo essere, non volerlo essere, non poterlo essere. Ci sentiremo nostalgici e malinconici dell'amore che abbiamo ricevuto o nuovamente rancorosi verso chi non ci ha amato come doveva. Le piccole cose della vita è una pacca sulla spalla e uno schiaffo in faccia, di quelli a cui segue uno scossone, uno "svegliati e goditi le piccole cose".
"La cosa migliore che tu possa fare nella tua vita è amare": questa la lezione impartita a Clare da sua madre, questo il miglior consiglio che la scrittrice proverà ad impartire ai suoi lettori ed a se stessa, anche quando significherà forse lasciare andare le persone che ama, farle scegliere con la propria testa e la propria voce interiore. Le piccole cose della vita chiude il suo percorso di otto episodi trovandoci un po' più consapevoli che la nostra esistenza è esattamente uno "shitshow" una schifezza, come quella degli altri, tanto vale abbracciare il caos e le nottate stesi sull'erba ad aspettare di incontrare dei bellissimi e surreali cavalli bianchi.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione della prima stagione di Le piccole cose della vita con Kathryn Hahn con ancora un po’ di commozione, malinconia e nostalgia addosso, quella di chi ha intrapreso un percorso con la protagonista nel guardare al passato e rielaborarne ricordi e traumi. Questa miniserie tratta dall’omonimo libro (e rubrica) di Cheryl Strayed, autrice del pluripremiato Wild, trasforma in immagini in movimento gli stessi sentimenti provati attraverso le pagine del libro. Kathryn Hahn si conferma l’ottima e intensa attrice che è, mentre Reese Witherspoon e Laura Dern rinnovano il loro essere produttrici illuminate.
Perché ci piace
- Kathryn Hahn è vera, umana, perfetta.
- La serie funge da seduta psicoanalitica per lo spettatore.
- Fa venire voglia di abbracciare il proprio caos e i propri fallimenti con amore.
Cosa non va
- Premette una predisposizione dello spettatore a volersi emotivamente mettersi in gioco.
- A volte tende alla positività tossica.