Canta che ti passa, dice un vecchio detto. Questo è ciò che prova a fare Nelson, un bambino di dieci anni dall'ugola d'oro paralizzato dalla timidezza e dal timore di deludere la madre single, che lo cresce tra mille sacrifici con l'aiuto della nonna. Nelson sogna di fare il cantante e spinto dagli amichetti Mia e Zidane, due fratellini senza fissa dimora, decide di iscriversi al concorso "Star Kids", che gli permetterà di diventare famoso e comprare una casa per sé e per gli amichetti. Adesso gli manca solo un preparatore vocale che troverà nell'ombroso Pierre Leroy, cantante parigino giunto sull'Isola della Réunion per esibirsi nel resort in cui lavora la madre di Nelson.
Un paradiso esotico, un gruppo di simpatici bambini e una storia edificante e commovente. Le Petit Piaf, da oggi al cinema distribuito da No.Mad Entertainment, è il classico film per famiglie che non brilla per originalità, ma dosa con sapienza ingredienti tradizionali dando vita a una pellicola piacevole e divertente. Tutto merito dell'ambientazione suggestiva e della simpatia dei piccoli protagonisti Soan Arhimann, vincitore dell'edizione francese di The Voice Kids, Ornela Dalèle e Zacharie Rochette, tutti alla prima esperienza davanti all'obiettivo. Ma a spiccare è soprattutto l'alchimia tra Soan Arhimann, che interpreta il piccolo Nelson, e lo stropicciato Marc Lavoine, attore e cantante francese che ha lavorato con Claude Chabrol, Luc Besson e Neil Jordan.
La musica cura tutte le ferite
Le Petit Piaf è un film sulle seconde possibilità che riunisce un gruppo di personaggi affetti ognuno dal proprio malessere. Nelson non riesce a superare la timidezza che gli rende difficile esibirsi in pubblico e in più deve fare i conti con la madre, che vorrebbe per lui un futuro di studio e un lavoro sicuro. A sua volta, la donna è tutto il giorno via, impegnata a fare le pulizie in hotel, e non riesce a seguire il figlio come vorrebbe. Peggiore è la situazione di Mia e Zidane, orfani e privi di alloggio, ma determinati a tutto pur di non andare in una casa-famiglia e rischiare di essere separati. E che dire di Pierre Leroy, cantante di successo che ha accettato di esibirsi nella sperduta Isola della Réunion per sfuggire alla metropoli parigina e ai fantasmi del passato. Perfino il proprietario dell'hotel, il bonario Monsieur Lepetit, interpretato dal regista Gérard Jugnot, sotto sotto non se la passa troppo bene.
Nonostante le difficoltà i buoni sentimenti trionfano nell'Isola della Réunion, lussureggiante paradiso turistico nel cuore dell'Oceano Indiano che fonde cultura francese e creola. Oltre alle bellezze naturali e alla povertà, ad abbondare in questo luogo lontano dal resto del mondo è la musica che si suona e si balla per le strade e nei locali. E la musica non manca certo nel film, forte delle performance di Marc Lavoine e della sua chitarra, accompagnato talvolta dalla voce bianca di Soan Arhimann. E proprio il cuore del film è rappresentato dalle lezioni di canto di Nelson, preso da Pierre Leroy sotto la sua ala protettrice. Il cantante addestra il suo piccolo allievo con metodi discutibili, facendolo cantare in equilibrio su una tavola da surf o in cima a un monte, ma più che espandere le sue capacità vocali le sue lezioni lo aiuteranno a trovare quella fiducia in se stesso che gli manca per spiccare il volo.
Affetti, amici e famiglia: insieme si marcia più spediti
Come ammette lo stesso Gérard Jugnot, lo scopo di Le Petit Piaf è divertire e intenerire con un intrattenimento garbato. Il delicato humor che pervade il film strappa il sorriso in più occasioni mentre il trionfo dei buoni sentimenti scalda il cuore. La pellicola di Jugnot è la storia di una comunità, di legami familiari e di amicizie che si consolidano su un'isola dove nessuno è abbandonato a se stesso. La solidarietà, per grandi e piccini, passa attraverso la musica e i gesti concreti anche se non manca un sottofondo di cinismo che trapela dai due grilli parlanti della storia, lo scombinato Pierre Leroy e la piccola Mia, che nonostante la giovane età ha già saggiato la durezza della vita.
Se la speranza di un futuro migliore passa attraverso il canto, Le Petit Piaf è un inno all'arte, alla bellezza, alla capacità di coltivare i propri sogni e all'amicizia raccontato con linguaggio semplice e immediato. La piacevolezza del film passa attraverso la costruzione dei personaggi, principali e secondari. Anche l'apparizione delle figure di contorno, semplici macchiette ma costruite con garbo, strappa il sorriso con i suoi tocchi di slapstick sparsi quasi e là (il tormentone delle porte scorrevoli che non si aprono al passaggio di Pierre Leroy e la fisicità dell'improbabile tassista Hubert in primis). Per non parlare delle sequenze musicali, piazzate nei momenti giusti e capaci di conquistare il pubblico che non riuscirà a togliersi di dosso tanto facilmente il tormentone musicale di Nelson, Mon peï, scritto ed eseguito da Soan Arhimann.
Conclusioni
Piacevole e garbata, la commedia di Gérard Jugnot Le Petit Piaf è un intrattenimento per famiglie che scalda il cuore, ma è anche un inno a coltivare i propri sogni nonostante le avversità. Grazie alla caratterizzazione e alla chimica tra i personaggi, soprattutto tra il piccolo Soan Arhimann e il popolare Marc Lavoine, la storia fila via veloce in un tripudio di musica, divertimento e buoni sentimenti.
Perché ci piace
- La gradevolezza dello script e la caratterizzazione dei personaggi.
- La chimica tra i due protagonisti, il piccolo Soan Arhimann e il navigato Marc Lavoine.
- La centralità della musica e il garbo dei momenti comici.
- La splendida location dell'Isola della Réunion.
Cosa non va
- Il lieto fine è chiaramente telefonato.