La grande odalisca è un dipinto ad olio di inizio Ottocento di Jean-Auguste-Dominique Ingres, attualmente conservato al museo del Louvre di Parigi. Un'opera rappresentante di un movimento artistico nato a seguito della Rivoluzione francese e dell'ascesa di Napoleone e che aveva come suoi soggetti principali delle figure provenienti da realtà distanti da quella occidentale, in grado di celebrare la bellezza laica. In questo caso si tratta di una donna appartenente ad un harem dell'antico impero ottomano, nuda senza essere provocante, dal portamento naturale e dallo sguardo sereno e consapevole. Un quadro contenente un messaggio scevro da qualsiasi influenza cattolica o stereotipo estetico con cui si rappresentavano i corpi femminili. Un dipinto, dunque, non convenzionale per l'epoca.
La grande odalisca è anche una graphic novel del 2012 scritta da Bastien Vivès e disegnata da Florent Ruppert e Jerome Mulot e racconta di una spy story completamente al femminile. Una storia di donne forti, di amicizia, di famiglia e di maternità. Nella recensione di Le ladre vi parliamo dell'adattamento Netflix di questo fumetto, disponibile sulla piattaforma del Tudum dal 2 novembre 2023 e diretto e co-interpretato da una splendida Mélanie Laurent affiancata da una vulcanica Adéle Exarchopoulos. Duo inedito e incredibilmente efficace alla guida di un cast completato da un'icona come Isabelle Adjani e dalla giovane Manon Bresch.
Nel film il quadro diventa un'opera pop che reinventa il suo corrispettivo originale e un macguffin significativo dal punto di vista tematico, oggetto di interesse di tutti i personaggi coinvolti e unica modalità di accesso alla svolta sperata dalle protagoniste, che è quella tradizionale di storie di questo genere, ovvero riuscire ad uscire "dal giro" in cui ci si è entrate per forza e avere, finalmente, una vita normale.
Le ladre possono andare in pensione?
Carole (Laurent) e Alex (Exarchopoulos) sono due ladre espertissime, irriverenti, magnetiche e abili praticamente da tutti i punti di vista. Sono però soprattutto due amiche indivisibili, sempre pronte a guardarsi le spalle a vicenda di fronte a qualsiasi tipo di avversità e nemico. Si prendono cura l'una dell'altra da anni e l'unica cosa che vogliono è rimanere insieme, come qualsiasi famiglia ha il diritto di fare. La prima è però stanca della sua occupazione, che la costringe ad essere costantemente in viaggio e le impedisce di avere la possibilità di scegliere sulla sua vita, rubandole un tempo, che ha deciso recuperare, anche a causa di un avvenimento recentissimo che l'ha costretta a fermarsi e a pensare al futuro.
Tra Carole e i suoi piani c'è però la Madrina (Isabelle Adjani), la misteriosa figura a capo dell'organizzazione in cui le nostre operano, la quale è assolutamente contraria alla decisione della donna data la sua insostituibilità in un mondo in cui non si può fare affidamento su nessuno. Dopo un violento scontro le due arrivano però ad un compromesso, anche questo piuttosto classico: le ladre dovranno fare un ultimo colpo e poi saranno lasciate libere di prendere la loro strada.
Un colpo abbastanza facile sulla carta, dato che dovranno rubare un quadro chiamato La grande odalisca da una mostra in Corsica prima che esso possa arrivare a Parigi. Per farlo avranno però bisogno di un terzo membro per la loro squadra, ovvero un autista fuori dal comune, che le protagoniste trovano nella figura della giovane Sam (Bresch). Dopo degli attriti iniziali tra loro nasce qualcosa che va oltre al famigerato cameratismo, venendosi a creare una connessione profonda e sincera. C'è solo un problema all'orizzonte e riguarda la parola data a Carole dalla Madrina, visto che quest'ultima non appariva del tutto convinta della soluzione trovata.
La classica spy story
Le ladre è una sfida interessante per Mélanie Laurent, che si diverte a trovare un proprio registro linguistico rimandante a titoli classici del genere spy, provenienti anche da oltreoceano (Mission: Impossibile e Charlie's Angels in primis, anche se stavolta non c'è nessun uomo che commissiona incarichi), ma cercando anche una coniugazione con le atmosfere della tradizione transalpina, soprattutto nelle sequenze urbane e nei momenti di intimità tra i personaggi. Un modo per distaccarsi da una estetica fumettistica che hanno adoperato altre operazioni di adattamento, disponibili su Netflix e non.
Nel farlo la regista punta molto sul cambio di ritmo, appoggiandosi anche a precise scelte musicali (che vanno da titoli più pop a brani come Si j'etais un homme di Diane Tell) dedite a sottolineare quando i momenti action, frenetici e non sempre riusciti, quando altri più drammatici e dal passo più disteso. La sintesi tra i due tempi arriva in una scena invece molto funzionale con protagonista Alex, due uomini, vetri e fuochi d'artificio.
Ne esce fuori un divertissement registico a tratti squilibrato, permesso da una scrittura che invece sembra più volte andare con il pilota automatico, fiduciosa di potersi appoggiare su di una struttura piuttosto rodata e solida nel cinema di questo genere e su di una evoluzione dei personaggi altrettanto canonica.
Un mondo al femminile
Tra gli elementi del suo impianto tradizionale Le ladre cerca la complessità e la particolarità nella costruzione del rapporto tra le protagoniste. Non è un caso la scelta di stare con la macchina da presa sempre molto vicina a loro, optando anche per un uso abbondante di primi piani in modo da esaltare la notevole recitazione espressiva delle interpreti e avvicinare così il film allo spettatore.
Laurent e Adèle Exarchopoulos funzionano benissimo insieme, sia nei momenti comici che in quelli più tesi. Madre e figlia, ma anche sorelle, ma anche colleghe, ma anche anime gemelle. Diversissime eppure sempre in sintonia. In contatto anche oltre la parola. La prima è mentore, riflessiva e stanca, la seconda è infantile e fumantina, costruita molto sulla propria fisicità. Tra di loro si inserisce Bresch, come ad alterare un equilibrio sacro, tant'è che il fuoco del suo irrompere è costretto presto a farsi mansueto ed educato, soprattutto ad opera del personaggio di Alex. Entrare solo se invitati, prego.
Tutte le protagoniste di Le ladre sono donne forti, ma anche fragili. Dualismo che crea un cortocircuito arricchente per l'immaginario in cui il film si inserisce e che si oppone fortemente al mondo maschile che lo ha storicamente dominato. Qui esso è ridotto alla stregua di una buccia di banana su cui non inciampare, ma classicamente è invece sempre stato fautore di una proposta di personaggi testosteronici inflessibili, intangibili dal sesso e dalla sfera privata in generale. Solo recentemente c'è stata un'apertura alla crisi di quel tipo di maschio, che è James Bond e che è Ethan Hunt, arrivando anche "sporcarne" l'immagine cinematografica. Una cosa che Laurent in questo caso non si spinge a fare, ma forse perché le sue donne non ne hanno neanche troppo bisogno.
Conclusioni
Nella recensione di Le ladre vi abbiamo parlato di una spy story al femminile firmata Netflix e tratta dalla graphic novel La grande odalisca. Una pellicola di genere molto tradizionale in cui si ribaltano degli stereotipi legati ai personaggi maschili solitamente protagonisti di questo tipo di immaginario. Nonostante una parte action non sempre all'altezza, un ritmo discontinuo e una parabola tutto sommato prevedibile, il titolo beneficia di una chimica ottima tra le due protagoniste Mélanie Laurent e Adèle Exarchopoulos, che riescono a catturare lo spettatore e a portare a casa il risultato.
Perché ci piace
- Il duo Laurent/Exarchopoulos funziona.
- La struttura è solida e intrattiene.
- Il ribaltamento degli stereotipi maschili legati al genere.
Cosa non va
- L'arco narrativo è piuttosto prevedibile.
- La parte action non è riuscitissima.
- Il ritmo della pellicola è squilibrato e può stancare.