Sì, le donne sono più forti di noi. Loro affrontano i propri problemi in maniera più diretta, e per questa ragione è molto più spettacolare parlare di loro. Non so perché sono così interessato alle donne, e non voglio nemmeno sapere perché.
Fin dalla prima fase della sua carriera, Pedro Almodóvar si è distinto come il "regista delle donne" per eccellenza della nostra epoca. Pochissimi cineasti, infatti, sono stati in grado di dipingere con altrettanta precisione le infinite sfumature della mente e dell'animo femminili, o di consegnare al nostro immaginario protagoniste così intense e memorabili. E in un'industria cinematografica in cui spesso e volentieri i ruoli femminili sono confinati al consueto campionario di stereotipi (in particolare a Hollywood, come lui stesso ha denunciato), i film di Almodóvar ci offrono al contrario sguardi inediti e mai banali verso "l'altra metà del cielo".
Leggi anche: Pedro Almodóvar contro Hollywood: "C'è un sessismo diabolico"
E dopo l'inquietante noir La pelle che abito (2011) e la commedia corale Gli amanti passeggeri (2013), il regista spagnolo è tornato al genere del mélo al femminile con la sua ultima fatica, Julieta, presentato in concorso all'ultimo Festival di Cannes e da giovedì scorso nelle sale italiane. Un'opera di inesorabile fascino, in cui è possibile rintracciare tantissimi elementi chiave della poetica almodóvariana, tanto sul piano stilistico - la cura maniacale per la messa in scena, i giochi cromatici usati in senso espressionista - quanto su quello tematico - la forza e la labilità dei legami familiari, l'elaborazione del lutto, la necessità di convivere con il senso di colpa.
Proprio l'uscita di Julieta, pellicola liquidata fin troppo frettolosamente da parte della critica, ma in cui a ben guardare non mancano invece numerosi motivi di interesse, ci offre l'occasione per rivolgere uno sguardo ad ampio raggio alla filmografia di Almodóvar e alle sue caparbie eroine: femme fatale, "femmine folli" o donne comuni (ma a loro modo speciali ed uniche) sull'orlo della proverbiale crisi di nervi, si tratta comunque di personaggi che sono rimasti nel cuore di tutti gli estimatori dell'ex enfant terrible del cinema postmoderno. Di seguito, ecco dunque un'ideale classifica dei suoi personaggi femminili più belli, in una Top 10 da cui giocoforza abbiamo dovuto lasciar fuori molti altri ruoli di tutto rispetto...
Leggi anche: Recensione di Julieta: un dolore così grande da dividere tra due (splendide) protagoniste
10. Gloria (Carmen Maura), Che ho fatto io per meritare questo?
Partiamo con l'attrice musa per eccellenza di Pedro Almodóvar, l'insostituibile Carmen Maura, storica collaboratrice del regista nel corso di tutti gli anni Ottanta (e non solo) e protagonista, nel 1984, di una delle sue più corrosive black comedy: Che ho fatto io per meritare questo?. Nel film l'attrice madrilena veste i panni di Gloria, dimessa madre di famiglia che abita in un quartiere popolare di periferia, lavora come donna delle pulizie, tenta faticosamente di sbarcare il lunario e mantenere i due figli e deve far fronte alle sue quotidiane nevrosi... nevrosi che, in un irrefrenabile impulso d'ira, la porteranno ad uccidere il marito Antonio. Commedia scatenata, anarchica e gioiosamente trasgressiva, Che ho fatto io per meritare questo? è un caustico ritratto della vita piccolo-borghese illuminato dal talento della Maura, alle prese con un personaggio estremo e sopra le righe che però non scade mai nella semplice caricatura.
9. Agrado (Antonia San Juan), Tutto su mia madre
In un film come Tutto su mia madre, in cui il pathos e il melodramma raggiungono livelli decisamente elevati, il personaggio di Agrado porta una ventata di salutare leggerezza nelle esistenze degli altri comprimari, benché il nostro primo incontro con lei sia tutt'altro che rassicurante: Agrado lavora infatti come prostituta nella periferia di Barcellona, e viene soccorsa in una situazione d'emergenza dalla sua amica Manuela, appena approdata in città. Interpretata dalla comica e cabarettista Antonia San Juan, Agrado, transessuale sempre pronta ad offrire il proprio sostegno, presenta un controcanto ironico all'interno del capolavoro almodóvariano del 1999, con le sue battute sagaci e sboccate, ed è al centro di una delle scene più divertenti del film, ovvero il monologo improvvisato a teatro sul significato di essere fedeli alla propria reale identità: "Quello che stavo dicendo è che costa molto essere autentica, signora mia. E in questa cosa non si deve essere tirchi, perché una è più autentica quanto più somiglia all'idea che ha sognato di se stessa".
8. Julieta (Adriana Ugarte ed Emma Suárez), Julieta
È il personaggio del titolo del ventesimo film di Pedro Almodóvar, suddiviso su due linee temporali differenti: da giovane, con le sembianze dell'attrice Adriana Ugarte, una supplente di lettere classiche in un paese di provincia, che vivrà una fugace notte d'amore con il pescatore Xoan a bordo di un treno; in età matura, interpretata da Emma Suárez, una solitaria docente che vive a Madrid ed è ancora gravata dal peso insostenibile di un'assenza a cui non riesce a dare risposta. Donna intellettuale ma anche passionale; figlia e madre; amante, moglie e vedova: nella figura di Julieta, protagonista in costante movimento (il viaggio, letterale e metaforico, è uno dei temi chiave della pellicola), confluiscono i più vari aspetti delle tipiche eroine almodóvariane, mentre il volto magnetico delle due attrici diventa uno schermo su cui, di scena in scena, scorre l'ampio ventaglio delle emozioni vissute in uno dei melodrammi più raffinati e stratificati del regista. Un'opera che, ci auguriamo, con il tempo potrà essere rivalutata come merita.
7. Tina Quintero (Carmen Maura), La legge del desiderio
Un altro personaggio a cui presta volto e voce una strepitosa Carmen Maura, ma anche un'altra donna approdata alla sua identità femminile dopo un processo di transizione: Tina Quintero, difatti, in precedenza era un maschio, e dopo il cambio di sesso è diventata la tutrice di una bambina di nome Ada. Sorella del regista cinematografico Pablo Quintero, a cui è legata da un rapporto molto stretto, Tina ruba puntualmente la scena ad ogni sua apparizione ne La legge del desiderio, infuocato mélo omoerotico targato 1987, in cui il torbido triangolo amoroso fra i tre comprimari maschili lascia comunque spazio a questa donna esuberante e volitiva, segnata da un oscuro passato di abusi e tradimenti ma tutt'altro che privata della sua gioia di vivere; un entusiasmo simboleggiato dalla sequenza in cui, per refrigerarsi dall'afa notturna, Tina si tuffa con voluttà sotto il getto di un idrante.
Leggi anche: La Top 10 delle più belle love story gay del decennio
6. Leo Macías (Marisa Paredes), Il fiore del mio segreto
Se Carmen Maura è stata la musa almodóvariana degli anni Ottanta, il volto simbolo del cinema di Pedro Almodóvar negli anni Novanta è invece quello di Marisa Paredes, protagonista nel 1995 di un'opera sofisticata e affascinante, Il fiore del mio segreto, nella parte di Leo Macías. Donna di mezza età, frustrata dalla continua assenza del marito Paco, militare in servizio all'estero, Leo è afflitta da un'emblematica scissione identitaria, in quanto, sotto lo pseudonimo di Amanda Gris, scrive romanzi rosa senza valore ma di grande popolarità, che lei stessa non può fare a meno di detestare; intrappolata in un groviglio di insoddisfazioni e insofferente verso la propria vita, Leo dovrà intraprendere una nuova direzione e ritrovare il suo equilibrio. In questo film Almodóvar disegna una figura di donna complessa e sfaccettata, trovando nella Paredes un'interprete sopraffina.
5. Huma Rojo (Marisa Paredes), Tutto su mia madre
Ed è sempre Marisa Paredes, quattro anni dopo Il fiore del mio segreto, a regalarci un altro personaggio magnifico nel già citato Tutto su mia madre: Huma Rojo, acclamata diva del palcoscenico, protagonista a teatro di Un tram che si chiama Desiderio e causa involontaria della tragedia che innescherà i vari sviluppi della trama. Huma, figura ricalcata su quella di Gena Rowlands nel capolavoro di John Cassavetes La sera della prima, è una donna di successo in ambito professionale, ma con una vita privata problematica a causa della sua relazione tormentata con Nina, giovane attrice tossicodipendente; finché la strada di Huma non tornerà ad incrociarsi con quella di Manuela e delle altre comprimarie del film. La Paredes trasferisce su questa primadonna teatrale tutto il suo carisma e la sua gravitas, sfoderando una performance misurata e sofferta.
4. Magdalena Rivero (Penélope Cruz), Gli abbracci spezzati
Pochi registi, come Pedro Almodóvar, sono tanto abili nel rappresentare sul grande schermo la bellezza al suo grado più elevato; nel far sì che la macchina da presa catturi tutta l'essenza, il fascino e l'infuocato magnetismo dei suoi personaggi. A questo risultato contribuiscono di certo l'espressività e il sex appeal di un'attrice quale Penelope Cruz, probabilmente mai tanto misteriosa e sensuale come nel ruolo di Magdalena Rivero ne Gli abbracci spezzati, del 2009: un altro superbo amalgama fra melodramma e noir, con una narrazione sospesa tra passato e presente. Magdalena, ragazza proveniente da un'umile famiglia, viene ingaggiata come protagonista di un film dal suo amante, il maturo produttore cinematografico Ernesto Martel, ma sul set si innamorerà del regista Mateo Blanco. Fra colpi di scena e giochi metacinematografici, Gli abbracci spezzati si regge soprattutto sull'incandescente femme fatale interpretata dalla Cruz.
3. Raimunda (Penélope Cruz), Volver
Tre anni prima de Gli abbracci spezzati, sempre Penélope Cruz aveva dato vita ad un'altra prova encomiabile in uno dei titoli più applauditi nella carriera del regista spagnolo: Volver - Tornare, dramma quasi interamente al femminile costruito attorno al personaggio di Raimunda, madre dell'adolescente Paula e sposata con Paco. Ma quando l'uomo rimane ucciso all'interno delle mura domestiche in seguito a un tentativo di violenza, Raimunda non esita a nascondere il cadavere pur di proteggere se stessa e sua figlia; nel frattempo la donna deve pensare anche alla sua famiglia d'origine, e in particolare alla soprannaturale 'presenza' di sua madre Irene, inghiottita in un incendio quattro anni prima. Al contempo dolce e determinata, Raimunda è uno dei più bei personaggi almodóvariani di sempre; e grazie alla sua splendida performance, Penélope Cruz ha ricevuto il premio come miglior attrice al Festival di Cannes 2006 (insieme alle altre comprimarie di Volver), lo European Film Award e la nomination all'Oscar.
2. Manuela (Cecilia Roth), Tutto su mia madre
Il dolore più lacerante che una donna possa affrontare: la perdita di un figlio. È nel segno dell'amore materno e della sofferenza che si apre il meraviglioso Tutto su mia madre, premio Oscar come miglior film straniero 1999, con l'attrice argentina Cecilia Roth nella parte di Manuela, infermiera di un ospedale di Madrid che una sera, a causa di un beffardo incidente, vede morire davanti ai suoi occhi il figlio diciassettenne Esteban, proprio nel giorno del compleanno del ragazzo. La scomparsa di Esteban segnerà per la donna l'inizio di un viaggio che è anche un tuffo nel passato, nel non facile tentativo di riconciliarsi con la sua vita precedente a Barcellona. Gentile, coraggiosa, dotata di una tenacia incrollabile e di una profonda generosità, Manuela non va considerata soltanto come una delle imprescindibili "eroine di tutti i giorni" del cinema di Pedro Almodóvar, ma anche come uno dei personaggi più toccanti del cinema contemporaneo; e la bravissima Cecilia Roth, cuore pulsante del film, si è meritata lo European Film Award come miglior attrice.
1. Pepa (Carmen Maura), Donne sull'orlo di una crisi di nervi
Ed è Carmen Maura, già presente in altre due posizioni di questa classifica, ad aggiudicarsi il gradino più alto nella galleria delle primedonne del cinema di Pedro Almodóvar. Impossibile, del resto, resistere all'energia, alla simpatia e alla vitalità irrefrenabile della sua Pepa, la doppiatrice in preda alla disperazione per l'improvviso abbandono dell'amante Iván, suo collega già sposato e donnaiolo incallito, nel primo, gigantesco successo mondiale del regista: Donne sull'orlo di una crisi di nervi, intramontabile cult movie del 1989, in cui i ritmi di una sfrenata screwball comedy si fondono con le suggestioni della poetica postmoderna di Almodóvar e con echi della pièce La voce umana di Jean Cocteau. Pepa, che all'inizio del film presta la propria voce all'intrepida Joan Crawford nel western Johnny Guitar di Nicholas Ray, è il prototipo di tanti altri personaggi che abbiamo imparato ad amare a dispetto di tutte le loro nevrosi: una donna ferita e arrabbiata, ma dotata di una forza e di un'ostinazione encomiabili, la quale suo malgrado si ritroverà al centro di una girandola di equivoci e colpi di scena, tutti all'interno del suo appartamento. E Carmen Maura, premiata con lo European Film Award come miglior attrice, si rivela una volta di più una protagonista a dir poco perfetta.