Le acque torbide dell'amore
Presentato come ultimo film in concorso durante l'edizione numero 65 di Cannes, Mud di Jeff Nichols riesce dove avevano fallito (con la significativa eccezione dell'apertura, affidata a Moonrise Kingdom di Wes Anderson) tutti i numerosi film americani in competizione, ovvero si guadagna i favori e i convinti applausi dell'intera stampa internazionale.
Il giovane regista, classe '78, qui alla sua terza opera, entra tra l'altro nella storia del Festival come primo filmaker in assoluto a fare il grande salto nel giro di un solo anno dalla sezione parallela Semaine de la Critique, - nella quale l'anno scorso vinse con il bellissimo Take Shelter - al concorrere per la Palma d'oro. Si tratta di un piccolo grande record che ben sintetizza la rapidissima crescita di un giovane regista che ha tutte le carte in tavola per diventare un vero e proprio autore.
La storia prende il via quando due quattordicenni di nome Ellis e Neckbone scoprono un uomo dall'aspetto selvaggio che vive su un isolotto nel bel mezzo del fiume Mississippi. Mud, questo il suo nome, riesce ad impressionare soprattutto Ellis con racconti di un passato fatto di amore, onore e omicidio, ed è così che i due ragazzi decidono di dargli una mano prima sfamandolo, poi aiutandolo a far scendere e sistemare una barca che si trova su un albero nel mezzo dell'isolotto.
Mud però confessa di non voler partire da solo, ma che sta in realtà aspettando il ritorno della donna che ama; e quando la bionda Jupiter torna in città, con lei arrivano anche degli individui poco ben intenzionati, guidati dal padre e il fratello dell'uomo che Mud aveva ucciso per vendicare la violenza da lei subita.
Il cuore del film, di questo racconto di formazione tanto Huckleberry Finn e un po' Stand by Me, è il suo focalizzarsi sul punto di vista di Ellis, sulla sua perdita d'innocenza, sul suo imparare a riconoscere i pericoli e gli inganni dell'amore e della fiducia. Mud si distanzia dal film precedente di Nichols in tutti i modi possibili: per ambientazione, per stile, ma soprattutto per il repentino cambiamento di tono che passa da quello pessimista e paranoico di Take Shelter a quello caldo e solare di questo film; così come più differenti non potrebbero essere i suoi protagonisti, visto che il Curtis intepretato da Michael Shannon era tutto incertezze e dubbi, mentre per Ellis, proprio come un bambino dallo sguardo innocente e ingenuo, il mondo è bianco e nero, senza vie di mezzo.
E invece il fango richiamato dal bel titolo originale, non si riferisce solo al nome di uno dei suoi personaggi, ma all'ambientazione paludosa di gran fascino e perfettamente fotografata dal fedele Adam Stone, e alla mancanza di limpidezza tipica dell'acqua del Mississipi che può nascondere delle preziose perle o pericolosissimi serpenti velenosi, e, chissà, forse anche un inaspettato aiuto. Così come non riesce a vedere attraverso queste acque torbide, Ellis non riesce a guardare nel cuore degli adulti e capire le loro motivazioni.
Il miracolo di Nichols è soprattutto nell'essere riuscito a far esprimere al meglio lo stato d'animo del suo protagonista attraverso l'interpretazione perfetta del giovane Tye Sheridan (finora visto soltanto in The Tree of Life come il minore dei figli di Brad Pitt) che regge davvero l'intera pellicola in maniera sempre credibile e convincente e con una sguardo tenero ma determinato che stringe il cuore. Anche il resto del cast regala una performance d'ensemble altrettanto valida, con una nota di merito in più a Matthew McConaughey ormai specializzato in ruolo di uomo duro del Sud degli States, ma che qui regala l'intepretazione più misurata ed emozionante della sua carriera.
Movieplayer.it
4.0/5