La mia mano tremava, la mia testa tremava, la sigaretta tremava. Più provavo a smetterla, più tremavo. Capii che un modo per far stare ferma la mia testa tremante era tenerla bassa, con il mento chino quasi sul petto e gli occhi alzati verso Bogart. Funzionò e quella si rivelò la nascita dello 'sguardo'.
Con queste parole Lauren Bacall raccontava l'origine di The Look, il soprannome che l'avrebbe contraddistinta fin dagli inizi della sua lunghissima carriera: a soli diciannove anni, sul set di Acque del Sud, il seducente magnetismo di quello sguardo veniva catturato infatti dalla macchina da presa di Howard Hawks, trasformando in breve tempo la giovanissima modella newyorkese in una delle star emergenti della Hollywood classica. Da allora (era il 1944), a Lauren Bacall sarebbe bastata una manciata di altri ruoli sullo schermo per entrare nell'immaginario del cinema americano: grazie alla capacità conferire ai propri personaggi una sensualità provocante, ma di raffinata compostezza; a quella voce roca e profonda, altro ingrediente fondamentale del suo fascino; e all'esplosiva alchimia con Humphrey Bogart, che nel 1945 sarebbe diventato suo marito e che avrebbe affiancato per quattro volte sul set.
Lauren Bacall: dalla Hollywood classica al nuovo millennio
Nata il 16 settembre 1924 nel Bronx, in una famiglia ebraica originaria dell'Europa dell'Est, Betty Joan Perske (Bacal era il cognome materno, a cui poi sarebbe stata aggiunta una L) avrebbe avuto una delle carriere più durature fra le star della Golden Age di Hollywood; ancor più se si tiene conto che, a quell'epoca, la 'maturità' anagrafica sanciva un declino pressoché inesorabile per la maggior parte delle attrici. Ma dopo aver interpretato una quindicina di pellicole fra gli anni Quaranta e Cinquanta, Lauren Bacall avrebbe continuato a lavorare a pieno ritmo pure in seguito, alternando le apparizioni al cinema (seppur meno frequenti) con quelle in televisione e in teatro: e così a Broadway si impone come protagonista di Fiore di cactus e di Applause, musical basato sul film Eva contro Eva, mentre sul grande schermo torna a distinguersi nel 1974 in Assassinio sull'Orient Express di Sidney Lumet, rubando la scena all'interno di un ricchissimo cast corale.
In attività fino alla sua scomparsa, il 12 agosto 2014, alle soglie dei novant'anni, Lauren Bacall costituisce il caso più unico che raro di una diva della Hollywood classica che, nel proprio curriculum, ha potuto vantare collaborazioni con registi quali Robert Altman (HealtH e Prêt-à-Porter), Jonathan Glazer (Birth), Paul Schrader (The Walker) e perfino Lars von Trier, che fra il 2003 e il 2005 l'avrebbe diretta nel dittico composto da Dogville e Manderlay. Insignita nel 1993 del Cecil B. DeMille Award e nel 2009 del premio Oscar alla carriera, la Bacall è stata non solo un'icona dell'età d'oro del cinema americano, ma un'attrice la cui longevità artistica ha attraversato un'impressionante varietà di generi ed epoche; e a questa longevità, in occasione del centenario della sua nascita, vogliamo rendere omaggio proponendovi un itinerario fra i ruoli più significativi a cui Lauren Bacall ha dato vita nell'arco di quasi sette decenni.
Acque del Sud
È Nancy Keith, moglie del regista Howard Hawks, a intuire per prima il potenziale di Betty Perske dopo averla vista sulla copertina della rivista Harper's Bazaar: a suo marito basta un provino per decidere di metterla sotto contratto e di farla debuttare, con lo pseudonimo di Lauren Bacall, in Acque del Sud, trasposizione del 1944 del romanzo Avere e non avere di Ernest Hemingway. Ambientato a Martinica nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, Acque del Sud mescola avventura, romanticismo, spionaggio e un tocco di noir nel tentativo di replicare la formula di Casablanca, con Humphrey Bogart nei panni di un capitano statunitense impegnato ad aiutare dei partigiani francesi contro i funzionari del Governo di Vichy. Accanto a Bogart, la Bacall già definisce la propria immagine d'attrice: dall'atteggiamento spavaldo da femme fatale alla sigaretta perennemente sospesa fra le labbra, la sua Slim Browning è una presenza in grado di catalizzare tutta l'attenzione del pubblico. E il micidiale amalgama fra sex appeal e ironia sarà sintetizzato alla perfezione da una battuta resa celeberrima dalla Bacall: "Se vuoi basta un fischio. Tu sai fischiare, vero Harry? Basta che tu unisca le labbra e... soffi".
Il grande sonno
A proposito di dialoghi carichi di doppi sensi, la coppia Bogart e Bacall tornerà a fare scintille due anni più tardi, sempre per la regia di Howard Hawks, in un'autentica pietra miliare del genere noir, Il grande sonno. Tratto dall'omonimo romanzo di Raymond Chandler e contraddistinto da un intreccio dalla complessità proverbiale, Il grande sonno approda nelle sale nel 1946, un anno dopo il matrimonio fra le due star, e sancisce la consacrazione di Lauren Bacall quale diva di punta del noir grazie a un memorabile ritratto di dark lady: da un lato misteriosa e altera, dall'altro capace di sprigionare un fascino ammantato di sottile malizia, la sua Vivian Sternwood incarna una sfida irresistibile per il detective privato Philip Marlowe. Bogart e Bacall torneranno a recitare insieme anche ne La fuga di Delmer Daves e ne L'isola di corallo di John Huston, ma Il grande sonno rimarrà la vetta assoluta del loro sodalizio sul grande schermo.
Il grande sonno: negli abissi del noir con Humphrey Bogart e Lauren Bacall
Come le foglie al vento
Fra i vertici del melodramma hollywoodiano, nonché fra i titoli più importanti di un maestro del genere mélo quale Douglas Sirk, nel 1956 Come le foglie al vento vede Lauren Bacall nella parte di Lucy Moore, divisa fra due uomini, grandi amici fin dall'infanzia: Kyle Hadley (Robert Stack), erede di un impero petrolifero in Texas, che convincerà Lucy a sposarlo, e il geologo Mitch Wayne (Rock Hudson), il quale accetta di nascondere i propri sentimenti per la donna. In un racconto caratterizzato da passioni estreme e abissi autodistruttivi, la Bacall presta il volto a un personaggio solido e controllato, pur nei suoi aspetti vulnerabili, e la cui lucidità crea un necessario contrasto con l'instabilità emotiva del marito Kyle e della cognata Marylee (Dorothy Malone); la sua Lucy, refrattaria ad assumere la posizione di 'vittima', risulta pertanto indispensabile all'equilibrio stilistico e narrativo del film.
La donna del destino
Negli anni Cinquanta, oltre ai melodrammi, Lauren Bacall dà prova del proprio talento anche nel settore della commedia: innanzitutto nel 1953 nel campione d'incassi Come sposare un milionario di Jean Negulesco, ma ancor di più nel 1957 ne La donna del destino, diretto da Vincente Minnelli. Qui la Bacall interpreta Marilla Brown (ruolo pensato in origine per Grace Kelly), rinomata stilista newyorkese travolta dal colpo di fulmine per il cronista sportivo Mike Hagen (Gregory Peck); tuttavia, il loro matrimonio-lampo sarà messo a dura prova dalle differenze di carattere e dalla gelosia di Marilla, dando inizio a una divertente variante sul tòpos hollywoodiano della "guerra dei sessi". Con una sofisticata eleganza da cui all'occorrenza fa capolino una grinta d'acciaio, ne La donna del destino Lauren Bacall si produce in un'eccellente prova da attrice brillante.
L'amore ha due facce
All'età di settantadue anni, Lauren Bacall si aggiudica finalmente la sua prima nomination all'Oscar grazie alla parte dell'eccentrica Hannah Morgan nella commedia romantica L'amore ha due facce, che farà guadagnare alla Bacall anche il Golden Globe e lo Screen Actors Guild Award come miglior attrice supporter. Diretto e interpretato nel 1996 da Barbra Streisand, L'amore ha due facce vede la Bacall nei panni della madre della protagonista Rose, docente di letteratura con molte insicurezze nella vita privata, e delinea un rapporto al contempo affettuoso e conflittuale fra le due donne. Lauren Bacall fa qui leva sulla propria carica iconografica, sottolineando sia il carisma non privo di vanità della signora Morgan, sia la verve tagliente degli sguardi e delle battute; ma non manca di mettere in mostra pure il lato più intimo e sincero del suo personaggio, come nella scena del dialogo a cuore aperto con la figlia Rose, in una 'confessione' che segna il momento più toccante del film.