Una donna divisa in due. È questo che vediamo nel manifesto italiano del film che vi raccontiamo nella recensione de L'audizione, opera seconda della regista tedesca Ina Weisse che, dopo essere stato presentato in anteprima mondiale al 44° Toronto International Film Festival, al festival di San Sebastian e al Bif&st 2020, arriva nelle sale italiane il 5 maggio. Quel volto che vediamo a metà nel manifesto è il simbolo della scissione interiore che vive Anna, una severa insegnante di violino. La sua vita, complicata e incoerente, porterà le persone che vivono intorno a lei verso scelte dolorose. Tutto questo è raccontato da Ina Weisse con un cinema duro, rigoroso, ma carico di umanità e, in qualche modo, compassione. Le note severe e dolorose di un violino ci avvolgono e ci accompagnano dentro un film drammatico e intenso.
Una severa ed algida insegnante di violino
Quelle note di violino ci portano subito nel cuore della storia e nel mood del film., Anna (Nina Hoss) è una severa ed algida insegnante di violino in un liceo musicale a Berlino. È sposata con un liutaio, Philippe (Simon Abkarian) e ha un figlio di dieci anni, Jonas (Serafin Mishiev), che frequenta la scuola in cui lei insegna. Ovviamente è seguito da un'altra insegnante, mentre lei prende in carico, e a cuore, la preparazione di Alexander (Ilja Monti), un talentuoso violinista candidato per l'ammissione alla scuola. La preparazione del ragazzo diventa un'ossessione, e Anna si allontana dalla famiglia. Non solo dal figlio, ma anche dal marito, perché inizia a frequentare un affascinante violinista, Christian (Jens Albinus). Che prova a coinvolgerla nel suo quintetto d'archi.
Anna, una donna perennemente indecisa
Per iniziare a capire Anna, fate attenzione alla scena in cui, in un ristorante italiano, prima non sa scegliere il tavolo dove sedersi, poi non sa davvero che piatto ordinare, e cambia idea in continuazione. È il sintomo di una donna che non sa più quale sia la sua strada. Se nella vita professionale sembra decisa (ma in fondo non lo è neanche in quel caso), in quella sentimentale è confusa, titubante, e, alla fine, assente. Anna sembra dare agli altri, a quelli che stanno fuori, più di quanto riesca a dare alla famiglia. Al suo allievo si dedica più che al figlio, all'amante dona più di quello che dona al marito. E il tono del racconto cambia, leggermente, tra i momenti all'esterno e quelli in famiglia.
Lo sguardo di Ina Weisse, che non giudica mai
La forza del film è nello sguardo della regista. Ina Weisse è una donna che racconta una donna. E, come tale, non la giudica: non la condanna né l'assolve, non ha uno sguardo moralista. Sembra piuttosto cercare di capirla, di cogliere la sua indole, le sue fratture interiori, le sue esigenze. Prova ad entrare nel passato di quella donna che è stata una grande violinista, ma ha dovuto abbandonare il suo sogno. Ma anche di quella bambina che oggi attende ancora i regali promessi dai suoi genitori. In fondo, Anna è ancora quella bambina. Il racconto di Ina Weisse è nello sguardo, come vi abbiamo detto, ma anche nella ricerca di una fotografia che è allo stesso tempo coerente con la Berlino dove ha luogo la storia, ma anche con lo stato d'animo della protagonista. L'audizione ha una patina grigia, come quella di una giornata nuvolosa e autunnale.
Nina Hoss e agli altri attori straordinari
Lo sguardo di Ina Weisse si posa anche su attori straordinari. Nina Hoss, nel ruolo di Anna, ha una bocca che sembra disegnata da un'artista, e due occhi profondi circondati da quelli che sono i segni del tempo, della stanchezza e della frustrazione. Jens Albinus, che è Christian, il suo amante, ha sul volto il piglio dell'artista, e anche lui ha due occhi speciali, piccoli e taglienti, un sorriso ammiccante e un ciuffo ribelle. Tutti elementi che contrastano con i tratti somatici di Simon Abkarian, che è il marito di Anna, che ha i tratti più duri, il naso grosso, e un soma placido e rassicurante. È un liutaio, qualcuno che non è un artista, ma al servizio dell'arte e degli artisti. Serafin Mishiev, nei panni del figlio Jonas, ha un volto pulito, ma degli occhi che covano rancore, mentre Ilja Monti, che è Alexander, il pupillo della madre Anna, ha un contegno quasi nobile, e sembra un giovane Timothy Dalton.
Come Whiplash, ma...
Accanto alla tensione interiore di questi personaggi, L'audizione ci fa vivere anche la tensione dell'artista nel suo viaggio verso la perfezione, il sacrificio. In questo senso si avvicina a un grande film americano recente, Whiplash di Damien Chazelle (ma anche a molti altri film americani di questo tipo). Ma, se nel mondo di Chazelle il sacrificio è psicologico, ma anche fisico, in quello di Ina Weisse è soprattutto psicologico. L'originalità della regista tedesca è anche quella di aver raccontato una storia dal punto di vista dell'insegnante, mentre quasi sempre le storie di questo tipo vengono raccontate da quello dell'allievo. In entrambe le storie c'è un brano musicale difficile da affrontare. E in entrambi i casi un prezzo molto alto da pagare. Il finale di L'audizione, sorprendente, duro, ambivalente, chiude alla perfezione un grande film. Fate attenzione a quell'ultima inquadratura, sul volto di Anna, che dice tanto, ma non tutto. Sta a noi decidere cosa voglia dire, sta a noi immaginare come finisce la storia. Ed è da queste cose che si capisce che quello di Ina Weisse è un grande film.
Conclusioni
Nella recensione de L'audizione vi abbiamo parlato di un film duro, rigoroso, ma carico di umanità e, in qualche modo, compassione. Le note severe e dolorose di un violino ci avvolgono e ci accompagnano dentro un film drammatico e intenso.
Perché ci piace
- Lo sguardo della regista, che racconta una donna scomoda senza giudicarla mai.
- L'interpretazione degli attori, tra tutti la protagonista Nina Hoss.
- La confezione raffinata, con una fotografia che disegna un paesaggio-stato d'animo.
Cosa non va
- Non troviamo particolari difetti. Si tratta però di un cinema rigoroso, che forse non è per tutti.