Lasciami andare, recensione: il thriller con Stefano Accorsi in una Venezia paranormale

La recensione di Lasciami andare, thriller di Stefano Mordini che si immerge nelle acque scure di una Venezia paranormale, in cui il senso di colpa fa affondare i protagonisti Stefano Accorsi, Valeria Golino, Maya Sansa e Serena Rossi.

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Lasciami andare: un primo piano di Stefano Accorsi

Non poteva esserci città più adatta di Venezia a fare da set per il nuovo film di Stefano Mordini: ispirato al romanzo di Christopher Coake Sei tornato (pubblicato nel 2012), il thriller con venature paranormali, che ha chiuso la 77esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, racconta una dimensione cupa dell'animo umano: quel groviglio di rimpianti e autoflagellazione che deriva dal senso di colpa. Non possiamo non partire quindi dai sentimenti nello scrivere la recensione di Lasciami andare.

In sala dall'otto ottobre, Lasciami Andare è un tutt'uno con la città: il cielo grigio, l'acqua alta (che ha sorpreso regista e attori proprio durante le riprese, ad autunno 2019), i palazzi pericolanti rispecchiano perfettamente gli stati d'animo dei protagonisti. È proprio una casa dalle fondamenta fragili, con i suoi riflessi pieni di misteri, ad accoglierci all'inizio del film: l'hanno comprata Marco (Stefano Accorsi) e Clara (Maya Sansa), con il figlio Leo. Lui è un ingegnere edile, trasferitosi nella Serenissima proprio per rinforzare la base della città. Il peso di cui però si fa carico è molto più imponente dei pali di cemento con cui cerca di salvare Venezia dall'inabissamento: il figlio, per colpa di un incidente muore.

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Lasciami Andare: una scena del film con Valeria Golino

Anni dopo, ormai con una nuova compagna, Anita (Serena Rossi), più giovane e spensierata, e un nuovo figlio in arrivo in una nuova casa, Marco è pronto a lasciarsi finalmente il passato alle spalle. Una donna che lo segue insistentemente non glielo permette: Perla (Valeria Golino), imprenditrice tornata in Italia dall'America, vive proprio nell'abitazione dove Leo è morto. E dove sembra essere tornato.

La forma dell'acqua e del senso di colpa

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Lasciami andare: un primo piano di Serena Rossi

Pur essendo bellissima, c'è un forte senso di morte a Venezia, Thomas Mann se n'era accorto già a inizio '900: fa parte del suo fascino unico. Ecco perché raccontare una storia di perdita tra i suoi canali, in cui l'acqua stessa sembra fare eco al dolore dei protagonisti, è un'ottima intuizione. Non c'è forse dolore più grande della morte di un figlio e Stefano Mordini cerca in tutti i modi di portare questa sofferenza a galla, nonostante i suoi stessi personaggi combattano con ogni mezzo perché non emerga. Marco, il più razionale, rifiuta assolutamente l'idea che possa esserci un contatto tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Clara, ancora devastata dal lutto e incapace di costruirsi una nuova famiglia, vuole invece crederci. Anita è preoccupata per il figlio che sta per nascere, molto più bisognoso di attenzioni di uno che non c'è più. Anche Perla è preoccupata per suo figlio, che afferma di parlare con un'ombra che gli ha detto di chiamarsi Leonardo. Tutti sono accomunati da un profondo senso di colpa: ogni genitore lo prova e i loro diversi modi di approcciarsi all'imprevisto corrispondono ad altrettante reazioni di elaborazione e accettazione della morte.

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Lasciami Andare: Maya Sansa in un'immagine

Dopo Il testimone invisibile (2018) Stefano Mordini torna a dedicarsi al thriller, un genere che in libreria è amatissimo dagli Italiani, ma che al cinema si vede poco. Qui si prova a dare anche una spolverata di paranormale, ma è il dramma a prevalere sugli altri due generi. Se nella prima parte del film questo dare voce ai sentimenti dei protagonisti funziona - soprattutto grazie a Stefano Accorsi, che fa il suo, sostenendo il peso della storia su di sé -, dalla metà in poi la struttura comincia a scricchiolare, come nemmeno i vecchi palazzi che Marco cerca di salvare. La svolta thriller e sovrannaturale è repentina, le motivazioni dei vari personaggi e i (presunti) colpi di scena intuibili a chilometri di distanza. Tutto diventa prevedibile e il film si sfilaccia.

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Quattro donne poco a fuoco

La sceneggiatura a sei mani di Lasciami andare, scritta dal regista insieme a Francesca MarcianoLuca Infascelli, si concentra molto sul personaggio maschile, ma purtroppo dà poche sfumature ai tanti personaggi femminili. Maya Sansa nel ruolo di Clara è semplicemente una testimone del dolore; Anita è il nuovo, ma, dopo poche scene è subito messa da parte (almeno dopo aver dato una scena cantata a Serena Rossi, sempre brava); Perla, che ha i magnifici occhi di Valeria Golino, è il personaggio forse più sfumato, mentre è sprecata Antonia Truppo nei panni di un'amica del protagonista. La bidimensionalità di queste figure femminili appiattisce il racconto, che diventa soffocante, dimenticandosi anche la città, insistendo sui primi piani degli attori.

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Lasciami Andare: una scena con Stefano Accorsi e Maya Sansa

Ed è un peccato: l'intuizione del tempo come dimensione della nostra coscienza, più che come susseguirsi di eventi, ricorda la poetica Christopher Nolan, ma purtroppo riprende gli aspetti meno interessanti dell'autore inglese, su tutti gli "spiegoni" inutili (come i momenti in cui il protagonista chiede informazioni sulle religioni orientali al padre, che si diletta in letture di testi antichi). Più che scuoterci e turbarci Lasciami andare finisce quindi per deluderci, lasciandosi annegare nell'acqua alta dei canali di Venezia.

Conclusioni

Come scritto nella recensione di Lasciami andare, il film di Stefano Mordini è un thriller che si tinge di elementi paranormali, in cui però il cuore di tutto è il senso di colpa di una coppia di genitori che ha perso prematuramente un figlio. Venezia è lo sfondo perfetto per questa storia di lutto e il cast raggruppa alcuni dei nostri interpreti più amati, ma la scrittura poco approfondita dei personaggi femminili toglie forza alla pellicola. Così come i (presunti) colpi di scena, ampiamente prevedibili. A sostenere il racconto rimane la buona prova di Stefano Accorsi e la bellezza della città, ma non bastano a fare di Lasciami andare un film riuscito.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
1.6/5

Perché ci piace

  • La bellezza decadente di Venezia.
  • La prova di Stefano Accorsi.
  • Il tentativo di affrontare un genere poco frequentato in Italia come il thriller paranormale.

Cosa non va

  • La scrittura dei personaggi femminili, bidimensionali.
  • La prevedibilità dei colpi di scena.
  • L’insistenza sui primi piani dei protagonisti.