Ancora si sente netto, chiaro, deciso, quel grido potente nato dal centro gravitazionale di ragazze in lacrime che strepitano, saltellano, magari svengono. Sono urla generate dalla visione, quasi celestiale, di gruppi come i Beatles, i Jackson 5, i New Kids on the Block, i BSB, gli NSYNC, o più recentemente, i Jonas Brothers e gli One Direction. Come dimostra infatti Larger than life - L'ascesa delle boyband, nonostante siano passati sessant'anni dall'apparizione sul palco dei Fab4, il fenomeno delle boyband è ancora più potente che mai
La costruzione di un fenomeno
Per quanto rimanga un universo ancora pieno di misteri, è altrettanto innegabile che dietro al mondo delle boyband sussistano delle costanti che fanno di questo fenomeno un archetipo ben preciso e facilmente riconoscibile all'interno della società dell'immagine di oggi. Ogni membro di un gruppo diviene così parte di un tutto, individuo dal carattere ben preciso (più o meno corrispondere alla sua vera identità) che lo spinge ad atteggiarsi come un attore chiamato a recitare un ruolo sul palcoscenico della musica. Una differenziazione, questa, che permette a ogni fan di affezionarsi a un membro specifico all'interno del gruppo, perché più vicino ai propri canoni estetici, o caratteriali.
Dopotutto, come ben evidenziato nel corso del documentario disponibile su Paramount+, tutto all'interno delle boyband è costruito in funzione dei sentimenti, dei sogni, dei punti deboli delle giovani ascoltatrici. Le boyband offrono così a queste adolescenti l'occasione di sviluppare e nutrire la prima, ideale, cotta, stabilendo un affetto imperituro, destinato a superare i confini del tempo. Come ogni primo grande amore che si rispetti, quelle ragazzine divenute grandi si guarderanno indietro ripensando a quei ragazzi con fare nostalgico riesumando un ricordo dolce-amaro a cui ancorarsi, e con esso ripescare un determinato album da riascoltare una, due, mille volte ancora.
Una narrazione per tutti, come un tormentone musicale
Per un'opera che promette sin dal titolo di scandagliare con fare attento l'ascesa del fenomeno delle boyband, quello diretto da Tamra Davis è un documentario che soddisfa le aspettative e tiene fede alla propria parola. Lo fa con semplicità, puntando sulla forza del ricordo attraverso la riproposizione di materiali di repertorio, e attraverso la testimonianza diretta di chi quel mondo l'ha vissuto sulla propria pelle, lasciandosi trascinare dalle urla dei fan, e strattonare da una foga chiamata "successo". Nessun elemento di intermediazione, o inserti atti a distrarre e disorientare l'attenzione dello spettatore. Tutto scivola con leggerezza, secondo compartimenti stagni suddivisi per macro-tematiche (le boyband degli albori, le boyband famigliari, la diatriba tra BSB ed NSync) che ne facilitano la comprensione e rendono così accessibile l'opera a un pubblico quanto più ampio ed eterogeneo possibile.
Larger Than Life e l'ombra del successo
Larger than life non solo segue con attenzione l'ascesa e la storia delle boyband, ma analizza anche ogni suo squarcio evolutivo, tra punti di svolta e tratti caratterizzanti, che hanno permesso la diffusione delle boyband. Un mondo che dietro lo scintillio del successo, e delle luci abbaglianti dei riflettori, nascondeva anche ombre nefaste, tra contratti che tolgono e non danno, sfruttamenti personali, e diatribe create per nascondere un senso di solidarietà e rispetto che invece legava membri di band "rivali". E non è un caso che ha partecipare a questo viaggio nel tempo siano soprattutto personaggi come A.J McLean (membro dei Backstreet Boys) o Lance Bass (*NSync) che più di ogni altri hanno barattato il proprio equilibrio mentale, e la propria identità, con l'effimero sapore del successo.
Raccontare un fenomeno, dimenticandosi dei fan
Quella compiuta da Tamra Davis è dunque un'indagine che dai Beatles giunge fino ai giorni nostri, a una contemporaneità, cioè, che con l'avvento dei social ha alimentato pesantemente l'espansione di questo fenomeno, limitando di conseguenza la privacy e il senso di illusoria stabilità mentale di questi ragazzi. Dopotutto, quello delle boyband non è un fenomeno concluso e abbandonato; come un'araba fenice, ha saputo risorgere dalle proprie ceneri, rivelandosi sotto abiti nuovi e sostenuto da nuove fan. Già, le fan, un microuniverso così imprescindibili alla nascita e sviluppo del fenomeno delle boyband, ma ancora una volta del tutto ignorato. Dato lo stretto legame tra fandom e boyband, era quantomeno interessante comprendere quanto la figura del fandom si fosse evoluto nel corso degli anni, e quanto questi gruppi abbiano influenzato le scelte di vita, e il corso delle esistenze di queste delle vite di queste fedeli fan. Domande rimaste ancora una volta senza risposta.
Per quanto ben fatto, Larger than Life - L'ascesa delle boyband pecca comunque di alcuni errori a livello nozionistico e temporale (il vero successo dei Backstreet Boys in America è stato sancito dall'album Backstreet's Back, e non Millennium) e della presenza di estratti video che non combaciano cronologicamente agli eventi raccontati; per non parlare di come il fenomeno venga indagato soltanto tra i confini americani, ignorando del tutto l'ondata musicale che ha investito il panorama inglese (Blue, Take That, 5ive) e irlandese (Westlife, Boyzone); ciononostante, quello confezionato da Tamra Davis è un riassunto esaustivo e ben curato di una fenomenologia complessa come quella delle boyband. Dopotutto, Larger Than Life: l'ascesa delle boy band è un prodotto firmato MTV studios. Un canale che quei nomi li ha lanciati nel firmamento della musica, segnando e impattando per sempre la cultura contemporanea attraverso un passato personale di chi in quegli anni "era felice, e non lo sapeva".
Conclusioni
Larger than life - l'ascesa delle boyband promette tanto e offre altrettanto. Con una facilità disarmante di narrazione, riesce con semplicità a indagare a fondo la genesi e sviluppo di un fenomeno musicale senza tempo come quello delle boyband. Dopotutto, finché esisteranno fan urlanti, esisteranno delle popstar pronte a barattare la propria vita privata e la propria identità con il potere del successo. Nonostante qualche errore cronologico, e un'indagine limitata al solo panorama americano, il documentario diretto da Tamra Davis raggiunge il proprio obiettivo, forte dei contributi diretti di artisti come Lance Bass, AJ Mclean e tanti altri storici membri di altrettante storiche boyband.
Perché ci piace
- L'impiego di materiali di repertorio capaci di farci viaggiare nel tempo.
- Le testimonianze dirette di chi quel mondo l'ha vissuto sulla propria pelle.
- La semplicità di racconto con cui viene restituita la storia di un fenomeno come quello delle boyband.
Cosa non va
- La decisione di limitarsi al panorama musicale americano.
- Il poco spazio destinato alla disamina del concetto di fandom, così essenziale per un tema come quello delle boyband.
- Alcuni errori cronologici e nozionistici.