Parigina, classe 1946, Claire Denis è considerata da circa vent'anni una delle voci più originali del panorama europeo. A partire dal suo debutto del 1988, Chocolat, la Denis è diventata l'alfiera di un cinema complesso, talvolta ostico, costruito per sottrazione, rigoroso ed essenziale, e ha raccolto gli elogi della critica internazionale grazie a film come Nenette e Boni, Beau travail, L'intrus e il recente White Material.
Dal colonialismo ai rapporti sociali nella Francia contemporanea, dalla solitudine all'ossessione e alla follia, i temi al cuore dell'opera della regista hanno sempre mostrato un'altissima componente drammatica, declinata in pellicole che rifuggono però dalle strutture narrative tradizionali: quelli di Claire Denis, infatti, non sono film prettamente lineari, ma procedono in primo luogo per ellissi e astrazioni, lasciando allo spettatore il compito di riempirne i numerosi 'vuoti'.
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Frammenti di un discorso amoroso
Non fa eccezione, in questo senso, L'amore secondo Isabelle, il penultimo lavoro della Denis (la quale nel frattempo ha già ultimato il suo prossimo film, High Life, un thriller di fantascienza in inglese con Robert Pattinson); con la differenza che, questa volta, l'autrice francese torna a parlare di sentimenti e di eros senza però addentrarsi nei territori dell'ossessione, ma adottando al contrario un registro ben più 'quotidiano', che a tratti sfiora perfino la commedia. Presentato alla Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes 2017, Un beau soleil intérieur (il più evocativo titolo originale) si ispira al celebre Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes: una fenomenologia del desiderio rielaborata dalla Denis, insieme al suo storico co-sceneggiatore Jean-Pol Fargeau e alla scrittrice Christine Angot, attorno alla figura di Isabelle, affidata a una splendida Juliette Binoche.
Ed è una costruzione per l'appunto 'frammentaria' quella de L'amore secondo Isabelle, scandito da singoli episodi più o meno circoscritti, da parentesi aperte e (forse) richiuse, ma anche dalla capacità di coniugare la profondità dello sguardo sull'universo emotivo di Isabelle con una lievità di fondo davvero sorprendente, se si considera il resto del corpus di Claire Denis. Una lievità legata a doppio filo al vitalismo incrollabile del personaggio di Isabelle, alla passionalità a cui si abbandona totalmente durante i rapporti sessuali, ma anche alla grazia vagamente civettuola sfoderata mentre flirta con un giovane attore, impersonato da Nicolas Duvauchelle (uno dei volti ricorrenti nella filmografia della Denis), fra lunghe chiacchierate di stampo rohmeriano e improvvise esplosioni di fragilità o di rabbia.
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Juliette Binoche e l'insostenibile leggerezza dell'eros
La frammentarietà dell'opera, la sua struttura episodica, la natura ondivaga fra erotismo, dramma e leggerezza costituiscono al tempo stesso la ragione di fascino e il limite intrinseco (a seconda dei gusti) de L'amore secondo Isabelle: una rappresentazione ad ampio raggio della condizione umana nel momento in cui viene sottoposta alla pressione dell'innamoramento, dell'attrazione fisica, dell'eros o, al contrario, del rigetto di tali pulsioni. Una variegata gamma di stati d'animo che trovano un'espressione esemplare nell'autentico cuore pulsante del film: Juliette Binoche. Un'attrice in grado di stupirci, una volta di più, con un'interpretazione in cui l'impeccabile naturalezza di ogni gesto e di ogni sillaba si sposa con un'intensità addirittura luminosa.
Tutto il film, in fondo, vive e brilla attraverso di lei: che sostenga una conversazione lasciando trapelare l'interesse per un potenziale partner; che litighi furiosamente con un ex amante ormai sgradito; che ceda all'autocompatimento oppure si lasci andare a una danza sognante sulle note di At Last di Etta James, la Isabelle di Juliette Binoche è talmente piena di carisma che potremmo restare a guardarla per ore. Così come potrebbero durare all'infinito quei suoi primi piani, sospeso fra il sorriso e la commozione, nel dialogo conclusivo con Gérard Depardieu, che sullo scorrere dei titoli di coda la - e ci - esorta a non smettere mai di cercare il nostro "bel sole interiore".
Movieplayer.it
3.0/5