Cannes, luglio 2021, interno giorno: tre redattori di questo sito - tra cui il sottoscritto - escono dalla proiezione ufficiale di Lamb, presentato in Un Certain Regard, e cominciano a ironizzare su un eventuale seguito, con il seguente titolo proposto a mo' di battuta: Sheep Happens. Qualche mese dopo, nel corso di una chiacchierata concessaci durante il Geneva International Film Festival, riportiamo questo stralcio di conversazione e il regista Valdimar Jóhannsson si dimostra divertito, svelandoci che un sequel non è da escludere: "Ne abbiamo già parlato, ci piacerebbe approfondire l'universo delle creature, che in questo film è appena accennato. È ancora presto per parlarne, ma la mia idea sarebbe di fare una trilogia, con un regista diverso per ogni film, al fine di promuovere anche la nuova generazione di talenti islandesi."
Alieni e agnelli
Valdimar Jóhannsson viene dall'ambiente degli effetti speciali, ed è noto per la sua partecipazione a progetti hollywoodiani che girano in Islanda. Tra questi c'è Rogue One: A Star Wars Story, dove il suo lavoro non è stato ritoccato dalle riprese aggiuntive: "Dovrei rivedere il film per esserne assolutamente certo, ma che io ricordi è stato rigirato soprattutto il finale, mentre noi abbiamo lavorato alla prima sequenza, con Mads Mikkelsen e Ben Mendelsohn." Nel suo curriculum c'è anche Prometheus, che ha un legame importante con la realizzazione di Lamb. "Stavo già pensando al progetto, e avevo letto che Noomi Rapace, che è cresciuta in Islanda e parla la lingua, voleva girare qualcosa in islandese", spiega il cineasta. "Così, quando è venuta in loco per il film di Ridley Scott, ho chiesto a un amico che lavorava a stretto contatto con il cast di recapitarle il DVD del mio primo cortometraggio. Credo che non l'abbia mai visto." Un processo duraturo, quindi? "Sì, aspetta che ti faccio vedere", e sul telefono mostra varie immagini tratte dagli storyboard. "Questo mi ha accompagnato per una decina d'anni."
Lamb, la recensione: madre, padre, pecora
Passando al film finito, si dice spesso che non bisognerebbe lavorare con bambini e animali. Com'è stato per la realizzazione di Ada? "La parte più complicata dell'intero progetto", ammette Jóhannsson. "Quello che vedi sullo schermo è un miscuglio di pupazzi animatronici, veri bambini e veri agnelli. Sono molto contento del risultato finale, ma è stato davvero impegnativo." Ada proviene dal folclore locale? "No, le creature del film, che io sappia, non esistono nelle nostre leggende, le abbiamo inventate noi." Com'è stata l'esperienza a Cannes, e come spera che reagisca il pubblico in sala? "A Cannes è stato bellissimo, perché le persone presenti alla prima non sapevano nulla del film, e vorrei che fosse così per tutti gli spettatori: informatevi il meno possibile prima di andare al cinema. Solo una cosa: non aspettatevi un horror nel senso classico del termine. Mi sento in dovere di fare quella precisazione perché in America il film è distribuito da A24, e quindi la gente lo associa a titoli come Midsommar - Il villaggio dei dannati e The Witch. Bellissimi, ma non voglio creare false aspettative" Infine, parlando dell'immagine dell'Islanda a livello internazionale: cosa pensa di Eurovision Song Contest: la storia dei Fire Saga, uno dei fenomeni streaming del 2020? "Mi piace moltissimo quel film. Non ho idea di che accento stesse facendo Pierce Brosnan, di sicuro non era islandese, ma lui è un grande attore e può fare come vuole."