Sarà definitivamente in sala dal 23 febbraio in oltre 400 copie, ma Laggiù qualcuno mi ama avrà anche una corposa anteprima il 19 in 200 cinema in tutta Italia, nel giorno del 70° anniversario dalla nascita di Massimo Troisi, il celebre comico, attore e regista napoletano che viene esplorato con intelligenza e profondità in questo nuovo lavoro di Mario Martone. Abbiamo avuto modo di incontrare il regista in quel di Berlino, dove il film è stato presentato nella sezione Berlinale Special, per farci raccontare la sua visione dell'artista partenopeo e le scelte fatte per la costruzione del film.
La video intervista a Mario Martone
La modernità di Massimo Troisi
Ci siamo emozionati molto nel corso della visione di Laggiù qualcuno mi ama, ma ci siamo anche chiesti quanto le nostre sensazioni siano falsate dall'esperienza personale, quanto la percezione di Massimo Troisi possa essere diversa dalla generazione di chi scrive a quella dei giovani che lo stanno scoprendo oggi. "Massimo Troisi era così avanti" ci ha detto Mario Martone, "da riuscire a parlare benissimo anche al mondo di oggi. Molte delle cose che lui esprimeva di fatto sono intorno a noi, a cominciare a quella fragilità che raccontava col suo personaggio in maniera rivoluzionaria. Non c'era allora l'idea di mettere sullo schermo una persona così fragile nei confronti delle donne, della vita, di se stesso." Aspetti che sono sempre più evidenti oggi, in una società che sta cambiando e vive di una crisi che avvolge tutto. "Questo vivere in equilibrio delicato è qualcosa che i ragazzi del nostro tempo conoscono bene e vi si possono identificare."
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Rispettare il proprio pubblico
Quel che colpisce di Laggiù qualcuno mi ama non è solo la compiutezza del racconto di Troisi come figura e artista, ma anche la capacità di partire da lui per parlare di cinema e non solo del suo cinema, tra confronti con la Nouvelle Vague e costruzione della messa in scena e della comicità. Un modo moderno di approcciare il documentario, come già fatto da Giuseppe Tornatore in Ennio, dove il regista non ha rinunciato a parlare di musica. "Credo che sia un modo di rispettare e voler bene agli spettatori" ha detto Martone, "non pensare che siano inferiori e che si debba abbassare il proprio lavoro per raggiungere più spettatori. Ci vuole l'onestà di fare quello che si intende fare e sperare di incontrare gli spettatori."
L'emozione dei pensieri di Massimo Troisi
Un elemento prezioso del documentario riguarda la possibilità di attingere a scritti di Massimo Troisi, dall'agenda dei tempi della prima operazione al cuore in America ai "foglietti" su cui buttava giù idee e appunti, custoditi gelosamente da Anna Pavignano, sua co-sceneggiatrice, il cui coinvolgimento nel progetto è fondamentale per l'idea di Troisi e del suo lavoro che Martone intende trasmettere. "Un'emozione incredibile" ci ha detto il regista ricordando la prima volta in cui ha avuto modo di spulciare quei documenti inediti, "è come vedere un pensiero che passa alla scrittura ed è immediato e in mezzo ci sono delle perle pazzesche come le poesie che si sentono nel film."
Ma dove sarebbe arrivato Massimo Troisi se non ci avesse lasciato così presto? "Penso che avrebbe alternato film con altri registi, perché aveva questo desiderio ed era una delle cose che mi piaceva molto di Massimo... magari uno anche con me, visto che ne parlavamo! Ma avrebbe continuato a fare i suoi." Su una cosa però Martone ammonisce e a ragion veduta: "Non bisogna avere rimpianti. Il dolore che non ci sia più è inevitabile, ma ha avuto la possibilità di fare il suo cinema, che dobbiamo considerare come qualcosa che si è espresso e che ce lo rende vivo ancora oggi."