"Guarda il lampo che è laggiù, attraversa il cielo blu": leggendo questa frase avete avuto un brivido, di quelli piacevoli, lungo la schiena e avete canticchiato mentalmente, o a voce alta se siete pieni di entusiasmo, il "parapààà" degli squilli delle trombe che seguono queste parole. Tranquilli, va tutto bene, semplicemente avete fatto un salto temporale di almeno 20 anni, se siete più maturi anche di 30 (e in questo caso la sigla che ricordate è un po' diversa), e, come Proust assaporando la nota madeleine, siete tornati a quando eravate bambini e guardavate i cartoni animati di Bim Bum Bam. La canzone in questione è, chi non ci era arrivato ha decisamente avuto un'infanzia non diciamo triste ma sicuramente incompleta, la sigla di Lady Oscar, anime diretto nel 1979 da Osamu Dezaki e Tadao Nagahama, animato dalla Shingo Araki Production e ispirato al fumetto di Ryoko Ikeda "Versailles no bara", ovvero La Rosa di Versailles, racconto romanzato per immagini del regno di re Luigi XVI e sua moglie Maria Antonietta all'alba della Rivoluzione Francese.
Al centro della storia c'è lei: Oscar François de Jarjayes, figlia di nobili nata in una casa in cui il capofamiglia aspirava ad avere un erede maschio cui far compiere un'illustre carriera militare alla corte di Francia e che invece si ritrova con una bambina. Il resto è storia: cresciuta fin da neonata come un bambino, e chiamata appunto con un nome da uomo, Oscar unisce in sé le migliori qualità maschili e femminili, riuscendo egregiamente a inserirsi in un ambiente per soli uomini, fino a quando l'amore non le fa riscoprire la sua vera identità sessuale. Alta, bionda, occhi blu, figura atletica, portamento nobile, destrezza nella spada, coraggio e passionalità celata sotto un ferreo controllo: Oscar è, a prima vista, un personaggio magnifico, un'icona, capostipite di una serie di figure memorabili, come la Ripley di Alien o, ancora di più, la Sposa di Uma Thurman in Kill Bill: Volume 1 di Quentin Tarantino, donne che riescono a farsi apprezzare per coraggio e abilità, e che non possono essere etichettate semplicemente con l'appellativo di "maschiaccio".
Il percorso emotivo di Oscar, che comprende sia il cambiamento fisico sia, soprattutto, quello emotivo e di ricerca della propria identità sessuale, è uno dei più affascinanti mai visti in una serie a fumetti prima e animata poi: la spada di Lady Oscar ha trafitto i cuori di molti e la prova è che, lo scorso 14 luglio, data in cui ricorre la presa della Bastiglia, inizio della Rivoluzione Francese e, nell'opera di Ryoko Ikeda, morte della sua protagonista, i social si sono riempiti di messaggi e tweet in onore della bionda spadaccina, contrassegnati dall'hashtag #RIPLadyOscar, praticamente surclassando in numero ed entusiasmo quelli per l'importante ricorrenza storica. Un affetto incondizionato che ha le sue radici nel subconscio collettivo di tutti quelli che da bambini hanno sofferto e si sono emozionati insieme a Oscar: in occasione del 35esimo anniversario dalla prima messa in onda dell'anime in Italia, scopriamo i motivi principali per cui questo personaggio si è meritato affetto imperituro.
1. Le sigle
Incredibile ma vero, in Giappone l'anime di Lady Oscar non fu un successo: in alcuni distretti fu persino interrotto al 24esimo episodio e addirittura il 41esimo, una doppia puntata speciale, non fu mai trasmesso fuori dalla madrepatria, per volontà della stessa Ryoko Ikeda, amareggiata dalla sfortuna della versione animata. In Italia invece, fin dalla sua prima messa in onda su Italia1, nel 1982, il successo è stato incredibile, tanto che la penisola italica detiene il record del maggior numero di repliche mandate in onda a livello europeo. Una buona parte del successo di Lady Oscar in Italia è da attribuire alle sue sigle: la prima, composta e cantata da I Cavalieri del Re, fu un vero e proprio caso, tanto da entrare nella hit parade di quell'anno e da convincere il gruppo a comporre un intero cd, dal titolo "La storia di Lady Oscar", dedicato all'anime. Le immagini della prima sigla erano crude: Oscar nuda era trafitta da spine giganti, che simboleggiano il suo dramma interiore. La seconda sigla invece, scritta da Alessandra Valeri Manera negli anni '90, è stata resa celebre da Cristina D'Avena, che ancora oggi la esegue come uno dei suoi cavalli di battaglia.
2. Oscar
Come già detto, il fascino di un personaggio come Oscar è intuibile fin dalla sua prima entrata in scena: inoltre - allora non potevamo saperlo visto che giocavamo ancora con i Lego, in più la versione italiana, censuratissima, ha sempre cercato di nasconderlo - gran parte dell'attrazione è data proprio dalla forte ambiguità sessuale del personaggio. La moda ancora non aveva imposto modelli androgini, ma, a fine anni '70, Lady Oscar precorreva già i tempi: la bellezza ambigua della protagonista e la sua sofferta scoperta della sessualità - passata attraverso il desiderio di altre donne per lei, poi attraverso l'amore di Oscar per il Conte di Fersen, che la considera soltanto come un carissimo "amico", e poi quella, purtroppo tardiva, per l'amico di sempre André - hanno ipnotizzato, più o meno consapevolmente, milioni di spettatori.
3. André
E veniamo all'altro personaggio fondamentale di Lady Oscar, colpevole di aver creato aspettative assurde sugli uomini per almeno un paio di generazioni: Andrè Grandier, amico fraterno di Oscar, cresciuto con lei nella casa dei de Jarjayes in qualità di figlio di uno dei servitori, è la quintessenza dell'uomo. Intelligente, generoso, di buon cuore, coraggioso, prestante e dal viso bello ma non leccato come quel pomposo di Fersen, disposto anche a perdere un occhio per la donna che ama: praticamente l'uomo perfetto, quindi ovviamente snobbato in maniera indegna da Oscar. Uno dei pochi a conoscere fin da subito la vera identità della protagonista, amandola lo stesso nonostante il suo comportamento mascolino, Andrè è l'amante disperato per eccellenza, follemente legato a una persona che in realtà lo considera un fratello, almeno fino a quando non si rende conto di averlo amato inconsciamente per tutta la vita: e ovviamente quel giorno arriva il 13 luglio 1789.
4. Uno stile adulto
Non solo turbamenti sessuali e amori impossibili: Lady Oscar è pur sempre ambientato all'alba della Rivoluzione Francese, quindi mette in scena anche violenze di tutti i tipi, a cominciare dal netto contrasto tra la ricchezza della reggia di Versailles e la povertà del popolo, costretto a morire di fame e punito severamente. Agghiacciante ancora oggi l'uccisione di un bambino che chiede l'elemosina per mano di un nobile che gli spara a sangue freddo. Poi ancora intrighi, scambi di persona, prostitute che architettano tranelli: argomenti adulti che aumentano il fascino dell'opera, nonostante i bambini non possano capire tutto al cento per cento, anche perché la censura ha aumentato la confusione ridoppiando molti dei dialoghi più scabrosi e tagliando diverse nudità (tutto causato dal fatto che i cartoni in Italia sono considerati adatti solo per un pubblico più giovane, diversamente che in Giappone). Ma il bambino ucciso con un proiettile nella schiena no, quello è rimasto: per traumatizzare intere generazioni di giovani menti innocenti.
5. La grande storia vista attraverso colori pastello
Altro elemento che cattura è il periodo storico particolarmente affascinante: Ryoko Ikeda rimase affascinata dalla biografia di Maria Antonietta dello scrittore austriaco Stefan Zweig e decise di raccontare una sua versione della storia. La bellezza della reggia di Versailles, la moda dell'epoca, i meravigliosi dolci francesi, i colori pastello, le sete, le opere d'arte, i giardini perfettamente ordinati e curati della nobiltà, in contrasto con il montare della rabbia del popolo, lasciato ignorante e affamato, un contrasto netto che crea elettricità. Tutto è raccontato attraverso i colori e i disegni dell'anime, che si fanno ora più splendenti e ora più duri a seconda degli ambienti e delle classe sociali. La figura di Maria Antonietta poi, così distante dal mondo reale, consegnata alla storia come una persona accecata dal lusso, protagonista solamente di intrighi di palazzo e nobili gelosie e mai di politica, ha affascinato molti, per ultima la regista Sofia Coppola, che l'ha ritratta nel film Marie Antoinette, con protagonista Kirsten Dunst.