La verità secondo Maureen K., la recensione: la sindacalista di ferro di Isabelle Huppert

La recensione de La verità secondo Maureen K.: Isabelle Huppert è la dura e ambigua protagonista del thriller di Jean-Paul Salomé, tratto da una clamorosa storia vera.

La verità secondo Maureen K., la recensione: la sindacalista di ferro di Isabelle Huppert

Una donna viene attaccata all'interno della propria casa da un aggressore misterioso, che la immobilizza e attua della violenza su di lei. L'antefatto del film di Jean-Paul Salomé, di cui accingiamo a trattare nella nostra recensione de La verità secondo Maureen K., non può non riportare alla mente il folgorante incipit di Elle di Paul Verhoeven, pure in virtù della medesima protagonista: in entrambi i casi, infatti, il bersaglio di questi abusi ha il volto di Isabelle Huppert, un'attrice i cui personaggi, tuttavia, non si lasciano relegare facilmente nella condizione di 'vittima'. È un'etichetta rigettata dalla Michèle Leblanc di Elle e che Maureen Kearney rifiuta di far diventare un bavaglio: se la violenza costituisce una forma di intimidazione, Maureen non sembra intenzionata a deporre le armi né ad abbandonare il campo di battaglia.

La vera storia di Maureen Kearney

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La verità secondo Maureen K.: Isabelle Huppert e Marina Foïs in un'immagine

Se la Michèle di Elle era il frutto dell'immaginazione dello scrittore Philippe Djian, Maureen Kearney è una figura che appartiene invece alla recente cronaca politica e giudiziaria francese. Irlandese di nascita, la Kearney vive da quasi quarant'anni in Francia, dove si è distinta come capofila del comitato sindacale della CFDT per i dipendenti della multinazionale Areva (oggi nota come Orano), un gruppo finanziario di primissimo piano nella produzione dell'energia nucleare. E subito dopo la scena d'apertura, una lunga analessi ci illustra l'importanza del lavoro svolto da Maureen e la sua ferrea determinazione nel tenere testa a Luc Oursel (uno spigoloso e sgradevole Yvan Attal), nuovo presidente del consiglio d'amministrazione di Areva, scelto per rimpiazzare la ben più 'ingombrante' Anne Lauvergeon (Marina Foïs), che con Maureen aveva invece un rapporto di collaborazione e di stima.

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La verità secondo Maureen K.: Isabelle Huppert e Yvan Attal in una scena

Nella prima parte, il film di Jean-Paul Salomé si muove dunque nel solco di una classica opera di denuncia: dai confronti sempre più accesi fra Kearney e Oursel (con quest'ultimo che, con una caratterizzazione a tratti quasi estrema, arriva a scagliarle contro una sedia) alle rivelazioni in stile Watergate con cui Maureen entra in possesso di documenti sulle trattative segrete fra Areva e i colossi dell'economia cinese, intenzionati a estendere il proprio giro d'affari sull'industria nucleare francese. Mentre lo scandalo inizia ad affiorare in superficie e a raggiungere le alte sfere della politica nazionale (siamo all'indomani dell'elezione di François Hollande all'Eliseo), e la poltrona di Oursel si fa sempre più traballante, si arriva alla fatidica mattina del 17 dicembre 2012, quando le minacce anonime all'indirizzo di Maureen di colpo si tramutano in realtà.

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Jean-Paul Salomé fra docu-drama e thriller

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La verità secondo Maureen K.: un primo piano di Isabelle Huppert

O forse no? È il dubbio instillato a tratti da La verità secondo Maureen K., con l'aggressione ai danni della protagonista a segnare una netta cesura fra le due metà del racconto. Perché se la dimensione del docu-drama viene gestita dal regista e sceneggiatore Jean-Paul Salomé (co-autore del copione insieme a Fadette Drouard) con convenzionale diligenza, ben più affascinanti appaiono quei risvolti da thriller di paranoia che, passo dopo passo, cominciano a scandire l'esistenza di Maureen. Tacchi alti, una composta eleganza ma con una pennellata di eccentrica vivacità (i foulard variopinti, la vistosa montatura degli occhiali), la capigliatura biondo platino raccolta in uno chignon da femme fatale hitchockiana: fin dall'aspetto, la sindacalista di Isabelle Huppert ci appare un personaggio sospeso fra la realtà cronachistica e l'immaginario cinematografico.

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La verità secondo Maureen K.: Grégory Gadebois e Isabelle Huppert

Una dicotomia che si riflette nell'ambiguità della vicenda: Maureen è una 'martire' della propria crociata o un'abilissima manipolatrice? Messa di fronte al serafico scetticismo dell'ispettore Brémont (Pierre Deladonchamps), la donna subisce infatti l'accusa di aver costruito ad arte la violenza su di lei; e la reazione di Maureen è un amalgama di fredda imperturbabilità e angoscia nevrotica, stati d'animo talvolta conflittuali che Isabelle Huppert sa incarnare con la consueta, geometrica precisione. Al suo fianco, il consorte Gilles (Grégory Gadebois) funge da 'spalla' discreta e fedele all'indomita moglie, contribuendo alla costruzione del suo rifugio di quiete domestica: uno spazio confortevole - il vagheggiato idillio di una casa sul lago - reso un baluardo da contrapporre all'agone lavorativo e all'oscurità morale dei "corridoi del potere".

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Conclusioni

Alla sua seconda collaborazione con Isabelle Huppert dopo la commedia poliziesca La Padrina, Jean-Paul Salomé vira decisamente verso i territori del dramma con un’opera che, se da una parte segue i binari tutto sommato canonici del film di denuncia, dall’altra gioca abilmente con la natura contraddittoria e sfuggente della sua eroina. La syndicaliste, in sostanza, rientra nella tradizione dei thriller a sfondo socio-politico alla Costa-Gavras, trovando un solido asse portante nel magnetismo di una Huppert che, manco a dirlo, si cala alla perfezione nel proprio ruolo.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Una narrazione ben controllata, caratterizzata da una progressiva crescita della tensione.
  • L’efficace gestione delle diverse componenti del racconto, in particolare laddove la vicenda di Maureen scivola nell’ambiguità e nella paranoia.
  • L’impeccabile interpretazione di Isabelle Huppert: in apparenza fredda e granitica, ma capace di far trapelare fragilità e paranoie della sua protagonista.

Cosa non va

  • Il ricorso ad alcune convenzioni del genere di riferimento, con una prima parte più ‘ordinaria’ nella sua natura di docu-drama.