Yael è uno storico israeliano di fama internazionale, impegnato da anni in un contenzioso con il governo austriaco: la necessità di provare un orribile eccidio avvenuto alla fine della seconda guerra mondiale si scontra con la decisione di edificare nell'area dove si sono svolti già una ventina di scavi per tentare di ritrovare la fossa comune in cui riposano i resti di duecento vittime ebree.
Scrupoloso e inflessibile nel suo lavoro quanto è integerrimo nella sua fede religiosa (sta anche aiutando il figlio Yonatan nello studio della Torah in vista del suo bar mitzvah), durante le sue indagini, che lo portano a esaminare datate testimonianza video di testimoni e sopravvissuti la maggior parte dei quali non sono nemmeno più in vita, s'imbatte in una scoperta che lo riguarda personalmente e che rischia di costringerlo a mettere in discussione un'intera esistenza e pressoché tutte le sue certezze.
Verità e identità
Debutto alla regia per Amichai Greenberg, presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, La testimonianza è ispirato a un fatto realmente accaduto: una strage di lavoranti ebrei trucidati non dai nazisti ma dalla popolazione di un paese austriaco, e in seguito insabbiata dalle autorità. Conquistato dalla tenacia e dalla competenza degli storici ebrei, Greenberg crea il personaggio di Yael e lo mette di fronte, oltre alla sfida per la verità contro il negazionismo, anche un delicatissimo dilemma etico e personale.
Ori Pfeffer, protagonista anche di una sorprendente trasformazione fisica nella seconda parte del film, è autore di una prova molto convincente e ricca di sfumature nei panni di un uomo costretto ad affrontare una vera e propria rivoluzione identitaria, che lo sconvolge emotivamente e professionalmente, scardinando anche la fiducia nella sua missione di storico. Questa dimensione umana e di coscienza fondamentale nell'economia del film ci porta ad esplorare, sebbene in maniera superficiale, i rituali e i misteri della religione ebraica: un mondo complesso, austero e antichissimo che non potrà che incuriosire lo spettatore curioso e affascinato da un popolo che ha ancora paura, e nonostante ciò accetta la responsabilità di ricordare a tutti che ciò che è accaduto una volta può succedere ancora.
La memoria insondabile
Pur nell'essenzialità della sua messa in scena e nella semplicità un po' ingenua e rigida della scrittura (ma ci sono piccoli dettagli di grande efficacia, dal rapporto di Yael con il suo collaboratore più giovane inesperto al contributo sottilmente commovente di Rivka Gur), La testimonianza è un film di pregevole fattura che costruisce in maniera lenta e inesorabile una buona tensione narrativa, coinvolgendoci nelle vicende personali e professionali di Yael fino a condurci ad una conclusione profondamente emozionante.
Al cuore dell'opera un tema che è fondamentale discutere oggi, a diciassette anni dall'istituzione, in Italia, della Giornata della memoria: la difficoltà sempre crescente di provare in modo inconfutabile l'orrore che è stato e di denunciare le responsabilità negate. I testimoni se ne sono andati, gli archivi sono protetti dai paradossi della burocrazia, e poi c'è la forza metaforica di quel grande terreno ai margini del villaggio di Lendsdorf con la sua lunga storia di scavi infruttuosi, di ricerche esasperanti. Da qualche parte riposa la verità, ma trovarla e costringere il mondo ad accettarla è un'impresa sempre più difficile e sempre più necessaria.
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Movieplayer.it
3.0/5