La tavola di Natale, la recensione: cucina e amore per un basico film tv

La recensione di La tavola di Natale: un prodotto più che un film, generato da quel contenitore via cavo famoso negli USA, il Great America Family che, sorprendentemente, attecchisce anche in Italia grazie alla distribuzione Netflix.

La tavola di Natale, la recensione: cucina e amore per un basico film tv

Il film (vabbè, film tv) è abbastanza dimenticabile (per non dire usa-e-getta), ma ha il merito (o il demerito) di averci fatto scoprire l'esistenza di una cable tv degli States, ossia la Great American Family. Non dissimile da Hallmark, ma ben più radicata nei temi tradizionali e nella rappresentazione standardizzata di certi argomenti. Ecco, il film in questione, distribuito da Netflix, fa parte del pacchetto natalizio della Great America Family. Potremmo quasi dire che Netflix, soprattutto a Natale, ci porta la tv via cavo americana, che tanto ci faceva sognare negli Anni Novanta, puntando a rimpinzare la top 10.

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Rosemary Dunsmore, la protagonista

Del pacchetto Christams, fa parte questo La tavola di Natale di T.W. Peacocke, che ha all'attivo diverse produzioni della GAC Family; produzioni che puntano a film televisivi sovreccitati dai buoni sentimenti, rivolti ad un pubblico di bianchi, dove la rappresentazione non svaria mai, e mai vengono affrontati argomenti liberali, né vengono affrontati temi contemporanei, temi queer, LGBT+ o legati all'identità di genere. Questa è la premessa, poi c'è il giudizio narrativo che pende nella recensione, con una domanda: lì fuori è pieno di film di Natale, perché ingolfare i cataloghi streaming con operazioni tanto statiche, basiche, irricevibili, che trascendono addirittura dal senso meramente commerciale del cinema?

La tavola di Natale, la trama: rom-com culinaria

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La tavola di Natale: un'immagine del film

Del resto, giudicare film come La tavola di Natale diventa una sfida nella sfida, dalle premesse stimolanti. Da qualche parte, dunque, bisogna iniziare. Per esempio, la sceneggiatura di Cara J. Russell, sulla carta, è anche interessante. Un po' perché il Natale si abbina con tutto, un po' perché il tema culinario, in tv o al cinema, funziona sempre. Protagonista è Molly Frost (Merritt Patterson), cuoca e ristoratrice che prova a far funzionare la sua attività. Avrebbe bisogno di un mano, anche perché gli affari non vanno bene.

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Rosemary Dunsmore e Daniel Lissing

Destino vuole, verrà contattata da Jean Harrison (Rosemary Dunsmore), presidente della Harrison Foundation, per organizzare l'annuale cena di gala natalizia, in programma il 23 dicembre (pare sia una tradizione nel New Hampshire). Tuttavia, se di rom-com si tratta, Molly finisce per innamorarsi di Carson (Daniel Lissing), nipote di Jean. Il ragazzo fa il fotografo, è un'anticonformista (ok, non esageriamo) e non ha nessuna intenzione di ereditare la fondazione di famiglia. Va da sé, che il loro amore creerà scompiglio nella preparazione dell'atteso banchetto "dall'atmosfera veramente magica".

Una visione basica, e dimenticabile

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Daniel Lissing in La tavola di Natale

Dietro la sceneggiatura, c'è però tutto il resto: se il giudizio deve essere critico, provando ad accompagnare le scelte di visione del pubblico, allora La tavola di Natale è un'opera da scartare. Non c'è profondità, non c'è arguzia o freschezza, non c'è una cognizione generale, risultando incredibilmente freddo nei sentimenti e nelle telefonate svolte. Poi però guardiamo la prospettiva da un altro lato: i prodotti (perché di prodotto si tratta) della Great America Family non sono pensati per essere altro se non un semplicistico e annoiato intrattenimento del sabato pomeriggio. Non cercano chissà cosa, e vanno diretti per la loro strada, in qualche modo onesta nella sua (che piaccia o no) identità produttiva legata ad un marchio fortemente tradizionalista - qui c'è il tema dell'autorealizzazione, della famiglia, dei sogni, della comunità.

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La tavola di Natale: una sequenza del film

La questione diventa interessante se film tv del genere, rivolti e pensati per un determiato pubblico americano, attecchiscono anche in altri territori, come l'Italia. Cosa spinge a far sì che vengano visti? Come possono riuscire ad imporsi nei variegati cataloghi streaming, che offrono visioni nettamente migliori, pur a buon mercato? Forse, una voglia di leggerezza, forse una ricerca della banalità, lontana dalle preoccupazioni quotidiane, da rintracciare magari in prodotti da vedere distrattamente, che facciano in qualche modo passare tempo. Un ultimo e doveroso appunto, il doppiaggio: comprendiamo la velocità di lavoro richiesta oggi, ma almeno mantenere il sincrono tra le labbra degli attori e le voci italiane...

Conclusioni

Difficile addentrarsi meglio nel film, ma come spiegato nella recensione di La tavola di Natale, oltre il senso critico e il valore basico di un'operazione tv legata al marchio Great American Family, lo spunto suscita una riflessione sul perché, operazioni del genere, riescano ad attecchire anche su un pubblico non di riferimento. Forse, l'audience generale cerca, oggi più che mai, una forte distrazione ai problemi quotidiani, puntando su visioni frivole e disinteressate.

Movieplayer.it
1.5/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • L'idea iniziale, legata al natale.
  • Rosemary Dunsmore, ce la mette tutta.

Cosa non va

  • La tecnica.
  • L'impianto generale.
  • I presupposti.
  • Il doppiaggio italiano...