Un ragazzo e una ragazza, un racconto d'estate, una campagna calda e assolata e un incontro che sembra portato dal destino. Sembra un film semplice quello che vi raccontiamo nella recensione de La tana, opera prima di Beatrice Baldacci, in uscita al cinema il 28 aprile. Ma è qualcosa di molto complesso, che, da subito, ci tiene in sospeso e in continua tensione. E finisce per portarci da un'altra parte. La tana è stato realizzato nell'ambito di Biennale College Cinema, il programma a supporto dei giovani autori nello sviluppo e realizzazione di lungometraggi a micro budget e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2021. È stato presentato alla Festa di Roma, nella sezione Alice nella Città, e ora arriva finalmente in sala. Dove ha senso vedere un tipo di film come questo, un film d'autore. La tana è un film ipnotico, avvolgente, insinuante. È un film particolarissimo, che non sembra girato in Italia, e non sembra soprattutto girato oggi. Fuori dalle mode, dalle tendenze, è doloroso e coinvolgente.
Giulio e Lia: storia di un incontro
Per gran parte del film, La tana verte attorno all'incontro tra due ragazzi. Giulio (Lorenzo Aloi) vive nella sua casa di campagna con i genitori. Un giorno di accorge che nel casale accanto, dove da anni non veniva nessuno, c'è qualcuno. Andando a vedere scopre che in quei giorni d'estate c'è una ragazza, una sua coetanea. Si chiama Lia (Irene Vetere). Lui la avvisa che bruciando delle potature, potrebbe causare un po' di fumo, Lei chiude di scatto le imposte del suo casale. Il giorno dopo, mentre Giulio sta facendo il bagno nel lago, Lia arriva all'improvviso. Nuda, o quasi, fa il bagno con lui. È scostante e sfrontata allo stesso tempo. lo sfida a baciarla nelle parti intime. E il giorno dopo gli dà appuntamento sotto una quercia, ma non si presenta.
Un'immagine quasi rétro
Colpisce sin dalle prime sequenze, La tana, per l'immagine che ci pone davanti. È un'immagine quasi rétro, con quello schermo in 4:3, quadrato, che al cinema si vede ormai di rado, e ci riporta a visioni del passato. E che, in qualche modo, è sintomo di coraggio, di personalità, di non seguire le mode. E colpisce anche per quella fotografia naturalista, che ci inonda di verde e ci immerge nel verde, in una campagna d'estate, e ci fa venire in mente un certo cinema francese di tanti anni fa, o anche certi lavori di Ermanno Olmi. L'immagine è sempre nitida, pulita, se non in qualche immagine notturna, dove e più sgranata.
Stato nascente e...
La tana è un film che non ti aspetti, e che è bene non svelare completamente. Il cento sembra essere il racconto un'attrazione, di uno stato nascente, di un avvicinamento tra due coetanei, un gioco in cui il ragazzo sembra la parte più fragile, meno pronta, più indifesa. Pian piano il film si sposta e diventa qualcos'altro, indaga il rapporto tra uno stato nascente e un altro stato, come se mettesse accanto due delle tre figure delle Tre età di Klimt, in un contrasto non facile. Ma non vogliamo dirvi altro.
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Un'atmosfera sospesa, di continua attesa
Perché La tana vive anche come una storia di mistero. Giulio, in fondo, all'inizio non sa niente di Lia. Chi è, perché è lì, perché è da sola. Ma è da sola? La tana vive di un'atmosfera sospesa, di continua attesa. È un film a suo modo ipnotico, avvolgente, insinuante. È un film particolarissimo, che non sembra girato in Italia, e non sembra soprattutto girato oggi. Fuori dalle mode, dalle tendenze, dai target e dai format che pretendono di incasellare un prodotto prima ancora di vederlo nascere, La tana è un film indipendente, ma nel senso più intimo e meno tecnico del termine.
Irene Vetere e Lorenzo Aloi, protagonisti perfetti
Molto della riuscita del film si deve ai due attori protagonisti. Lia ha un volto interessantissimo, quello di Irene Vetere, che Paolo Virzì aveva scoperto in Notti magiche, e che avevamo visto anche in Arrivano i prof e Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma. Irene Vetere ha un volto prefetto, pulito, che sembra disegnato, armonico e geometrico, a tratti severo, che le lentiggini rendono molto particolare. Gli occhi blu, piccoli e taglienti, qui sono velati di inquietudine, di mistero, di un sottile male di vivere. L'attrice qui recita con tutto il corpo, in un ruolo coraggioso e molto duro da affrontare. Giulio è Lorenzo Aloi, ed è un volto e un carattere perfettamente complementare all'inquietudine di Irene Vetere, ha un cespuglio di capelli ricci, un volto simpatico e rassicurane, una voce calma, tenue. I due sono in continuo contrasto e, come detto, si completano, si attraggono.
Quel modo strano di giocare
Lia ha un modo strano di giocare, coinvolge Giulio in una serie di sfide strane. a volte pericolose. A volte sembra flirtare con un'idea di morte, e anche questo, in fondo, ha un senso. Lia è attraente e respingente, è impaziente, è brusca. Giulio è l'opposto. Si fa trascinare da lei, ma sembra sempre non stare al passo. Almeno all'inizio. Il senso di quel formato in 4:3 è forse nella necessità di una chiusura, di stringere sui due protagonisti, sui due corpi, sui due volti che, quando sono vicini, uno di fronte all'altro, con la macchina da presa addosso alla loro pelle, fanno scaturire una grande energia.
Beatrice Baldacci dirige con una mano sicura
L'esordiente Beatrice Baldacci dirige la sua opera prima con una mano perfettamente sicura, è padrona dell'inquadratura, della luce, del cast. E anche della storia, è questo non è facile, visto i temi estremamente scivolosi che tratta. Guardate la macchina da presa su Lia e lo zoom all'indietro con cui chiude il film, perché è anche da queste cose che si vede la sicurezza di un'autrice. Ha in sé il senso dell'incontro di Rohmer, il contatto con la natura di Malick, ma sono solo piccole suggestioni, e si allontana dalla serenità di quegli autori per far vibrare il film di un continuo senso di inquietudine.
Conclusioni
Nella recensione de La tana vi abbiamo parlato di un film ipnotico, avvolgente, insinuante. È un film particolarissimo, che non sembra girato in Italia, e non sembra soprattutto girato oggi. Fuori dalle mode, dalle tendenze, è doloroso e coinvolgente.
Perché ci piace
- Beatrice Baldacci, al suo esordio alla regia, dirige con personalità e mano sicura.
- Il centro del film sono due attori in parte e in sintonia, Irene Vetere e Lorenzo Aloi.
- La tensione è costante per tutto il film, che esplora territori inaspettati e dolorosi.
Cosa non va
- Si tratta di un film che vive di un ritmo assorto e ipnotico, non adatto a ogni tipo di pubblico.